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Home » Esteri

Soldi ai politici e propaganda complottista: così la lobby delle armi tiene in scacco gli Usa

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Si potrebbe pensare che l’ultima strage – diciannove bambini e due insegnanti uccisi in una scuola del Texas, solo pochi giorni dopo il massacro razzista di dieci persone in un supermercato di Buffalo – sia stata finalmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, spingendo gli Stati Uniti ad approvare una seria legislazione sul controllo delle armi. Teoricamente il momento non potrebbe essere più propizio per introdurre un po’ di ordine in una situazione ormai fuori controllo. La sparatoria di massa alla scuola elementare di Uvalde è stata la 213esima a livello nazionale in meno di sei mesi dall’inizio del 2022: una media di circa 10 casi a settimana. Le morti per armi da fuoco in generale – 45.222 nel 2020 (l’ultimo anno per il quale ci sono statistiche complete) – sono al livello più alto da diversi decenni (di queste, 19.384 sono omicidi, mentre la maggior parte sono suicidi). L’88% degli americani è favorevole a una legge che richieda il «controllo dei precedenti» per chiunque acquisti un’arma. Il 73% afferma di sostenere fortemente questa proposta, incluso un 83% di proprietari di armi. Inoltre, uno schiacciante 84% degli intervistati sosterrebbe «la prevenzione della vendita di tutte le armi da fuoco a persone che sono state segnalate come pericolose alle forze dell’ordine da un’autorità di salute mentale». I sondaggi effettuati dopo il massacro in Texas mostrano che il 67% degli americani appoggia il divieto di vendere il tipo di arma d’assalto usata sia nella strage di Buffalo sia in quella di Uvalde.

Intanto la National Rifle Association (Nra), il più grande gruppo di lobby di armi del Paese, sta passando un momento di forte crisi. Negli ultimi anni è stata scossa da una serie di scandali e lotte interne: sono emerse prove del fatto che il leader dell’organizzazione, Wayne LaPierre, e sua moglie hanno utilizzato milioni di dollari di fondi dell’Nra per uso personale, spendendoli in jet privati, viaggi all’estero e shopping sfrenato. Secondo un’indagine giudiziaria, LaPierre e persone della sua cerchia hanno usato l’associazione come «salvadanaio personale». E quando un gruppo rivale, disgustato dal livello di corruzione interna, ha cercato di far cadere il leader, i critici di LaPierre sono stati rimossi. Le adesioni all’Nra sono scese da 6 milioni a 4,9 milioni negli ultimi anni e questo calo ha ridotto le risorse economiche a disposizione della lobby. Nel 2016 il gruppo ha contribuito con 31 milioni di dollari alla campagna elettorale di Donald Trump, mentre per le presidenziali del 2020 l’ha finanziata con “solo” 16 milioni.

L’organizzazione è stata criticata per aver tenuto la sua convention annuale in Texas pochi giorni dopo il massacro di Uvalde. E molti hanno notato che le armi non sono state ammesse alla convention, in contraddizione con l’affermazione, ripetuta spesso dagli associati, secondo cui la risposta ai «cattivi ragazzi con le pistole» è più «bravi ragazzi con le pistole». Nonostante tutto ciò, le possibilità che gli Stati Uniti approvino una seria legislazione sulle armi a livello nazionale sono vicine allo zero. Perché? Ci sono diversi motivi.

Per cominciare, il sistema politico americano rende quasi impossibile intervenire su questioni così fortemente polarizzate. In passato i repubblicani erano in qualche modo divisi sulla questione del controllo delle armi: alcuni di loro, i più moderati, erano disposti a sostenere limitate misure restrittive. Oggi invece praticamente tutti i membri del Congresso repubblicani si oppongono a qualsiasi forma di controllo sulle armi. Anche se gli attivisti dell’Nra sono una piccola minoranza sul totale degli elettori, essi sono insolitamente appassionati e considerano l’accesso illimitato alle armi una questione di vita o di morte. In occasione di qualsiasi elezione primaria del Partito repubblicano, a cui partecipa solo una minoranza di elettori, un piccolo gruppo altamente motivato può facilmente determinare l’esito. L’Nra emette una scheda in cui assegna dei “voti” ai principali candidati: ottenere meno di un 10 – e quindi essere descritto come soft rispetto al tema delle armi – rende un candidato repubblicano altamente vulnerabile. È facile capire, dunque, che votare a favore di una controversa misura sulle armi – o di una qualsiasi misura sulle armi – rappresenta per un legislatore repubblicano il modo più rapido per perdere il lavoro. I più appassionati sostenitori delle armi sono elettori a cui preme «una sola questione»: per loro, la posizione di un politico sulle armi è l’unico fattore determinante (mentre per i repubblicani moderati si tratta solo di una questione fra le tante, probabilmente meno importante di temi come le tasse o l’economia).

