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Esclusivo TPI – Sardegna in vendita: così il fondo F2i sta mettendo le mani sugli aeroporti dell’isola

Immagine di copertina
Credit: AP

Prima si è preso l’aeroporto di Olbia. Poi quello di Alghero. E ora punta Cagliari. Così il fondo F2i vuole mettere le mani sui principali scali dell’isola. A scapito del controllo pubblico e della continuità territoriale

Vogliono privatizzare l’aeroporto di Cagliari. Ma dovete immaginare che sarebbe come se qualcuno vi consigliasse di dar via i sedili della vostra macchina. Come se qualcuno vi chiedesse di vendergli la porta della vostra casa. È come se un frammento d’Italia che deve essere collegato per obbligo costituzionale al resto del Paese finisse in una lotteria di mercato in cui (legittimi) interessi privati rischiano di prevalere sulle scelte che sono necessarie per garantire un bene comune.

Ma la prima anomalia di questa vicenda è già nella situazione di partenza: lo scalo di Elmas è gestito da una società pubblica che non ha alcun problema economico, al contrario. Macina utili (15 milioni di euro nel 2022, al netto delle imposte, su 52 di fatturato), è in continua ristrutturazione, è una delle aviostazioni più efficienti fra quelle di pari dimensioni in Italia. Ma se funziona, allora, perché mai dovrebbe essere ceduta? Mistero.

C’è qualcosa di molto istruttivo e interessante nella polemica furibonda che turbina – ormai da anni – intorno al tentativo di incorporazione del primo aeroporto sardo da parte del più grande fondo privato di trasporti. Ora anche la Regione Sardegna, dopo un lungo silenzio, si è messa contro l’operazione che porterebbe alla fusione di Olbia e Alghero e, poi, Cagliari.

Ma è evidente che non siamo all’ultimo capitolo della vicenda, se è vero che questo progetto, fin da quando è diventato noto, ha spaccato in due le istituzioni, i media, gli opinionisti, i cittadini, e si presenta come una cruciale “sliding door” nella storia delle infrastrutture in Italia: o è l’ultima operazione thatcheriana del Novecento (fuori tempo massimo) o è la prima del terzo millennio.

Un problema di opportunità
Intendiamoci, non è una questione di principio, un’ideologica guerra di religione che vogliamo raccontarvi, ma un più semplice problema di opportunità: nulla impedisce, in linea di principio, che un aeroporto controllato da un ente pubblico passi al privato. È accaduto tante volte, in Italia, e accadrà ancora, per i motivi più disparati e nelle condizioni più diverse.

Ma in una regione che d’estate diventa meta di tutti gli italiani, e in cui – trattandosi di un’isola – non esiste l’alternativa di collegamenti via terra, il principio della “continuità territoriale” (da poco riconosciuto anche nella nostra Carta fondamentale) non può essere un’idea astratta, ma un diritto che va garantito a tutti i cittadini, non solo ai residenti. Ma, soprattutto: in una regione in cui ci sono tre aeroporti, e due di questi sono già privati, che lo diventi anche il terzo non è indifferente.

Infine: se a proporsi come soggetto che promuova la fusione è lo stesso investitore che già possiede gli altri due scali, è evidente che al tema del rapporto pubblico/privato se ne aggiungono altri tre, ancora più delicati: quello del monopolio, quello del potenziale conflitto di interessi, quello della gara pubblica che viene evitata con una procedura di fusione societaria. Procedura in sé assolutamente legittima, ma che desta diversi motivi di perplessità.

Perché è evidente che ogni scelta fatta dal controllore, se questo soggetto diventasse lo stesso per tutte e tre gli aeroporti, potrebbe privilegiare gli interessi di territori diversi, spesso in conflitto tra di loro, diventando ago della bilancia nella scelta di bisogni primari che non seguono logiche di mercato.

Anche perché da sempre la Sardegna vive il paradosso della stagionalità: pochi voli durante l’inverno, quasi tutti per servire i residenti (a tariffa suggerita di 70 euro, con poco margine di profitto) tantissimi (e spesso persino insufficienti) d’estate, con prezzi che – come vedremo tra breve – vanno frequentemente fuori controllo.

Ma siccome proprio in queste ore il dossier della proposta di fusione di Olbia e Alghero è finito anche sul tavolo del governo, è evidente che l’esito finale con cui si chiuderà la partita a Cagliari – qualunque esso sia – rischia di diventare il modello di una nuova stagione della politica nazionale: un grande esperimento di laboratorio macroeconomico che, se si realizza in Sardegna, fornirà uno spartito per tutto il Paese, inaugurando una nuova stagione. 

Piccoli colossi in azione
Nella guerra di religione che si è accesa, un gruppo privato, che si chiama F2i-Ligantia, possiede lo strategico scalo di Olbia (costruito dal principe Aga Khan negli anni Settanta per collegare la Costa Smeralda al mondo) e ha successivamente acquisito anche quello di Sassari, che collega la seconda città (per abitanti) della Sardegna. Ma insieme a Sassari, fino ad oggi, connette tutta la parte nord-occidentale della regione.

