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Home » News

Cosa pensano 4 comuni cittadini italiani del referendum sulle trivelle

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TPI ha chiesto a 4 cittadini di esprimersi sul referendum del 17 aprile. Ecco le ragioni di un astenuto, un indeciso, un favorevole e un contrario

Abbiamo chiesto a 4 cittadini italiani, di esprimersi sul referendum del 17 aprile sulle trivelle e di motivare la loro scelta. L’opinione di un astenuto, di un indeciso, di un favorevole e di un contrario. 

ASTENUTO: Marcello Ienca, Svizzera – Non sono più residente in Italia già da 7 anni, nonostante ciò cerco di partecipare in modo attivo al dibattito pubblico e alla vita politica del Paese. In quanto italiano all’estero avrei la possibilità di votare per corrispondenza. Tuttavia ho deciso di astenermi per i motivi che provo a riassumere qui.

Ragioni economiche e occupazionali: in caso di vittoria del SÌ, gli impianti in questione verrebbero dismessi prima del tempo con conseguenti costi enormi per le spese di ammortamento. Inoltre, si stima che circa settemila lavoratori impiegati nel settore perderebbero il posto di lavoro, un dato non insignificante in un paese con un tasso di disoccupazione del 11,7 per cento e con la disoccupazione giovanile al 37,9 per cento.

Ragioni ambientali: Il referendum riguarda primariamente non il petrolio ma i gas naturali, soprattutto il metano. Infatti, la gran parte delle piattaforme entro le 12 miglia estraggono gas naturali. Il petrolio in Italia viene principalmente estratto on shore, cioè su terra.

Questo ha due grandi implicazioni: (I) Il metano è una fonte energetica insostituibile, da cui dipende il 54 per cento dell’offerta energetica mondiale. In Italia, si stima che la vittoria del SÌ possa causare una perdita tra il 30 ed il 40 per cento dell’offerta energetica nazionale. (II) Il metano è una fonte di gran lunga meno dannosa del petrolio dal punto di vista ambientale. Inoltre, la chiusura anticipata delle piattaforme favorirebbe l’importazione, dunque il trasporto su nave ed è dimostrato che gli incidenti da cui scaturiscono disastri ambientali sono più molto frequenti durante il trasporto su nave che sulle piattaforme (dove sono invece estremamente rari). Dunque la vittoria del SÌ, anziché ridurre il rischio ambientale, lo amplificherebbe.

Ragioni economico-politiche: Una vittoria del SÌ ridurrebbe del 30-40 per cento l’indipendenza energetica italiana, aumentando conseguentemente la dipendenza da paesi esportatori quali la Russia e le nazioni del Medio Oriente. Dato che molte di queste nazioni sono governate in modo autocratico ed anti-democratico, spesso usando la propria produttività energetica come arma di ricatto, la maggiore dipendenza italiana da queste nazioni potrebbe avere pericolose ripercussioni geopolitiche.

Ragioni pragmatiche: la vittoria del SÌ non può impedire la costruzione di altre piattaforme. Le compagnie potranno infatti spostarsi e costruire nuovi impianti poco oltre il limite delle 12 miglia, ad esempio a 12,5.

Ragioni logiche: La presenza di impianti di estrazione di idrocarburi non è in opposizione logica con la crescita delle rinnovabili. Con le trivelle in funzione, l’Italia è già il primo Paese al mondo per contributo dell’energia solare alla domanda energetica nazionale (8 per cento).

Un altro esempio è la Norvegia, principale produttore di idrocarburi in Europa (sia petrolio che metano) e allo stesso tempo Paese all’avanguardia per le energie rinnovabili e per il rispetto della sostenibilità ambientale. Per concludere, da ricercatore e divulgatore scientifico, trovo le ragioni del SÌ più basate su valutazioni emotive o ideologiche che ancorate in numeri e fatti empirici dimostrabili.

Ciò detto, avrei preferito esercitare il mio diritto di voto andando a votare per il NO. Tuttavia, data la natura abrogativa del referendum ed il requisito del quorum, andare a votare per il NO significherebbe pragmaticamente aumentare le probabilità di vittoria del SÌ. Per questo, come prevede la Costituzione, sfrutterò la possibilità di astenermi come forma di opposizione ad un’iniziativa referendaria che trovo molto svantaggiosa.

