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Home » Esteri

Perché la Somalia ha rotto i rapporti diplomatici con il Kenya

Immagine di copertina
African Union Mission in Somalia (AMISOM)

Dalla disputa sui confini marittimi alla questione del Somaliland: ecco perché la Somalia interrompe i rapporti col Kenya

Il governo della Somalia ha annunciato oggi la rottura dei rapporti diplomatici con il Kenya, in quello che rappresenta il nuovo picco nell’escalation tra i due Paesi confinanti in una regione dell’Africa che sta già affrontando diverse crisi, come il conflitto in Tigray e la diffusione di ampi sciami di locuste, oltre alla pandemia di Coronavirus.

S&D

Il Kenya e la Somalia sono due Paesi che condividono un ampio confine e che sono uniti da diversi aspetti culturali. Insieme combattono il gruppo terrorista al-Shabaab che compie attacchi sfruttando la porosa frontiera tra le due nazioni, ma al tempo stesso sono da tempo divisi a causa di una disputa su un confine marittimo, e negli ultimi giorni hanno visto tali tensioni prendere letteralmente la strada dell’escalation.

“Il governo somalo, basandosi sulla sua sovranità nazionale garantita dal diritto e dall’ordine internazionale, adempiendo al suo dovere costituzionale di salvaguardare la nazionalità, l’unità e la stabilità del Paese, ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con il governo keniota”, ha detto il ministro dell’Informazione somalo Osman Abukar Dubbe ai media locali. Con questo atto, il governo di Mogadiscio ha richiamato tutti i suoi diplomatici da Nairobi e ha concesso sette giorni ai diplomatici del Kenya per lasciare il Paese.

La decisione è arrivata dopo che il governo somalo aveva presentato una lettera di protesta contro il Kenya al primo ministro sudanese Abdalla Hamdok, che ricopre attualmente il ruolo di presidente del blocco regionale dell’Africa orientale, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD), dopo che il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta ha ospitato il presidente dell’autoproclamata repubblica del Somaliland, Muse Bihi.

Il Somaliland ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dalla Somalia nel 1991 ma non è ufficialmente riconosciuto dalle Nazioni Unite (Onu), dall’Unione Africana o da qualsiasi altro Paese: l’incontro tra Kenyatta e Bihi è stato dunque visto a Mogadiscio come un’intromissione negli affari interni somali, tanto più in vista delle tanto attese quanto delicate elezioni in programma per il 2021. Da anni la Somalia sta infatti lavorando per tenere elezioni più trasparenti possibili in un complesso istituzionale estremamente fragile.

Ma cosa ha portato a questa disputa tra Kenya e Somalia? Come detto in precedenza, lo scontro è nato intorno a un confine marittimo conteso al cui interno sono presenti redditizi blocchi di esplorazione di idrocarburi. Tale disputa va avanti da anni e nel 2019, in attesa della sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aia, i due Paesi avevano cercato di normalizzare le relazioni. Nel novembre di quell’anno, infatti, Kenya e Somalia avevano iniziato a emettere nuovamente i visti di viaggio tra i due Paesi, ma non sembra che la distensione abbia portato a una pace duratura.

Il Kenya è tra i Paesi maggiormente coinvolti nella missione dell’Unione Africana contro i jihadisti di Al-Shabaab, attivi soprattutto in Somalia dove cercano di rovesciare il governo di Mogadiscio. Questa, tuttavia, è stata spesso un’ulteriore fonte di tensione tra i due Paesi confinanti, e all’inizio di dicembre Dubbe aveva accusato le truppe keniane di essersi ritirate da città strategiche, lasciando i cittadini in balia dei miliziani di Al-Shabaab.

Proprio oggi, facendo fronte alle tensioni in aumento, il portavoce del ministero degli Esteri del Kenya, Cyrus Oguna, ha notato come gli oltre 200mila rifugiati ospitati in campi per sfollati in Kenya abbiano sempre ricevuto un trattamento gentile. Ma la zona di confine sembra essere una fonte di tensione sotto molti aspetti tra i due Paesi. Un’altra delle interferenze nella politica interna di cui la Somalia accusa il Kenya è rappresentata dalle presunte pressioni sullo stato di confine somalo dell’Oltregiuba (noto anche come Jubbaland) affinché contribuisca a rinviare le tanto attese elezioni somale del 2021. Tali accuse hanno portato all’inizio del mese Mogadiscio a espellere l’ambasciatore del Kenya e a richiamare in patria il proprio a Nairobi.

“Mogadiscio non ha mai ospitato un solo politico dell’opposizione del Kenya, che vuole creare tensione tra i nostri vicini, ma invece Nairobi è diventata una base da cui vengono lanciati gli attacchi alla Somalia. È diventata la base dove vengono violati gli accordi raggiunti all’interno della Somalia”, aveva detto in tale occasione il ministro dell’Informazione somalo Dubbe.

Tuttavia l’Oltregiuba è stato al centro anche di scontri transfrontalieri. Questo territorio, un tempo parte del Kenya britannico e aggregato alla Somalia italiana alla fine della Prima Guerra Mondiale come compensazione per la mancata cessione della Dalmazia, è uno stato semiautonomo la cui forza paramilitare ha avuto diversi scontri con l’esercito nazionale nel corso dell’ultimo anno, scontri per cui il presidente del Kenya Uhru Kenyatta ha accusato le forze di Mogadiscio di sconfinamento nel proprio territorio, gettando ulteriore benzina sulle tensioni tra i due Paesi.

Le questioni dei confini marittimi hanno dunque visto un’espansione della frattura tra i due Paesi dovuta alle questioni interne somale, con Mogadiscio che in più di un’occasione negli ultimi mesi ha puntato il dito contro Nairobi, accusandola di fornire sostegno a Somaliland e Oltregiuba. Una situazione che ha contribuito a portare i due Paesi a essere più lontani che mai, spingendo la Somalia a rompere le relazioni diplomatiche.

Leggi anche: 1. Armi, gas, diritti umani: il prezzo dell’indulgenza della Francia verso l’Egitto di al-Sisi /2. Etiopia, l’esercito circonda la capitale del Tigray coi carri armati: “Pronti a bombardare”/3. Etiopia, don Mussie Zerai a TPI: “Subito cessate il fuoco e corridoi umanitari nel Tigray, il rischio è che ci siano milioni di sfollati” /4. Perché il Nobel per la Pace Abiy Ahmed è così determinato a combattere la guerra in Tigray /5. L’ultimo attacco di Boko Haram ci ricorda che l’Africa è il nuovo fronte del jihadismo

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