Pochi mesi fa, dopo diverse indiscrezioni, F2i-Ligantia ha rivelato ufficialmente l’intenzione di voler incorporare in una nuova società anche l’aeroporto di Cagliari per poter coordinare in modo più efficiente e sinergico tutti gli accessi aerei all’isola. 

Ma cos’è, e come si è strutturato questo piccolo colosso? Si tratta di un società che ha un pacchetto di soci molto ramificato (vedi il grafico) ma una governance che è rimasta sempre salda, malgrado ogni aumento dei soci. Della holding oggi fanno parte fondi pensione, fondazioni bancarie, persino (per una quota minoritaria) società che fanno capo a Cassa Depositi e Prestiti.

La vera scalata inizia nel 2016, quando F2i entra nel capitale della SogeAl (la società di gestione dell’aeroporto di Alghero, da anni in difficoltà) e poi la assorbe. Nel 2021/22 questa società acquisisce la quota di controllo Geasar (società di gestione dell’aeroporto di Olbia), che a sua volta  deteneva uno 0,26% di Sogaer (società di gestione di Cagliari). Il nuovo soggetto a questo punto completa l’acquisizione dell’aeroporto di Alghero e immagina lo stesso percorso per Cagliari. 

La governance del nuovo colosso ovviamente resta privata, mentre anche il rapporto con Alghero/Fertilia non è privo di problemi: Fertilia ha da poco perso il contratto con Ryanair, ha vissuto anni di problemi economici, e rischia essere “assorbito” dal “fratello maggiore” quando sarà completata la nuova Olbia-Sassari. È anche per questo motivo che il dibattito si accende subito quando il gruppo annuncia la volontà di creare una new-co con Sogaer, la società che gestisce lo scalo di Cagliari e i suoi dirigenti annunciano di essere d’accordo. 

Sogaer, è posseduta al 94% dalla Camera di Commercio di Cagliari-Oristano, con in più partecipazioni di Comuni e Regione e altre frattaglie. Ma appena la proposta diventa pubblica si  crea un problema, perché, contro il parere opposto delle autorità regionali, il presidente della Camera di Commercio di Cagliari, l’ingegner Maurizio De Pascale, si rivela uno dei più entusiasti  sostenitori del progetto di “cessione” dell’aeroporto ad un nuovo soggetto con F2i-Ligantia.

Sponsor e oppositori
All’inizio sembra che tutto vada liscio per chi ha immaginato il colpo: malgrado le perplessità di molti azionisti, il percorso immaginato per chiudere l’operazione non incontra ostacoli, e trova un grande sponsor ne La Nuova Sardegna, il secondo quotidiano dell’isola, partecipato proprio da De Pascale e da altri azionisti di F2i. Per diluire l’impatto mediatico del cambio di mano, F2i propone, come dicevamo, questo percorso: non una formale acquisizione, ma la costituzione di una new-co, all’interno della quale secondo gli acquirenti dovrebbero confluire i tre aeroporti sardi.

Formalmente Sogaer sarebbe rappresentata al 40%, secondo il piano, ma basterebbe un aumento di capitale per rovesciare i rapporti di forza. Così il controllo resterebbe saldo nelle mani di F2i, che oggi è uno dei più importanti fondi infrastrutturali italiani e addirittura uno dei più ricchi in tutto il Vecchio Continente.

È già a capo, infatti, di una rete che è in entrambi gli scali di Milano, e poi di Napoli, Torino, Bologna, Alghero, Olbia, Bergamo, Trieste. Un impero: calcolando i volumi di traffico, si scopre che già oggi un terzo di tutti i viaggiatori degli aeroporti italiani (e oltre a più della metà del traffico cargo nazionale) passa per aviostazioni che fanno capo, in un modo o in un altro, a controllate del gruppo. Anche perché l’appetito, si sa, vien mangiando. Così F2i, oggi vuole sommare al suo impero i 4,4 milioni di passeggeri che passano per Elmas. 

A rompere le uova nel paniere di un piano che sembrava perfetto sono stati i pareri negativi e i dubbi di diversi professori di diritto (tra cui il professor Romano Vaccarella, ex giudice della Corte costituzionale), l’opposizione motivata del presidente dell’Anac Pierluigi Di Palma, il no di Confcommercio Sud Sardegna e del suo presidente Alberto Bertolotti, di Federalberghi, la campagna contraria di Sinistra Italiana e del suo leader Nicola Fratoianni, il pronunciamento negativo de l’Unione Sarda (il primo quotidiano dell’isola), lo scetticismo di Matteo Salvini, il dissenso crescente nell’opinione pubblica, gli ultimissimi dubbi sulla fretta nel closing, espressi dal presidente della regione Christian Solinas. Ed in fondo sono gli stessi motivi per cui, secondo TPI, ai cittadini italiani converrebbe che la Sardegna mantenesse il controllo delle porte di casa sua.

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