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Gli italiani che si convertono all’Islam

Immagine di copertina

Sono in continuo aumento: almeno 4mila ogni anno decidono di diventare musulmani. Ecco alcune delle loro storie

Quando era bambina, Fatima recitava l’Ave Maria omettendo sempre la frase “madre di dio”. Non ci aveva mai creduto.

È nata e cresciuta nella provincia di Roma, fa l’insegnante di danza e oggi ha 28 anni.

Proprio quest’anno ha pronunciato la shahada, nel primo giorno di Ramadan. Ovvero: ha aderito all’Islam e si è convertita ufficialmente.

I suoi tratti potrebbero essere scambiati per quelli di una donna araba. Non porta il velo perché l’hijab – ci racconta – è “dentro di me”. “Il pudore e la modestia li vivo dentro e per il momento non sento la necessità di indossare il velo se non nelle moschee, dove é obbligatorio”.

Anche se in molti l’hanno già capito, Fatima non ha ancora detto alle persone a lei più care di essersi convertita. Tra queste sua madre, una cattolica praticante. “È ancora presto, ho paura di farla dispiacere”, ci dice.

La storia di Fatima è indicativa di un fenomeno in crescita in Italia: sono sempre di più le persone che si convertono all’Islam.

L’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (Ucoii) è tra le organizzazioni più attive nel Paese. Secondo un rapporto del 2012, gli italiani che si sono convertiti all’Islam sono 70mila e il numero aumenta a un ritmo di 4mila nuovi cittadini ogni anno.

In Italia ci sono complessivamente 1milione e 200mila musulmani, comprensivi degli stranieri e dei figli di seconda generazione. La stima, tuttavia, non è esaustiva perché l’Ucoii prende in considerazione solo il 20 per cento delle moschee e dei centri islamici italiani.

Eppure, nonostante l’Islam rappresenti in Italia la seconda religione più diffusa dopo il Cristianesimo, non c’è un riconoscimento formale per chi è musulmano, vista la mancata conclusione di un’intesa tra il governo e la comunità islamica.

Nel cuore della capitale cattolica del mondo, a soli sette chilometri dal Vaticano, un gruppo di musulmani sciiti si incontra per ricordare la battaglia di Karbala e il martirio del loro Imam Hussein con una cerimonia tradizionale molto particolare, in taliano. Il VIDEO-REPORTAGE di Sabika Shah Povia 

Ma come avviene la conversione?

Mohamed Ben Mohamed, presidente del centro islamico di Centocelle, puntualizza che in questi casi sarebbe più corretto parlare di ritorno all’Islam, piuttosto che di conversione: “Noi fedeli crediamo che ogni uomo sia nato musulmano. Perciò, quello che comunemente si definisce conversione, in realtà è solo il prendere coscienza di qualcosa che si è sempre stati: per questo parliamo di ritorno”, spiega.

Al di là della terminologia, la shahada resta il primo e unico rito che segna il punto di arrivo alla fede musulmana. “Testimonio che non v’è altro dio fuorché Allah, e che Muhammad è il suo messaggero”: è questo il suo significato, tradotto dall’arabo. Pronunciarla alla presenza di due testimoni basta per essere formalmente riconosciuto come musulmano.

L’Ali italiano

Nino La Rocca si è sempre considerato musulmano. Nato in Mauritania da padre maliano e madre siciliana, ha vissuto per molto tempo una vita di lusso sfrenato, donne e amicizie influenti: ma soprattutto, la sua vita è stata scandita da quei colpi sul ring che gli hanno regalato la fama e il successo. Prima di essere un pugile però, Nino è un uomo che ha ritrovato la felicità grazie alla fede.

La Rocca ci racconta il suo viaggio alla riscoperta dell’Islam in un venerdì estivo, in pieno Ramadan, seduto ai piedi della Grande Moschea di Roma, al termine della preghiera del primo pomeriggio. “Lo sport mi aveva tolto il tempo per pregare” dice. “Ogni mattina correvo per venti chilometri, mangiavo e mi allenavo di nuovo, tutti i giorni fino all’incontro successivo”.

Con lo sguardo dritto davanti a sé, Nino rievoca i momenti decisivi della sua carriera, dall’incontro con Sandro Pertini fino alle vittorie al Madison Square Garden di New York e al Ceasar Palace di Las Vegas: tutti eventi che la stampa ha riportato a suo tempo. Meno nota invece è la sensazione di incompletezza che lo attanagliava: nonostante l’agio e la ricchezza, Nino non riusciva a sentirsi pienamente appagato.

(Nella foto: musulmani in preghiera nella moschea di Roma).

Dopo un lungo periodo di depressione decise di partire per il Mali, Paese di origine paterna, nella speranza di ritrovare se stesso e l’equilibrio che aveva perduto. Ci riuscì grazie al contatto con il popolo africano, che descrive come allegro e vivace, nonostante le condizioni di estrema povertà. “La prima volta che mi hanno portato in moschea, dopo tanti anni di assenza, qualcosa in me si è acceso e all’improvviso ho sentito che quel vuoto che avevo dentro, non c’era più”, confida Nino.

Secondo il pugile, uno dei valori più preziosi del credo islamico è la solidarietà verso il prossimo. “L’Islam insegna ai fedeli ad apprezzare l’arte dell’amicizia e a considerare i credenti come fratelli. Rispetto alle altre religioni, nell’Islam c’è una dimensione collettiva che supera quella individuale”.

L’imam di Pontassieve

Chi invece ha abbracciato completamente la fede, diventando una guida spirituale, è Shaykh Abbas Di Palma. Nato a Firenze, ha 34 anni ed è l’imam (la guida spirituale) di uno dei 24 centri islamici presenti a Roma.

Circondato da una piccola biblioteca che separa il suo studio dal resto del centro, Di Palma racconta, con spiccato accento toscano, di essere arrivato all’Islam nel marzo del 1999, dopo essersi interessato allo studio di diverse religioni per cercare le risposte ai suoi dubbi sul senso della vita.

Da Pontassieve, un paesino in provincia di Firenze, decise di andare a Londra per studiare l’Islam e la lingua araba, quindi in Siria, dove entrò in contatto con le comunità locali di cristiani e musulmani, per raggiungere infine Qom, in Iran, una delle città sante per i musulmani sciiti.

“Quello che mi colpisce di più dell’Islam è la sua completezza: rispetto alle altre confessioni, dove spesso si pone una grande enfasi sull’introspezione, tralasciando a volte la fisicità dell’esistenza, nell’Islam corpo e anima, seppur messi su piani diversi, hanno la stessa importanza”, racconta Di Palma.

In un primo momento, i suoi parenti hanno avuto dei dubbi sulla sua conversione, fondati più sui pregiudizi verso la cultura dei Paesi musulmani che sui principi alla base dell’Islam. Nonostante le perplessità iniziali, i genitori hanno accettato la sua scelta.

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