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Fuga dall’Egitto: inchiesta sulla diaspora del dopo-golpe, a 8 anni dalla rivoluzione del 2011

A otto anni dalla rivoluzione del gennaio 2011, la popolazione egiziana è ancora gravemente sottoposta a un attacco senza precedenti alla libertà d’espressione.

S&D

Nel corso del 2018 almeno 113 persone sono state arrestate con l’accusa di aver espresso in modo pacifico le loro opinioni. Molte di loro sono state trattenute in carcere per mesi e poi portate in giudizio, anche davanti alla corte marziale, con le accuse di “militanza in gruppi terroristici” e “diffusione di notizie false”.

“La diaspora può giocare un ruolo molto importante nel condizionare l’evoluzione della politica egiziana. Può creare in primis una piattaforma di dialogo e scambio di idee. Se si considera che chi critica il regime all’interno del Paese commette praticamente un suicidio, l’arena della diaspora è relativamente sicura”.

Una testimonianza lineare e pragmatica, quella di Nancy Okail, attivista egiziana condannata a cinque anni di carcere nel giugno del 2014, nell’ambito del processo contro le Ong, che ha portato alla condanna di 43 attivisti, con l’accusa di aver ricevuto fondi illegali, aver lavorato per istituzioni fuori legge e aver sostenuto l’opposizione al governo e le sue poche organizzazioni di protesta.

Nancy – che per anni si è firmata come accusata numero 34 e la cui storia è raccontata dalla giornalista Azzurra Meringolo Scarfoglio nell’inchiesta-reportage dal titolo Fuga dall’Egitto.

Inchiesta sulla diaspora del dopo-golpe, in libreria dal 14 febbraio – non ha scontato alcun giorno di carcere, ma la sua “punizione”, condivisa con gli altri imputati, è diventata un esilio forzato che ancora permane, nonostante la piena assoluzione arrivata lo scorso dicembre.

I nuovi esuli egiziani intervistati dall’autrice sono dispersi nel mondo per sfuggire al carcere, a sommari processi di massa, a tentativi di cooptazione, alla censura di chi non voleva che raccontassero – ad esempio – dettagli scomodi sulla tragica fine di Giulio Regeni.

Per alcuni l’esilio è arrivato dopo lunghi periodi di detenzione, segnati da torture fisiche e psicologiche. Dalla diaspora raccontano il viaggio con il quale è iniziato il loro esilio, spesso una fuga improvvisa che li ha resi parte di quella che alcuni storici hanno già definito la più importante ondata migratoria nella storia dell’Egitto contemporaneo. E tra gli esuli che sognano di tornare in patria nasce anche una nuova intellighenzia, che lavora per quando in Egitto tornerà la libertà.

“Azzurra Meringolo con questa panoramica umana sugli esuli da un Paese governato da una dittatura ci sollecita a non lasciare nel dimenticatoio donne, uomini e processi che non abbandonano il campo a seguito di una sconfitta, ma la metabolizzano e riprendono il cammino con altre modalità, ma con lo stesso orizzonte ideale”. (Moni Ovadia)

“L’Egitto è considerato da molti Paesi occidentali un partner chiave nella lotta al terrorismo a livello regionale e questa è la giustificazione usata per rifornirlo di armi, software di sorveglianza e altro materiale, nonostante le prove che dimostrano il loro utilizzo per commettere gravi violazioni dei diritti umani”. (Riccardo Noury)

L’autrice Azzurra Meringolo Scarfoglio è giornalista della redazione esteri del Giornale Radio Rai. Ha vissuto in Egitto prima e dopo la rivoluzione del 2011, durante il suo dottorato di ricerca. Da lì ha scritto “I ragazzi di piazza Tahrir” (premio di scrittura Indro Montanelli), al quale ha dedicato il suo blog.

Ha vinto il premio giornalistico Ivan Bonfanti (2012), il premio Maria Grazia Cutuli (2013) e il Franco Cuomo International Award (2014). Nel 2016 ha pubblicato “Il sogno antiamericano”. Ha trascorso gli ultimi dieci anni tra Medio Oriente, Stati Uniti e Italia, lavorando come ricercatrice all’interno dell’area Mediterraneo e Medio Oriente dell’Istituto Affari Internazionali. È docente a contratto all’Università Roma Tre e al Master in Economia e Istituzioni dei Paesi Islamici della Luiss.

È membro del comitato scientifico di WIIS Italy, di cui è fondatrice. Fa parte del German Marshall Fund Alumni Leadership Council.

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