Anche se il Partito democratico ha la Casa Bianca e piccole maggioranze alla Camera e al Senato, quasi certamente i suoi rappresentanti non saranno in grado di ottenere alcuna legislazione significativa sulle armi da parte del Congresso. Il sistema americano attribuisce due senatori a ogni Stato indipendentemente dalla popolazione, concedendo così un potere indebito a Stati rurali scarsamente popolati e generalmente molto conservatori, specialmente sul possesso di armi. Il Wyoming, ad esempio, con appena 600mila abitanti – e molta attività di caccia – ha lo stesso potere al Senato della California, che ha 40 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali è favorevole al controllo delle armi. Inoltre, al Senato vige una regola nota come ostruzionismo che richiede 60 voti, anziché una semplice maggioranza, per approvare la maggior parte delle leggi: ciò significa che i democratici dovrebbero trovare dieci senatori repubblicani disposti a sostenere la legge sulle armi, il ché è virtualmente impossibile.

Non solo: l’Nra versa più di un milione di dollari a diciassette senatori, tutti repubblicani. Anche un repubblicano moderato come Mitt Romney – che ha osato opporsi al suo partito votando a favore dell’impeachment per Trump – marcia a passo serrato quando si tratta di armi: Romney ha ricevuto più di 13 milioni di dollari dall’Nra durante i suoi meno di quattro anni al Senato. L’Nra è riuscita a cambiare la natura del dibattito sulle armi negli Stati Uniti negli ultimi cinquant’anni, così che l’accesso non regolamentato e illimitato di un individuo a qualsiasi tipo di arma è ora visto da decine di milioni di cittadini come un diritto sacro sancito dalla Costituzione, un pilastro – anzi, il pilastro – della libertà americana, la migliore difesa contro la tirannia. Ma è interessante notare che non è sempre stato così.

L’Nra è stata fondata nel 1871 e per la maggior parte della sua storia ha promosso la proprietà responsabile delle armi e corsi per la sicurezza e ha difeso i diritti per i cacciatori e l’autoprotezione. L’associazione ha appoggiato la legislazione sul controllo delle armi del presidente Franklin Roosevelt che tassava molte armi da fuoco, richiedeva che fossero registrate, vietava ai criminali l’acquisto di armi e richiedeva che tutti i venditori tenesse traccia delle loro vendite.

Nel 1967 l’Nra si è espressa a sostegno di una legge della California che impediva ai proprietari di armi di portarle con sé in pubblico. Era una risposta diretta alle Black Panthers, il gruppo del “potere nero” che aveva iniziato a circolare con le armi chiaramente in vista. «Non ho mai creduto nella pratica di portare con sé le armi», disse al Congresso il presidente dell’Nra Karl T. Frederick. «Penso che il possesso di armi dovrebbe essere fortemente limitato e concesso solo su licenza». La Corte Suprema evitò di pronunciarsi sul punto richiamando l’ambiguità del testo del Secondo Emendamento: «Essendo una milizia ben organizzata necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto». Ma si presume generalmente che il riferimento alla «milizia ben regolamentata» non si riferisca a un diritto individuale. Il presidente della Corte Warren Burger, giurista conservatore nominato da Richard Nixon, ha definito la concezione del Secondo Emendamento come diritto individuale una «frode». «Il vero scopo del Secondo Emendamento era garantire che gli eserciti statali, le milizie, sarebbero stati mantenuti per la difesa dello Stato», ha scritto. «Il linguaggio stesso del Secondo Emendamento confuta qualsiasi argomento secondo cui esso fosse inteso a garantire a ogni cittadino un diritto illimitato a qualsiasi tipo di arma lui o lei desideri».

Nel 1977 la guida dell’Nra fu assunta da un uomo di nome Harlon Carter, un assolutista del Secondo Emendamento nonostante avesse sparato e ucciso un ragazzo di 15 anni quando lui ne aveva 17. Carter ha trasformato l’Nra in un potente gruppo di lobby e ha triplicato i suoi membri da uno a 3 milioni facendo leva sul tema che il controllo delle armi rappresenta una minaccia alla libertà americana. Fino agli anni Settanta, l’Nra rivendicava di difendere i diritti di allevatori o cacciatori che desideravano possedere fucili da caccia o proprietari di negozi che tenevano una pistola sotto il bancone in caso di rapina o famiglie nelle zone rurali come strumento di difesa contro gli intrusi. Ma poi gradualmente il messaggio è cambiato. Sempre più spesso, negli ultimi vent’anni, il nemico da cui bisognava difendersi non era più un orso o un ladro, ma il Governo. E poiché il Governo dispone delle armi militari più potenti, questi gruppi hanno rivendicato il diritto di possedere le armi da fuoco più sofisticate. Ciò è andato di pari passo con la crescita dell’estremismo nella destra americana (e di gruppi di milizie che hanno accumulato interi arsenali).

