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Home » Esteri

Israele sospende la detenzione di un palestinese dopo 65 giorni di sciopero della fame

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Il prigioniero palestinese Mohammed Allan ha interrotto lo sciopero della fame, dopo la decisione della Corte suprema israeliana di sospendere la sua detenzione

Il prigioniero palestinese Mohammed Allan ha interrotto lo sciopero della fame, portato avanti dal 18 giugno in segno di protesta contro le autorità israeliane.

Allan, avvocato palestinese di 31 anni, si trovava in carcere dal novembre del 2014 per una detenzione amministrativa. Questa pratica consente a Israele di imprigionare i presunti terroristi anche senza un capo d’accusa e un regolare processo, e di prolungare la detenzione ogni sei mesi a tempo indeterminato.

Il 19 agosto la Corte suprema israeliana ha annunciato di aver sospeso temporaneamente la detenzione di Allan, a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Dopo 65 giorni di sciopero della fame, Allan ha riportato gravi danni neurologici e al momento si trova ricoverato in un ospedale nella città di Ascalona, nel sud di Israele.

In seguito alla decisione della Corte suprema, i medici hanno tolto le manette ad Allan e consentiranno le visite dei suoi familiari. Se le sue condizioni non miglioreranno, la detenzione sarà sospesa in maniera definitiva.

Allan fu arrestato per un presunto coinvolgimento con il movimento estremista palestinese Jihad Islamico, che ha le sue basi nella capitale siriana di Damasco. L’avvocato palestinese sostiene di essere innocente e ha intrapreso lo sciopero della fame per protestare contro la pratica della detenzione senza processo.

Il 14 agosto – di fronte all’aggravarsi delle sue condizioni di salute – i medici lo hanno sedato e gli hanno somministrato vitamine e sostanze nutritive con delle flebo.

Quattro giorni dopo, Allan ha ripreso conoscenza e ha riferito ai suoi avvocati che avrebbe smesso di idratarsi nelle 24 ore successive qualora non fosse stato raggiunto un accordo con Israele.

Le autorità israeliane avevano in precedenza dichiarato che lo avrebbero liberato solo se Allan  avesse acconsentito di vivere in esilio per quattro anni, una proposta considerata inaccettabile dal detenuto.

Il caso di Allan ha riacceso il dibattito sulla legge sull’alimentazione forzata dei prigionieri in sciopero della fame, approvata lo scorso 30 luglio dal parlamento israeliano. La riforma è stata fortemente criticata dall’Associazione dei medici israeliana, secondo cui l’alimentazione forzata costituisce una vera e propria forma di tortura.

I dottori che si stanno prendendo cura di Allan si sono finora rifiutati di applicare la nuova legge e hanno somministrato dei nutrienti via flebo solo dopo aver ottenuto il consenso del detenuto, ma hanno detto che potrebbero ricorrere all’alimentazione forzata nel caso le sue condizioni peggiorassero.

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