Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 18:46
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

Record di esecuzioni in Arabia Saudita: giustiziate 330 persone soltanto nel 2024

Immagine di copertina

Per l'ong Reprieve si tratta del più alto numero di condanne a morte mai eseguite nel regno in un solo anno. Nel 2022 il principe ereditario Mohammed bin Salman aveva annunciato l'abolizione della pena di morte, fatta eccezione per i casi di omicidio

L’Arabia Saudita ha giustiziato 330 persone quest’anno, il numero più alto da decenni, nonostante l’annuncio, risalente al 2022, del principe ereditario Mohammed bin Salman secondo cui la pena di morte nel regno era stata abolita, fatta eccezione per i casi di omicidio.

L’ultimo bilancio delle esecuzioni avvenute in Arabia Saudita, denunciato dalla organizzazione per la tutela dei diritti umani Reprieve e verificato dall’agenzia di stampa Reuters, racconta di un netto aumento delle persone giustiziate nel regno del Golfo rispetto alle 172 registrate l’anno scorso e alle 196 del 2022.

Si tratta, secondo Reprieve, del più alto numero di esecuzioni mai registrato in Arabia Saudita, che respinge da sempre ogni accusa di violare i diritti umani, affermando che le condanne a morte mirano a proteggere la sicurezza nazionale. Ma secondo il bilancio di Reprieve oltre 150 persone sono state giustiziate quest’anno nel regno del Golfo per crimini non legati ad atti violenti, esecuzioni che per le organizzazioni a difesa dei diritti umani sono “contrarie al diritto internazionale”. Le autorità saudite però ritengono che queste esecuzioni, generalmente effettuate mediante decapitazione con una sciabola, siano compatibili con la Sharia, la legge islamica, e che siano necessarie per “mantenere l’ordine pubblico”.

Queste condanne a morte, secondo l’ong, erano legate principalmente al traffico di stupefacenti di captagon, una sostanza simile all’anfetamina prodotta in Siria sotto il regime del deposto dittatore Bashar al-Assad. Tuttavia, secondo Reprieve, tra i giustiziati figuravano anche persone condannate per attività non violente ma accusate di terrorismo, un capo di imputazione che secondo l’organizzazione per la tutela dei diritti umani viene spesso abusata per colpire chi partecipa alle proteste contro il governo di Riad. Non solo: secondo Reprieve, quest’anno il regno ha eseguito oltre 100 condanne a morte nei confronti di cittadini stranieri provenienti da altri Paesi dell’Asia e dell’Africa.

Ti potrebbe interessare
Esteri / La protesta di Nemo, vincitore dell'Eurovision 2024: "Restituisco il trofeo per la mancata esclusione di Israele"
Esteri / Eileen Higgins è la nuova sindaca di Miami: è la prima volta di una Democratica dal 1997
Esteri / L'Australia è il primo paese al mondo a vietare i social agli under 16
Ti potrebbe interessare
Esteri / La protesta di Nemo, vincitore dell'Eurovision 2024: "Restituisco il trofeo per la mancata esclusione di Israele"
Esteri / Eileen Higgins è la nuova sindaca di Miami: è la prima volta di una Democratica dal 1997
Esteri / L'Australia è il primo paese al mondo a vietare i social agli under 16
Esteri / Elena Basile a TPI: “La guerra ha ridotto l’Europa al vassallaggio. Bisogna rifondare l’Ue”
Esteri / Terre rare e altre materie critiche: la pistola della Cina puntata alla testa degli Stati Uniti
Esteri / Sudan Connection: la geopolitica del massacro tra oro, armi e interessi internazionali
Esteri / L’esperta del Gruppo di Lavoro Onu contro le Sparizioni Forzate Aua Baldé a TPI: “Le vittime registrate in Sudan non sono nemmeno la punta dell’iceberg”
Esteri / Il genocidio in Sudan di cui non parla nessuno
Esteri / La corsa della Cina alla supremazia tecnologica globale
Esteri / Il direttore del programma di Emergency in Sudan, Matteo D’Alonzo, a TPI: “Si combatte di casa in casa, persino tra familiari. E anche con i droni”