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Michela Murgia: “Vi presento la mia famiglia queer, con un governo fascista raccontarla è una necessità”

Immagine di copertina

Michela Murgia: “Vi presento la mia famiglia queer”

Dopo aver rivelato di avere un tumore al quarto stadio e di aver “comprato una casa con dieci posti letto, dove stare tutti insieme”, Michela Murgia presenta sui social la sua famiglia queer.

In un lungo post sul suo profilo Instagram, infatti, l’autrice ha scritto: “La parola più queer che esista in sardo è ‘Sto arrivando! sposa/su sposu’. Letteralmente significa ‘fidanzata/fidanzato’, ma nell’uso comune è piegata di continuo a rapporti con col fidanzamento non hanno nulla a che fare, così come col genere o con l’età”.

“I padri e le madri chiamano così i figli, che la usano a vicenda e verso i genitori. I nonni e le nonne ci chiamano tutto il nipotame. Gli amici e le amiche si apostrofano in quel modo tra loro anche scherzosamente in forma tronca: ‘sa spò/ su spò’. Mia zia e mia nonna mi hanno chiamata più così che col mio nome e mio fratello mi risponde al telefono tutt’ora in quel modo”.

“È come se l’intera isola tutti i giorni tenesse insieme i ruoli attraverso la categoria del fidanzamento e a pensarci bene è curioso, perché è una categoria incompiuta (una promessa) e non rappresenta alcun titolo familiare. Sposa e sposo sono parole che indicano l’elezione affettiva, non un ruolo ” scrive ancora Michela Murgia.

La scrittrice continua: “Lo scopo del fidanzamento è conoscersi e piacersi al punto da farsi balenare la felicità a vicenda e mi pare una postura sentimentale molto bella da esercitare. Nella queer family che vivo non c’è nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni”.

“Dopo lo sconcerto dei non sardi, ha vinto l’evidenza: l’elezione amorosa va mantenuta primaria, perché nella famiglia cosiddetta tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti meglio mai. Usare categorie del linguaggio alternative permette inclusione, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire”.

“Nelle foto, esempi di sposa e sposo stabili della mia vita. Sono personali, certo, ma non vogliamo siano più private. La queerness familiare è una cosa che esiste e raccontarla è una necessità sempre più politica, con un governo fascista che per le famiglie non riconosce altro modello che il suo” conclude la scrittrice.

 

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Un post condiviso da Michela Murgia (@michimurgia)

Nella queer family di Michela Murgia, oltre al futuro marito Lorenzo Terenzi, ci sono il cantante lirico Francesco Leone, l’attivista Michele Anghileri e tante donne a lei molto legate, come le scrittrici Chiara Valerio e Chiara Tagliaferri.

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