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Home » Esteri

Tutto quello che sappiamo (e non) su El Mimo: dubbi, falsità, verità accertate

Immagine di copertina
Daniela Carrasco. A destra la foto della donna diffusa dall'associazione delle avvocatesse cilene

El Mimo: cosa sappiamo della vicenda di Daniela Carrasco, l’artista di strada trovata morta in Cile

Si sta discutendo molto in questi giorno della vicenda di Daniela Carrasco, artista di strada soprannominata “El Mimo”, trovata morta a Santiago del Cile il 20 ottobre 2019.

Del caso, in Italia, si è iniziato a parlare lo scorso 20 novembre, a circa un mese di distanza dai fatti. Per una serie di circostanze ricostruite in particolare dal sito Valigia Blu, la morte di Daniela Carrasco è stata perlopiù accreditata dai media (italiani e non solo) come un evento da collegare alle manifestazioni di piazza anti-governative in corso in Cile dal 14 ottobre.

La “Mimo”, infatti, aveva preso parte alle prime giornate di protesta e, secondo una versione che ha iniziato a circolare sui social dal 20 novembre, il giorno prima della sua morte sarebbe stata arrestata dalla polizia cilena che l’avrebbe poi torturata e violentata.

La morte di El Mimo: suicidio o violenze della polizia cilena? Le versioni a confronto

Allo stato attuale, quella delle violenze della polizia cilena è però soltanto un’ipotesi, sostenuta in particolare da alcuni collettivi femministi tra cui Ni Una Menos Chile (il corrispettivo cileno del movimento “Non una di meno”).

La versione ufficiale, sostenuta dalla Procura che indaga sul caso, è invece che la “Mimo” sia morta per soffocamento causato da impiccagione, e che si tratti di un suicidio.

Quel che è certo è che dai risultati dell’autopsia, effettuata tre giorni dopo il decesso, non sono emersi segni di violenza sul corpo della 36enne artista di strada. Altro dato certo è che la morte risale allo scorso 20 ottobre.

Un articolo di Open ha ricostruito nei dettagli la posizione della famiglia. David Puente ha infatti intervistato l’associazione delle avvocatesse cilene (“Abrogadas Feministas Chile“) che sta assistendo la famigli di Daniela Carrasco.

Daniela Watson Ferrer, responsabile comunicazione dell’associazione, ha spiegato che esiste una lettera lasciata dalla ragazza che fa propendere per l’ipotesi del suicidio. La stessa famiglia di “El Mimo” ritiene quella del suicidio l’ipotesi maggiormente valida.

Ferrer ha aggiunto che sono state disposte altre perizie sul cadavere della Carrasco per verificare la validità dell’autopsia e capire se possano esserci segni di violenza sul corpo, ma che per i risultati potrebbe volerci molto tempo.

Nell’intervista a Open, la responsabile comunicazione dell’associazione smentisce anche la circostanza secondo cui la “Mimo”, il giorno prima della morte, sarebbe stata arrestata e trattenuta dai Carabineiros cileni.

A questa versione si contrappone quella diffusa da Ni Una Menos Chile, secondo cui Daniela sarebbe stata “violentata, torturata, nuovamente violentata fino al punto di toglierle la vita”.

el mimo

La stessa versione è stata fornita anche da una rete di attrici cilene, che ha sostenuto come la 36enne artista di strada sia stata “rapita dalle forze militari nei giorni della protesta il 19 ottobre”, il giorno precedente al ritrovamento del suo cadavere.

Riassumendo i dati a disposizione, insomma, si può dire che esiste una versione ufficiale, quella della polizia cilena e della procura, secondo cui la “Mimo” si sarebbe suicidata, e una versione alternativa fornita dai collettivi femministi secondo cui sarebbe stata torturata e uccisa poiché aveva preso parte alle manifestazioni di piazza contro il governo cileno.

