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Home » Cronaca

Laterza città aperta: ecco il paese dove tutti sono i benvenuti

Immagine di copertina
Credit: Infopoint - Muma Laterza

Il Comune pugliese ha riconosciuto la cittadinanza onoraria a tutti i minori figli di immigrati, purché nati in Italia o iscritti all’anagrafe. Con una delibera approvata all’unanimità, anche con i voti del partito di Giorgia Meloni

A Laterza, in provincia di Taranto, tutti i bambini dai 0 ai 18 anni figli di stranieri sono cittadini onorari. Trentatré bambini sono quindi, simbolicamente, cittadini italiani, e il numero è provvisorio, perché la cittadinanza sarà estesa anche ai figli che verranno. Tutto ciò grazie a una delibera che recita così: «I bambini e le bambine di origine straniera, nati e cresciuti in Italia sono il nostro presente e il nostro futuro. Pur privi di cittadinanza italiana, questi bambini e queste bambine frequentano le nostre scuole, parlano la nostra lingua, conoscono la nostra storia, partecipano alle attività sociali, ricreative e sportive presenti nel nostro territorio. Sono cittadini italiani e laertini di fatto e, come segno di riconoscimento del loro valore per la nostra comunità noi conferiamo loro questa importante onorificenza altamente simbolica».

S&D

La delibera comunale n. 18 del 27 aprile 2023, proposta dalla consigliera Angela Masi, è stata votata all’unanimità. Anche da Fratelli d’Italia, il cui pensiero sull’argomento è stato ben sintetizzato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida nel suo discorso sulla «etnia» da salvaguardare dalla «sostituzione».

Nessuno sbaglio
Agostino Perrone, consigliere di minoranza FdI, ha voluto che si formasse una commissione apposta per decidere i criteri con cui andava assegnata la cittadinanza e poi ha votato con serenità. «Qualcuno si è lamentato, ma per me i bambini sono tutti uguali», spiega a TPI. «Non ho ricevuto chiamate dal partito, so che hanno una linea diversa da questa sulla cittadinanza, ma io devo guardare al bene del Comune dove sono stato eletto. Anche se è il primo partito d’Italia, non mi interessa. Posso anche essere nell’ultimo partito, ma devo votare serenamente e con onestà».

La delibera comunque non è arrivata in un momento casuale. Come spiega la consigliera con delega a Integrazione dei popoli e Pari opportunità, Angela Masi: «È evidente che la legge 91 del 1992 non è più adeguata ai bisogni del Paese e dei suoi nuovi cittadini. In questo momento ci sono circa un milione di giovani di origine straniera nati in Italia o arrivati da bambini, che aspettano venga riconosciuto loro il diritto di essere italiane ed italiani. Ce lo impongono i dati allarmanti pubblicati recentemente dall’Istat sull’indice di natalità. Abbiamo bisogno di dare certezze e una prospettiva di vita alle centinaia di migliaia di persone che vivono invece nella precarietà, e la precarietà, lo sappiamo ostacola integrazione, le libertà e la dignità delle persone».

Non è un’iniziativa nuova. Già l’Unicef nel 2012/13 aveva lanciato “Città amica dei bambini”, invitando i Comuni italiani, anche col sostegno della presidenza della Repubblica, a conferire la cittadinanza ai bambini e alle bambine figli/e di stranieri/e. Un’iniziativa finalizzata all’approvazione della proposta di legge popolare (approdata in Parlamento poi nel 2015), su sollecitazione e iniziativa di associazioni e soggetti della società civile che all’epoca raccolsero oltre 200mila firme.

