Il conflitto in Yemen prosegue senza sosta, continuando a colpire i più deboli: i bambini.
Amnesty International ha di recente pubblicato un rapporto in cui denuncia le violenze a cui sono stati sottoposti alcuni minori con un’età inferiore anche agli otto anni nella città di Ta’iz, nel sud ovest dello Yemen.
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La Ong ha raccolto quattro importanti testimonianze di casi di violenza sessuale: nello specifico si tratta di tre stupri e di un tentato stupro.
I responsabili di questi atti di violenza sono stati per la metà dei casi alcuni membri delle milizie sostenute della coalizione internazionale a guida saudita, i miliziani del partito Islah.
Grazie al sostegno dell’Arabia Saudita e ai loro legami con le autorità locali, i miliziani sanno che resteranno impuniti e non temono conseguenze per i loro comportamenti.
Questo stesso clima di impunità spinge le famiglie coinvolte a non sporgere denuncia, motivo per cui sono molto poche le testimonianze che Amnesty è riuscita a raccogliere rispetto ai casi concreti.
Chi denuncia infatti rischia di incorrere nella vendetta dei miliziani, senza aver certezza che sia fatta giustizia.
A ciò si aggiunge la mancata collaborazione degli ospedali che hanno trattato i bambini vittima di violenza. Secondo quanto riportato da Amnesty, i medici in alcuni casi hanno chiesto del denaro in cambio dei referti medici che provano le violenze subite o si sono rifiutati di visitare i bambini.
“Lui [un miliziano] ha iniziato a colpirmi col calcio del fucile e con calci e pugni mi ha spinto contro il muro”, è una delle testimonianze raccolte da Amnesty.
“Allora ha detto che voleva stuprarmi. Io ho iniziato a piangere e a pregarlo di considerarmi come suo figlio. Si è infuriato ancora di più e ha ripreso a picchiarmi. Poi mi ha preso per il collo, mi ha spinto a terra e mi ha stuprato”.
Un altro ragazzo invece ha raccontato di essere riuscito a fuggire, nel luglio 2018, da un tentativo di stupro da parte di un miliziano all’età di 12 anni.
“[Il miliziano] lo ha spinto sul letto minacciandolo col fucile e avvertendolo che se avesse gridato o pianto il fucile era carico. L’uomo ha iniziato a spogliarsi. Il ragazzo, anche se era terrorizzato, è riuscito a prendere il fucile e a sparagli, poi è fuggito…”, ha raccontato un parente del dodicenne.
I familiari hanno denunciato quanto successo alle autorità locali, ma sono stati lasciati senza protezione: 48 ore dopo i miliziani, colleghi dell’aggressore, hanno attaccato la famiglia.
“Lo stupro e le aggressioni sessuali nel contesto di un conflitto armato costituiscono crimini di guerra. Chi ha posizioni di comando e non ferma queste azioni vili può a sua volta essere considerato responsabile di crimini di guerra”, ha commentato Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.