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Home » Esteri

Cosa ha detto Theresa May nel suo atteso discorso sulla Brexit

Immagine di copertina
La premier britannica Theresa May

La premier britannica, in un discorso a Londra, ha adottato toni più concilianti rispetto al passato con le istituzioni europee, chiedendo al suo paese di rimanere unito e definendo le richieste economiche del Regno Unito

La premier britannica Theresa May ha tenuto venerdì 2 marzo 2018 un atteso discorso sulla Brexit a Mansion House, a Londra

S&D

May ha definito i cinque punti cardine che, secondo la sua visione, dovranno essere seguiti per ottenere un accordo sulla Brexit che possa soddisfare il Regno Unito.

In primo luogo, ci devono essere “impegni reciproci e vincolanti per assicurare una concorrenza leale e aperta”.

In secondo luogo, deve esistere un meccanismo di arbitrato completamente indipendente.

Terzo, ci dovranno essere un continuo dialogo tra le parti e opportuni mezzi di consultazione.

In quarto luogo, ci dovrà essere un accordo sulla protezione dei dati.

Infine, l’Ue e il Regno Unito devono mantenere i legami tra la loro gente.

Rispetto ai dettagli dell’accordo con l’Ue, May ha aperto a soluzioni che salvaguardino dei rapporti di libero scambio in alcuni settori.

“L’Ue assume diversi approcci a seconda del tipo di accordo commerciale. Ogni accordo commerciale include diversi tipi di accesso ai mercati”, ha detto.

May ha affermato che i punti cardine dell’accordo con l’Ue sono stati definiti nel 2017, e che attualmente il governo “sta facendo grandi progressi nei negoziati” e che è “intenzionato a rispettare i termini dell’intesa siglata a dicembre”.

“Il Regno Unito deve definire con chiarezza cosa vuole ottenere dall’accordo”, ha detto la premier. Il discorso di oggi “è finalizzato a chiarire le richieste del paese dal punto di vista economico”.

Per quanto riguarda gli scambi di merci, il parlamento britannico in alcuni casi adotterà delle regole analoghe a quelle europee, in altri delle norme proprie e differenti da quelle comunitarie.

La premier britannica ha evidenziato la necessità di trovare un accordo per quanto riguarda la questione doganale. “L’Ue ha un’unione doganale con alcuni paesi esterni, che devono però attenersi alle tariffe comunitarie. Ciò non è accettabile per il Regno Unito”.

Per quanto riguarda i servizi, “il Regno Unito e l’Ue possono stipulare un ottimo accordo. Il Regno Unito non vuole discriminare i fornitori di servizi dell’Ue, e vuole che le sue aziende godano dello stesso trattamento”.

In ambito energetico, il Regno Unito vuole mantenere una partnership stretta con l’Ue.

Con riferimento implicito alle politiche di Trump, la premier britannica ha dichiarato che, in una fase in cui si torna a parlare di protezionismo, il Regno Unito e l’Ue possono rappresentare “un esempio di politiche improntate al libero scambio”.

Questo anche se “in alcuni settori l’accesso al libero scambio sarà maggiormente limitato rispetto ad ora”.

Per May il suo approccio al discorso odierno “onora il risultato del referendum” ed è rivolto “sia a chi ha votato Leave, sia a chi si è espresso per il Remain”.

“Qualunque cosa accadrà, il futuro del Regno Unito è brillante. Non vedo l’ora di discuterne con i nostri amici europei”.

“Anche se stiamo lasciando l’Ue, siamo tutti ancora europei”, ha detto.

“Come in ogni trattativa, nessuno otterrà tutto ciò che vuole. Ci saranno alti e bassi”, ha aggiunto. “Quello che verrà ricordato sarà la portata europea di una soluzione duratura. Entrambe le parti hanno un interesse comune a trovarla nel modo giusto. Quindi andiamo avanti”.

Nella sostanza, quindi, per May la Gran Bretagna non può ottenere tutto ciò che vuole dai negoziati.

Questo discorso segna quindi un cambio di strategia rispetto ad alcune pretese del passato, quelle per le quali il Regno Unito, pur uscendo dal mercato unico, avrebbe voluto godere degli stessi privilegi di un paese membro, senza versare contributi al bilancio europeo e senza rispettare la libertà di movimento.