Nel 1993 il Governo federale iniziò a indagare sul gruppo cristiano estremo Branch Davidians, il cui leader aveva acquistato centinaia di armi illegali e aveva sfruttato la sua posizione per fare sesso con ragazze minorenni. L’Fbi assaltò la sede del gruppo, provocando un incendio in cui morirono 76 affiliati.

Con il passare del tempo anche la composizione della Corte Suprema è diventata sempre più conservatrice. Nonostante abbia perso il voto popolare in sei delle ultime otto elezioni presidenziali, il Partito repubblicano ha potuto scegliere 6 dei 9 giudici della Corte: questo a causa del sistema del “collegio elettorale”, in base al quale vince le elezioni il candidato che prevale in un certo numero di Stati, anziché nel voto popolare. I repubblicani sono stati sempre molto attenti a nominare solo giudici altamente ideologizzati e fedeli a una serie di precetti diventati ortodossia repubblicana, come opposizione all’aborto e diritti sulle armi.

Nel 2008 una maggioranza conservatrice (5 contro 4) ha stabilito che la Costituzione attribuisce un diritto individuale assoluto ad acquistare e possedere armi, ignorando completamente il riferimento del Secondo Emendamento alla «milizia ben regolamentata». Quella decisione della Corte Suprema non ha impedito ai singoli Stati né al Governo federale di regolamentare l’accesso alle armi, ma da allora l’idea del possesso illimitato di armi come diritto costituzionale è diventato una sorta di dettato di fede indiscusso tra i conservatori americani.

La Corte Suprema, la cui maggioranza conservatrice è stata rafforzata con altri tre giudici ultraconservatori nominati da Trump, dovrebbe fra poco pronunciarsi su un ricorso contro le leggi restrittive sulle armi dello Stato di New York, in particolare contro le regole che rendono estremamente difficile portare armi in pubblico. Dunque la Corte, sempre a favore dei diritti degli Stati quando si tratta di cose come la limitazione dell’accesso all’aborto o al voto, minaccia di impedire a uno Stato a guida democratica di gestire l’accesso alle armi come meglio crede (fra l’altro, ci sono montagne di prove del fatto che gli Stati con leggi sulle armi più permissive hanno tassi di omicidio più elevati). L’unico modo per capire questa follia è considerare la logica perversa ma potente dietro la promozione della violenza armata e degli interessi che essa serve.

Dopo ogni sparatoria di massa, le vendite di armi aumentano, non diminuiscono. Del resto, la paura del crimine e della violenza viene utilizzata dai repubblicani in molti modi. La paura del crimine è facilmente giocata sul piano razziale: sebbene i tassi di omicidio siano più alti negli Stati governati dai repubblicani con leggi permissive sulle armi, i tassi di criminalità sono più alti nelle città con una grande popolazione nera, molte delle quali governate dai democratici. Anche quando le città a guida democratica cercano di limitare l’accesso alle armi, ciò viene loro impedito dalla Corte Suprema o dalle legislazioni degli Stati repubblicani o dal fatto che, poiché gli Stati vicini hanno leggi sulle armi meno restrittive, i criminali possono facilmente acquisirle attraversando i confini. Ciò rientra nella visione apocalittica trumpiana della «carneficina americana»: città a guida democratica con molti criminali neri che si uccidono a vicenda. Non a caso, l’assassino della strage di Buffalo ha cercato di uccidere il maggior numero possibile di neri, non a caso l’uomo che ha ucciso 23 persone in un centro commerciale di El Paso nel 2019 era un suprematista bianco che prendeva di mira i latini, non a caso il killer che nel 2018 uccise 11 ebrei in una sinagoga di Pittsburgh stava agendo sulla base della folle teoria complottista per cui gli ebrei stavano incoraggiando l’immigrazione negli Stati Uniti per sostituire i bianchi americani.

Uno dei principali candidati alle primarie repubblicane per il Senato, Josh Mandel, ha insistito nella sua campagna elettorale sul fatto di essere «pro-Dio, pro-armi e pro-Trump». E ha spiegato questa “trinità” come segue: «Essere pro-Dio significa proteggere i valori giudaico-cristiani e la santità della vita ribaltando Roe vs Wade (la sentenza che concede il diritto all’aborto, ndr). Proteggere i diritti del Secondo Emendamento è ciò che significa essere pro-armi, mentre essere pro-Trump significa portare avanti l’agenda “America First”». La creazione di un’atmosfera di paura, insicurezza e crisi alimenta la polarizzazione razziale e politica e la normalizzazione delle opinioni estreme. E distrae la maggior parte degli americani dal fatto che Trump e i repubblicani non hanno fatto nulla per affrontare il tema delle disuguaglianze di reddito negli Stati Uniti, di cui peraltro affermano di preoccuparsi. Al contrario, hanno fatto molto per aggravarle.
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