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Home » Esteri

Coronavirus, Trump vuole salvare l’economia. E riapre contro il parere degli scienziati

Immagine di copertina
Anthony Fauci e Donald Trump

Con 1,4 milioni di contagi e oltre 84mila morti in due mesi gli Stati Uniti hanno ancora bisogno del lockdown. Ma il mondo della politica si comporta come se non esistesse più il COVID-19. L'analisi dell'inviato di TPI a Washington Iacopo Luzi

Coronavirus, Trump riapre contro il parere degli scienziati per salvare l’economia

Molte persone mi scrivono, da quando è iniziata questa pandemia, per chiedermi come mi vadano le cose negli Stati Uniti. Vorrei sempre rispondere che la situazione sta migliorando, che la curva del contagio sta finalmente scendendo e che presto si potrà cercare di tornare alla normalità, ma basta una semplice occhiata al sito web della John Hopkins University, che tiene quotidianamente il conto dei casi, per capire che la realtà, in America, è diversa. E molto più nefasta.

S&D

Con un milione e 400mila contagi e più di 84mila morti in solo due mesi dal’inizio dello stato d’emergenza, tutto lascerebbe pensare che il paese abbia bisogno ancora del lockdown e di tutte le restrizioni alle quali ci siamo lentamente abituati, eppure, paradossalmente, negli Stati Uniti sta riaprendo tutto, come se non esistesse più il Coronavirus.

È uno scenario ai limiti del grottesco, dove vediamo, da un lato, la comunità scientifica, persino gli esperti vicini al presidente come l’immunologo Anthony Fauci, affermare che una riapertura troppo anticipata potrebbe avere delle serie conseguenze e causare delle morti totalmente evitabili. Dall’altro lato abbiamo il mondo della politica, capeggiato dal presidente Donald Trump, che spinge inesorabilmente per far ripartire l’economia e riaprire i vari stati che già non hanno ripreso nelle settimane scorse.

Mentre Fauci, di fronte ai membri del Senato, ha affermato che gli Stati Uniti non ha ancora le capacità per affrontare il patogeno adeguatamente – attraverso misure efficaci come il tracciamento dei contatti o la realizzazione di un numero sufficiente di test diagnostici e sierologici – i politici, nella stragrande maggioranza repubblicani, a partire dai governatori di diversi Stati, hanno già riaperto le attività commerciali o riapriranno a breve.

Ciò che spaventa i politici sono i 36 e passa milioni di persone che hanno fatto domanda di disoccupazione nelle ultime otto settimane e un’economia che, parola del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, rischia una prolungata e dolorosa recessione se l’epidemia continuerà. Una cosa mai vista prima in America, nemmeno ai tempi della Grande Depressione del 1929.

Il bello è che nessuno Stato rispetta i criteri imposti dalle autorità di salute per riaprire in sicurezza, visto che i casi di Covid-19 continuano a crescere un po’ ovunque e in alcuni Stati, come nel Michigan, le persone sono scese in strada, persino armate, per chiedere la rimozione delle restrizioni. Addirittura, in Wisconsin, la Corte Suprema dello Stato ha annullato il prolungamento della quarantena, deciso dal governatore democratico Tony Evers.

Mentre molte nazioni hanno ricominciato ad assaporare una normalità solo di fronte a una grande diminuzione dei casi, gli Stati Uniti non sembrano avere la pazienza per aspettare e il presidente Trump già ha esultato, di fronte a una platea di giornalisti della Casa Bianca, per una prematura vittoria sul Coronavirus. Anzi, non soddisfatto, ha affermato che nessuno al mondo ha realizzato tanti test come gli States (cosa vera, ma pur sempre un numero pro capite totalmente insufficiente per una popolazione di 300 milioni), che gli Stati Uniti sono l’unico paese, insieme alla Germania, ad avere la più bassa mortalità ogni 100mila persone (cosa assolutamente falsa) e che è colpa del suo predecessore, Barack Obama, per averlo lasciato con dei test difettosi per un virus che ancora non esisteva. Sì, lo ha detto sul serio.

Dopo aver mentito nuovamente sul fatto che chiunque possa avere un test negli Stati Uniti, la ciliegina sulla torta è stata l’acceso diverbio del presidente con una reporter della CBS di origini asiatiche, Weijia Jiang, alla quale, di fronte a una domanda sul perché Trump stesse facendo a gara con gli altri paesi per chi ha più test, mentre la gente continua a morire, ha risposto: “Forse questa è una domanda che dovresti chiedere alla Cina”.