Con lo stesso spirito il sindaco della coalizione di centro-sinistra Francesco Frigiola ha fatto sua questa proposta. «È un atto di giustizia sociale, un segnale per dire alla Puglia ma anche all’Italia: “Muoviamoci”», ha spiegato a TPI. «La mia amministrazione vede Laterza come città accogliente ed inclusiva. Fa male vedere ragazzi di 16 o 17 anni, che parlano dialetto e vivono le tradizioni di Laterza come laertini, ma vengono trattati da ospiti. Quando do la cittadinanza a chi diventa italiano, regalo la bandiera e la Costituzione, e i bambini si stringono al tricolore, e le famiglie piangono: è incredibile che persone che sentono così forte l’appartenenza a una nazione non ne siano parte». Per il sindaco Frigiola la cittadinanza onoraria «non è una provocazione, ma l’acquisizione di un dato di fatto. Possibile che uno dopo 17 anni sia straniero nel paese dov’è nato?».

Un esempio per tutti
Date queste premesse e per non abbassare la guardia su un tema così importante, il Comune di Laterza ha deciso di riprendere l’iniziativa di Unicef ed essere esempio per gli altri comuni. «Il fatto che sia naufragato anche il tentativo di riforma del 2022 che, anche se incompleto, apriva allo Jus Culturae e quindi alla cittadinanza già a partire dal compimento del dodicesimo anno di età e a ciclo di studi terminato, e considerate le posizioni di chiusura e disinteresse rispetto alla questione del governo, dobbiamo dire la nostra in qualità di amministrazioni locali».

«È una legge che nasce già vecchia», spiega Masi. «La norma del 1992 guardava più alla possibilità di riconoscere a chi aveva parenti italiani la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana, nella speranza che un giorno potessero tornare in patria. Se un cittadino straniero nasce in Italia, deve aspettare i 18 anni prima di poter richiedere la cittadinanza. Non basta crescere qui, frequentare le scuole, coltivare amicizie e affetti e parlare e scrivere italiano». «Già a partire dagli anni ’80», continua la consigliera, «i dati statistici e demografici hanno cominciato a registrare un saldo negativo tra chi emigrava e chi immigrava. Nel 1991, qualche mese prima che fosse approvata l’attuale legge sulla cittadinanza, la nave Vlora arrivata nel porto di Bari ci stava dicendo che qualcosa stava per cambiare, ma i politici non se ne preoccuparono».

D’altronde, se per molte questioni funziona la frase “ce lo chiede l’Europa”, si consideri che nella Convenzione Europea sulla nazionalità del 1997 è previsto che «ciascuno Stato faciliti l’acquisizione della cittadinanza per le persone nate sul territorio e ivi domiciliate legalmente e abitualmente». «Magari gli altri governi hanno fallito, ma ci hanno provato», prosegue Masi. «Questa legislatura non vuole occuparsene, la questione non rientra proprio nei programmi». Invece dovrebbe, anche perché il cambiamento è già in atto da tempo, la società civile disegna una realtà diversa dall’emergenza rispetto alla quale dovremmo essere preoccupati per la perdita della cultura italiana.

Questione strutturale
«La delibera», spiega ancora la consigliera, «nasce da un presupposto fondamentale: l’immigrazione in Italia è strutturale. Siamo alla terza generazione di migranti. Come possono ancora essere un problema un milione e 300mila persone che non sono italiane giuridicamente e sono trattate come straniere? Quanto è lontano da noi il pensiero che chi ha la pelle nera o gli occhi a mandorla possa essere italiano? È uno scoglio enorme ma bisogna superarlo. A partire, per esempio, dalla scuola e dalle aree più interne e più periferiche del Paese, attraverso i fondi del Pnrr. Che diventi consuetudine nelle scuole il menu personalizzato per i bambini e le bambine di fede diversa e l’alternativa all’insegnamento della religione cattolica. Si parta dal riconoscimento dei diritti, è un compito che spetta a noi, alla politica e alle sue istituzioni».

E chiude con una considerazione: «Khaby Lame era un figlio di stranieri, arrivato in Italia piccolissimo, con regolare permesso di soggiorno. Quando la sua ironia lo ha reso uno dei più famosi TikToker al Mondo, gli si è concessa la cittadinanza italiana, sostanzialmente deridendo le centinaia di migliaia di persone che sono nella stessa condizione e che, però, non sono famosi e non servono alla spettacolarizzazione del Paese. Loro invece devono attendere che la burocrazia faccia il proprio corso».

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