La prima versione, quella ufficiale, al momento è sostenuta anche dalla famiglia, che però non esclude altre ipotesi.

Le due versioni si contrappongono già dai giorni immediatamente successivi alla morte di Daniela Carrasco. Resta da capire quindi come mai la storia sia stata ripresa in Italia a distanza di un mese dai fatti.

El Mimo: come si è diffusa la storia in Italia e come è stata raccontata

Come spiega l’articolo di Valigia Blu, la tesi del coinvolgimento della polizia cilena nella morte della 36enne ha iniziato a circolare su Twitter il 2o novembre. Un’utente chiamata @en_abyme ha scritto sul social: “Daniela Carrasco ‘la Mimo’, artista di strada cilena di 36 anni, alcune ore dopo essere stata fermata dai militari, è stata trovata impiccata ad un recinto ed esposta in un comune della città metropolitana di Santiago del Chile. Violentata e torturata fino alla morte”.

el mimo

Il tweet ha avuto migliaia di condivisioni ed è diventato presto un trending topic. Altri utenti hanno quindi cominciato a diffondere articoli di testate locali, in particolare un pezzo di Biobiochile tradotto integralmente da Peacelink, un movimento ecopacifista che titola l’articolo in questione: “Lo strano suicidio di Daniela Carrasco: Mimo”.

L’articolo riporta anche le denunce di Ni Una Menos Chile. È proprio a partire da questo pezzo che la notizia ha cominciatoa a diffondersi anche sui media italiani. Diverse testate hanno ripreso l’articolo di Peacelink e hanno iniziato a far circolare la tesi secondo cui il decesso sarebbe stato da collegare alla repressione delle proteste di piazza in Cile.

Questa tesi, lo ricordiamo ancora, è sostenuta da alcuni collettivi femministi e non è detto che non possa rivelarsi quella vera. Tuttavia, nel racconto mediatico Daniela Carrasco ha immediatamente assurto al ruolo di martire e paladina delle proteste, e la tesi delle torture da parte della polizia è diventata subito preponderante rispetto a quella del suicidio che pure, come visto, è sostenuta dalla famiglia della 36enne.

Valigia Blu spiega che ad avvalorare questo racconto hanno contribuito anche numerosi post sui social di politici, personaggi della televisione e dello spettacolo. La storia è diventata presto virale e  ci sono voluti diversi giorni prima che emergessero con maggiore forza gli elementi a supporto della versione ufficiale (quella del suicidio).

el mimo

La morte di Daniela Carrasco: che conclusioni possiamo trarre

Nel contesto delle proteste in Cile, in cui lo stesso presidente Sebastian Pinera ha riconosciuto gli abusi della polizia su alcuni manifestanti, la diffusione di una storia come quella di Daniela Carrasco ha immediatamente assunto dei connotati fortemente simbolici.

I tanti casi di violenze perpetrate dai Carabineiros cileni (e documentati dai media di tutto il mondo) hanno subito fatto propendere l’opinione pubblica per la tesi secondo cui la “Mimo” sarebbe stata torturata e violentata sebbene, allo stato attuale, questa stessa tesi si basi sulla denuncia di collettivi femministi e su pochi elementi concreti.

Pochi giorni fa, infine, è scoppiato un caso per certi versi associabile a quello della Carrasco. Albertina Martinez Burgos, 38enne fotografa, è stata ritrovata morta in un appartamento.

Anche in questo caso la rete Ni Una Menos Chile ha suggerito un possibile collegamento con la repressione delle proteste di piazza, poiché la Martinez aveva preso parte ad una manifestazione.

La polizia sta indagando su questa morte e al momento ha parlato di “presunto omicidio”, anche perché sul corpo della 38enne fotografa sono stati ritrovati dei segni di arma da taglio.

Gli amici della fotografa, però, in una lettera hanno chiesto di non giungere a conclusioni affrettate spiegando tra le altre cose che Albertina non aveva documentato attivamente le proteste.

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