Sono settimane che Trump accusa la Cina di aver dato origine all’epidemia ed è arrivato persino ad affermare, senza alcuna prova, che il virus sia stato originato (o sia fuoriuscito per errore) da un laboratorio di Wuhan. Il tutto, secondo gli analisti politici, per cercare di deviare l’attenzione sulla sua mala gestione della crisi.

Tornando alla conferenza stampa, messo alle strette da un’altra reporter, improvvisamente, su due piedi, ha preso e se n’è andato via, lasciando i giornalisti senza parole. Se questa conferenza del lunedì serviva per dimostrare che il presidente Trump ha tutto sotto controllo in questa crisi, non ha fatto altro che dimostrare il contrario.

Il problema è che, mentre 100 milioni di americani hanno iniziato a vivere quella che viene denominata “la nuova normalità”, basta accendere la televisione e vedere le spiagge della Florida o farsi un giro per Washington DC, per capire come in molti non portino le mascherine e non rispettino le distanze sociali. In questo circo di menefreghismo e ignoranza collettiva, gli esperti temono che una riapertura del paese potrebbe far ripiombare gli Stati Uniti nella situazione di caos di marzo, con gli ospedali al collasso, e un nuovo picco dei contagi.

I vari modelli sembrano essere finalmente d’accordo nel pronosticare per metà giugno una cifra di 120mila morti negli Stati Uniti, ma con la rimozione del lockdown e la riapertura di ristoranti, palestre, spazi pubblici, negozi, la diffusione del virus potrebbe riprendere con forza, proprio ora che s’inizia a vedere la luce fuori dal tunnel.

Fauci davanti al Senato, dallo studio di casa sua (poiché in auto-quarantena dopo che nella Casa Bianca due persone sono risultate positive) ha avvertito i legislatori che non si avrà un vaccino per la riapertura delle scuole in autunno, che il virus ha iniziato a colpire pure i bambini, causando una strana sindrome infiammatoria, e che si potranno vedere, nei prossimi mesi, degli improvvisi picchi di contagio in giro per il Paese. Una seconda ondata è prevista con l’arrivo del freddo, ma se le persone torneranno alla normalità, ora come ora, la possibilità che uno tsunami di Coronavirus colpisca gli Stati Uniti durante l’estate è un’ipotesi plausibile. Solo se le varie comunità saranno pronte per affrontare il virus, cosa che non sono adesso, allora si potrà impedire al Coronavirus di mietere nuove vittime.

Il Coronavirus influenzerà le elezioni presidenziali

La verità sul perché Donald Trump stia spingendo tanto per la ripartenza del paese, nonostante tutto indichi di fare il contrario, è che a novembre si voterà, probabilmente per posta in molti Stati, e il benessere economico pre-pandemia era il suo trionfante cavallo di battaglia per essere rieletto. Il tycoon di New York vuole che questo benessere ritorni il prima possibile a costo di sacrificare la salute delle persone, pur di far risalire le sue possibilità di vittoria.

Senza l’economia a fargli da sostegno e con una maggioranza della popolazione che lo condanna pesantemente per la sua gestione disastrosa della pandemia, frutto di due mesi di ritardo nell’agire e una continua sottostima del pericolo fino a metà marzo, ci sono serie possibilità che non possa vincere le elezioni alla fine dell’anno.

Se prima del Coronavirus, era quasi sicuro che avrebbe rivinto le elezioni (praticamente a mani di basse di fronte un Partito Democratico incapace di presentare un candidato forte) ora le possibilità del suo rivale, l’ex vicepresidente Joe Biden, sono aumentate e i prossimi mesi saranno cruciali.

Certo, senza una vera e propria campagna elettorale, dovuta al Coronavirus, e con l’ipotesi che nemmeno le Convention nazionali avranno luogo, assisteremo a una corsa presidenziale unica nel suo genere, fra consigli di bere il disinfettante per ammazzare il virus da un podio della Casa Bianca e comizi tenuti dai salotti di casa.

In fondo, mentre i repubblicani temono di perdere pure il Senato per colpa dell’effetto Trump-Coronavirus, negli Stati Uniti sembra proprio che riapriranno tutto, in barba all’epidemia. Perché, va ricordato, che sono i poveri quelli che, alla fine, rischiano, uscendo e andando a lavorare, perché non hanno altra scelta per evitare di morire di fame. Chi ha i soldi, può lavorare da casa, farsi portare la roba da Amazon e dall’USPS (il servizio postale statale che potrebbe andare in bancarotta a breve) e continuare come se niente fosse.

Mentre un’ospedalizzazione, per quanto le cure per il Coronavirus siano gratis, può continuare a costare diverse decine di migliaia di dollari. C’è ancora qualcuno che vuole chiamarlo “sogno americano”?

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