May ha cercato di adottare una posizione maggiormente aperta al dialogo, non solo con le istituzioni europee, ma anche con quella parte di elettorato che si è espressa per il “remain”.

La speranza di Downing Street è che i toni più morbidi di Theresa May rispetto al passato aiuteranno a rafforzare i Tories in questo difficile negoziato.

Il discorso della premier britannica è apparso un passaggio necessario ed è stato sollecitato dal suo stesso partito, dopo che, negli ultimi mesi, la posizione del  governo su diversi punti chiave dell’accordo con l’Ue era apparsa nebulosa, e in ogni caso non conciliabile con i principi che animano l’Unione.

Per quanto riguarda l’Irlanda, May ha detto che il Regno Unito non è intenzionato a porre un confine fisico. Tuttavia, “non è compito esclusivo dell’Ue trovare una soluzione”, a cui quindi lavorerà anche il governo britannico.

Per May sarebbe “inaccettabile” porre fine al mercato comune nel Regno Unito. “Non sarà la Brexit a far crollare tutti i progressi storici che sono stati ottenuti rispetto alla questione dell’Irlanda del Nord”.

“La Brexit ridurrà l’accesso al libero mercato in alcuni settori”, ha aggiunto la premier. I contenziosi giuridici, inoltre, “verranno risolti da corti britanniche, anche se il parere della Corte di Giustizia europea sarà tenuto in considerazione”.


May ha anche detto che il Regno Unito in alcuni settori “stipulerà accordi vincolanti con l’Ue per rimanere al passo con le regole europee”.

“Sia l’Ue che il Regno Unito devono mettete da parte i contrasti e capire che questo è un negoziato”, ha aggiunto.

Martedì 28 febbraio 2018 il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier ha divulgato la bozza di accordo siglata a dicembre tra Regno Unito e Unione europea.

Il documento contiene due punti che riguardano l’Irlanda del Nord: la permanenza del paese nell’unione doganale per mantenere aperto il confine con la Repubblica d’Irlanda, e il fatto che la Corte di Giustizia europea dovrà monitorare il rispetto di questo accordo.

La premier britannica aveva affermato che questa proposta minaccia l’integrità costituzionale del Regno Unito, e che “nessun primo ministro britannico potrà mai approvarla”.

Anche il Partito Unionista Democratico (DUP), piccolo partito unionista nord-irlandese fondamentale per la tenuta del governo May, aveva rigettato le condizioni dell’accordo, definendole “inaccettabili”.

Michel Barnier, al momento della presentazione della bozza di accordo, ha affermato che il progetto segue le linee guida di quanto era stato concordato finora tra Ue e Regno Unito, esortando anche Londra a proporre eventualmente delle alternative.

Il leader laburista Jeremy Corbyn nei giorni scorsi si era schierato a favore della permanenza del Regno Unito nell’Unione doganale.

Secondo il progetto accordo Ue-Regno Unito, l’unione doganale coinvolgerebbe uno “spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci”.

Già a dicembre si erano riscontrate notevoli difficoltà a trovare un accordo sulla questione del confine irlandese tra il Regno Unito e le istituzioni europee.

Una volta che Londra sarà fuori dall’Ue, Irlanda e Regno Unito saranno nuovamente separate da una frontiera che non esiste da quasi 100 anni.

Fra Dublino, Belfast, Bruxelles e Londra si studia a una soluzione che mantenga libero il passaggio fra le “due Irlande”.

Se da Dublino si chiedono garanzie sul mantenimento di un confine “invisibile”, da Belfast fanno sapere con decisione che pretendono di essere trattati esattamente come Londra quando l’Ue e il Regno Unito saranno separati.

La Common Travel Area, cioè la zona che consente il libero passaggio delle persone senza controlli tra Irlanda e Irlanda del Nord, esiste dal 1923.

Dal 1993, dopo l’entrata in vigore del Mercato unico europeo, anche le merci non sono sottoposte a controllo, e questo consente alle esportazioni di viaggiare senza ostacoli da una parte all’altra del confine.

Durante le trattative nel mese di dicembre erano state messe sul tavolo diverse opzioni. 

La soluzione che era stata trovata era piuttosto ambigua e lasciava molti margini di interpretazione.

Ecco perché, nel momento in cui l’Ue ha voluto definire la questione più nel dettaglio, Theresa May e il DUP hanno rifiutato i termini dell’intesa.

 

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