La guerra dimenticata: quasi 250 morti in Sudan in una settimana per l’epidemia di colera

Il conflitto infuria da oltre due anni e ha già provocato più di 13 milioni di sfollati e rifugiati e non si sa quanti morti. Ma nessuno ne parla
Quasi 250 persone sono morte nel corso dell’ultima settimana nella capitale del Sudan, Khartoum, a causa di un’epidemia di colera che affligge la popolazione martoriata da oltre due anni di guerra, che prosegue nell’indifferenza della comunità internazionale. L’ultimo aggiornamento, diramato ieri dal ministero della Salute dello stato federato della capitale, registrava 70 morti soltanto negli ultimi due giorni, oltre a più di duemila nuovi contagi. Il giorno prima, il ministero federale della Sanità aveva segnalato altri 172 decessi registrati nella settimana precedente, di cui il 90 per cento nell’area della capitale, che sin dall’aprile del 2023 resta l’epicentro del conflitto.
La città deve infatti far fronte a un crollo dei servizi di base, dovuto a oltre due anni di conflitto tra i generali Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo (conosciuto come Hemeti), responsabili del colpo di stato del 2021. Dopo il golpe militare però, che ha fatto fuori l’amministrazione civile nata dalla caduta della trentennale dittatura di Omar al-Bashir, dal 15 aprile di due anni fa le Sudanese Armed Forces (Saf) di al-Burhan e le Rapid Support Forces (Rsf), le milizie eredi dei famigerati Janjaweed accusati di crimini indicibili in Darfur oggi guidate da Hemeti, si contendono il Sudan.
La scorsa settimana le Saf hanno annunciato di aver completato la riconquista dell’intero stato di Khartoum, che comprende la capitale e le aree circostanti, mentre ieri le Rsf hanno rivendicato la conquista di due città strategiche nelle regioni del Kordofan meridionale e occidentale, Dibeibat e al-Khoei, quest’ultima situata a un centinaio di chilometri dal crocevia strategico di el-Obeid, posto tra Khartoum e il Darfur, riconquistato dall’esercito di al-Burhan una decina di giorni fa, prima di cadere di nuovo nelle mani dei paramilitari di Hemeti. L’assedio, i continui scontri dentro e intorno alla capitale hanno così permesso una rapida diffusione dell’epidemia a Khartoum.
Lo scoppio della crisi sanitaria è avvenuto dopo settimane di raid aerei condotti con droni e attribuiti ai paramilitari delle Rsf, che hanno interrotto le forniture idrica ed elettrica in città. L’89 per cento dei pazienti posti in isolamento, secondo le autorità mediche locali citate dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sta guarendo ma il deterioramento delle condizioni ambientali ha aumentato la diffusione del colera. Intanto, nelle regioni teatro degli scontri militari, sono stati costretti a chiudere quasi nove ospedali su dieci.
Le necessarie campagne di vaccinazione, come annunciato dal portavoce del segretario generale dell’Onu Stephane Dujarric, sono iniziate il 27 maggio nella città di Jebel Awlia, a sud di Khartoum. “L’Organizzazione mondiale della Sanità ha inoltre consegnato più di 22 tonnellate di forniture sanitarie di emergenza e di aiuti per sostenere gli sforzi locali contro il colera”, ha fatto sapere in una nota Dujarric. Oltre un milione di minori, secondo l’Unicef, rischia di contrarre il colera nel solo stato di Khartoum, dove si sono registrati più di 7.700 casi dall’inizio dell’anno, tra cui 1.000 di bambini sotto i cinque anni. “Il Sudan è sull’orlo di un grave disastro sanitario pubblico”, ha denunciato ieri Eatizaz Yousif, responsabile per il Sudan dell’ong International Rescue Committee (IRC). Dall’agosto scorso infatti le autorità sanitarie locali hanno registrato più di 65mila casi di colera e oltre 1.700 decessi in 12 dei 18 stati federati del Sudan.