INDECISO: Andrea Tagliaferri, Molise – La mia scelta è ancora combattuta, nel senso che non condivido a pieno né le ragioni del SÌ, né quelle del NO. E poi, si parla tanto di energia verde ma da quello che si legge, le centrali idroelettriche non le vogliono, le pale eoliche e le distese di pannelli fotovoltaici che deturpano il paesaggio neppure, ma da qualche parte dovrà pur arrivare l’energia che ci serve per accendere la tv ogni giorno, o il pc, o il gas col quale prepararci il caffè.

Non condivido le ragioni del NO in quanto il vantaggio delle multinazionali è troppo squilibrato rispetto ai vantaggi che può avere lo Stato. Se si iniziasse ad aumentare le royalties, ad esempio, potrebbe essere più vantaggioso.

Se il governo fosse voluto intervenire a favore dell’ambiente o per salvaguardare i posti di lavoro, avrebbe potuto fare ben altro. Un referendum posto in questi termini lo vedo come qualcosa di perfettamente inutile, in quanto non risolve il problema energetico, ma piuttosto lo complica.

: Francesco Gennari, Marche – andrò a votare e voterò SÌ. A votare ci andrò perché è un diritto conquistato con la fatica e il dolore e non voglio rinunciare al mio diritto/dovere partecipativo. Voto SÌ per dare un segnale al governo sulla volontà di adottare fonti di energia a minor impatto ambientale, e politiche pubbliche più attente al clima. 

NO: Davide Alario, Lazio – Questo referendum mi sembra un po’ una farsa, perché credo che sia un argomento cosi ampio e specifico allo stesso tempo che solo una piccola parte di popolazione sia in grado di avere una mappatura precisa e chiara su questo argomento.

Premettendo che questo referendum non bloccherà le trivelle seduta stante, ma solo al fine dei termini contrattuali quindi si sta parlando di un bel lasso di tempo e in tale lasso in cui spero che l’Unione Europea dia direttive chiare e decise sui piani energetici.

Sulle questioni che riguardano l’ambiente ne ho sentite molte, ma a quanto pare l’inquinamento non nasce dalla trivellazione ma dal trasporto di questi idrocarburi e dalla paura di qualche incidente. Non mi sento in grado di dare un giudizio soggettivo sul piano ambientale ma credo che, a quanto ho capito, nel referendum verranno dismesse le trivellazione ad un limite di 12 miglia dalla costa e quindi basterà spostarle e il problema ambientale sarà lo stesso se non superiore.

Dovremmo prendere esempio dall’Olanda. In questi giorni l’Olanda ha deciso che dal 2025 sarà vietata la vendita di auto a benzina. Sono questi gli argomenti da andare a toccare. Un altro tema che a me sta ancora a cuore: le trivellazioni estraggono principalmente gas e andando a vendere il nostro bilancio energetico, l’Italia importa l’86 per cento delle materie prime fossili (gas, carbone, petrolio).

Questo dato dovrebbe farci capire che non siamo autosufficienti energeticamente. Pertanto, adottare provvedimenti basati sulla decisione di una popolazione – di cui la maggior parte non ha ben capito su cosa deve esprimersi – non è la migliore delle scelte.

Le previsioni future sono chiare e oggettive, un aumento demografico che richiederà una maggiore produzione di energia per fronteggiare l’aumento esponenziale di domanda energetica, un innalzamento delle temperature dato dalla produzione di anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili ( gas carbone e petrolio).

Un impatto ambientale ed economico che dovrà essere fronteggiato con uno stravolgimento dei piani energetici che coinvolgeranno questo secolo. Voterò No. Perché credo che non sia l’interruzione delle trivellazioni a cambiare le cose. 

— DI COSA PARLIAMO? IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE RACCONTATO SENZA GIRI DI PAROLE 

— ECCO PERCHÉ VOTARE SÌ AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE. Lo spiega a TPI Roberta Radich, del Coordinamento nazionale No triv  

— ECCO PERCHÉ NON ANDARE A VOTARE AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE. Lo spiega a TPI Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare che fa parte del comitato per l’astensione, Ottimisti e razionali 

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