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La protesta dei ristoratori a Brescia: “Aumentate i controlli, ma lasciate aprire chi può farlo in sicurezza”

Immagine di copertina
Brescia, piazza Del Duomo, protesta dei ristoratori dell’associazione A.r.t.ho.b. Foto ©Stefano Nicoli

Un tavolo per quattro apparecchiato di tutto punto per una cena elegante. Ma nei piatti, al posto delle portate, solo lucchetti con la chiave inserita a rappresentare la morsa in cui è stretto l’intero settore. È il simbolo scelto dai ristoratori bresciani, che oggi, venerdì 15 gennaio 2021, hanno manifestato pacificamente in piazza Paolo VI, in centro città, per protestare contro la crisi del comparto innescata dal prolungamento delle misure restrittive.

In circa duecento si sono radunati all’aperto, a distanza di sicurezza, attorno all’unico tavolo senza commensali, per chiedere di “tornare subito a lavorare, perché le condizioni ci sono e i ristoranti sono ormai allo stremo”. “È in gioco un giro economico di milioni di milioni di euro nella sola provincia di Brescia: non possiamo restare in silenzio”, dicono.

A organizzare il presidio è stata l’associazione Ristoranti, Trattorie, Hostarie Bresciane (A.R.T.Ho.B.), che conta 350 membri, con l’appoggio di altre dieci associazioni del territorio, in contrapposizione dichiarata all’iniziativa #ioapro in corso oggi in tutta Italia.

Un’ondata diffusasi nei giorni scorsi tramite i vari gruppi Telegram. “Noi vogliamo farci sentire, ma nel rispetto della legalità”, ha spiegato la presidente di A.R.T.Ho.B. Emanuela Rovelli. “Il nostro settore sta subendo perdite fino al 50% e in cambio abbiamo ricevuto sussidi che non bastano a coprire neanche i costi fissi. Vogliamo però trovare una soluzione in accordo con le istituzioni, senza far rischiare sanzioni ai nostri associati o mettere a repentaglio la salute dei nostri clienti. Le condizioni per riaprire ci sono, ma dobbiamo arrivarci insieme”.

Brescia, piazza Del Duomo, protesta dei ristoratori dell’associazione A.r.t.ho.b. Foto ©Stefano Nicoli

Oltre a ristoratori e baristi, si sono presentati al presidio anche produttori, fornitori, cuochi e tutti gli attori dell’indotto del settore, che al pari dei titolari dei locali stanno subendo gli effetti delle chiusure prolungate, delle aperture a singhiozzo, dei ristori che tardano ad arrivare e comunque insufficienti.

“Noi delle lavanderie industriali abbiamo perso circa il 65% del fatturato rispetto al 2019, cioè 396 milioni di euro”, dice Simona Pisacane, titolare con il padre e il fratello di due aziende a Flero, nel Bresciano, e a Bergamo, nonché consigliera di Assosistema per la sezione Turismo.

Brescia, piazza Del Duomo, protesta dei ristoratori dell’associazione A.r.t.ho.b. Foto ©Stefano Nicoli

“Per me la perdita sale al 70%: Abbiamo ricevuto i contributi a fondo perduto, ma con ventimila euro non risolvi nulla se hai 60 dipendenti. Oggi dobbiamo fare i conti con costi triplicati rispetto al fatturato, tanto che stiamo iniziando a indebitarci. Il 2020 è stato l’anno in cui un’impresa di famiglia solida come la nostra è entrata in crisi, e oggi continuiamo a essere dominati dall’incertezza con regole che cambiano ogni due giorni”.

Ed è proprio questo senso di indefinitezza senza fine che pesa a tutti, più di ogni provvedimento. Lo ribadiscono i cuochi per bocca di Luca Venturelli, presidente dell’Associazione Bresciana Cuochi, che nelle zone dei laghi hanno vissuto una buona stagione estiva per poi ritrovarsi di nuovo immobili, ma anche tutti gli albergatori e i ristoratori della Valle Camonica, che con il nuovo Dpcm in arrivo vedono sfumare l’intera stagione sciistica, pilastro dell’economia locale.

“Il punto è che viviamo giorno per giorno, in attesa di capire cosa accadrà domani”, commenta Davide Tomagra, titolare della birreria Scuderia. “Tutti questi Dpcm stanno creando confusione continua. C’è anche un problema di controlli: andrebbero aumentati e resi anche più severi per non bloccare indiscriminatamente chi è in grado di gestire le riaperture in modo responsabile. