Cos’è la dottrina Begin e cosa c’entra con l’attacco israeliano all’Iran

Ci sono due parole che sono tornate alla luce in queste ore, dopo il vasto attacco compiuto nelle prime ore del 13 giugno dalle forze di Israele contro il programma nucleare iraniano, quelle due parole sono “Dottrina Begin”. Chiamata così per via del presidente del Consiglio israeliano e fondatore del Likud Menachem Begin che la mise in atto, questo metodo – non una vera dottrina in senso stretto, essendo un termine comune con cui è definito questo modus operandi – prevede attacchi mirati preventivi contro potenziali nemici di Israele che stiano cercando di sviluppare armi atomiche, ritenute una minaccia esistenziale dallo stato ebraico, soprattutto se in mano a Paesi che portano avanti una retorica di distruzione dello stato di Israele.
Begin divenne capo del governo nel 1977 e mise questo metodo in atto solo nel 1981, ma già in passato Israele si era mossa in modo molto simile: negli anni Sessanta agenti del Mossad misero in piedi l’operazione Damocle, in cui compirono una serie di uccisioni mirate contro scienziati che avevano lavorato in precedenza per la Germania nazista ed erano stati reclutati dall’Egitto per realizzare dei missili.
Negli anni Settanta, invece, ad allarmare era soprattutto il programma nucleare iracheno, che Saddam Hussein stava cercando di mettere in campo e contro cui il Primo ministro laburista Yitzhak Rabin aveva iniziato a muoversi. Dopo la vittoria elettorale del Likud, il neocapo del governo Begin decise dunque di agire in maniera più netta, stabilendo le basi per quella che sarebbe diventata la dottrina militare e di politica estera dei decenni successivi e passò all’azione: nel 1981 mise in campo l’operazione Opera, con cui venne bombardato il reattore iracheno di Osiraq, a pochi chilometri da Baghdad e ben distante dai confini israeliani, compromettendo così le ambizioni nucleari di Saddam.
Begin si assunse tutte le responsabilità per l’azione, giustificandola sia su basi morali che legali, chiarendo che lasciar sviluppare un’arma di distruzione di massa a un nemico di Israele avrebbe causato un nuovo Olocausto e lanciando così un messaggio a tutti i potenziali nemici dello stato Ebraico in tutto il Medio Oriente.
Nel 2007, un nuovo pericolo preoccupava Israele e arrivava dalla Siria, dove nella regione di Deir Ezzor stava lavorando segretamente, con il sostegno di Iran e Corea del Nord, a un reattore nucleare per scopi militari: venne dunque messa in campo l’operazione Orchard che portò alla distruzione della struttura. Trattandosi di un impianto non noto al pubblico, i dettagli dell’operazione sono trapelati gradualmente nel corso degli anni e solo nel 2018 Israele ha confermato la vicenda.
Negli ultimi 20 anni, però, il programma nucleare che ha destato maggiore preoccupazione per Israele nella regione è stato quello iraniano, di un Paese che nella propria retorica ha più volte parlato di distruzione dello stato di Israele e per cui più volte è stata invocata la “dottrina Begin”. Barack Obama aveva raggiunto un accordo con Teheran sul nucleare per evitare che l’arricchimento di uranio raggiungesse un livello critico tale da far pensare a un uso militare, ma Trump stracciò l’accordo ritenendo che non garantisse abbastanza gli USA. Con l’aumento delle tensioni nella regione, che ha portato allo scontro diretto tra Israele e Iran dopo che tante volte si erano scontrati per procura, la situazione si è infiammata fino ad arrivare all’attacco israeliano contro le strutture del programma nucleare iraniano. Un attacco che arriva in un momento particolare in cui sembrava realmente che Teheran fosse vicina a sviluppare l’atomica: una possibilità paventata dal segretario alla Difesa americano Pete Hegseth appena l’11 giugno e su cui il giorno successivo è arrivata una presa di posizione storica da parte dell’AIEA, l’agenzia ONU sul nucleare, che per la prima volta ha dichiarato che il programma nucleare iraniano stava violando i suoi obblighi di non proliferazione nucleare. Così, dopo anni di guerra per procura, sabotaggi e morti sospette nell’ambito del settore atomico iraniano, è arrivato un attacco diretto, pienamente compatibile con la dottrina Begin.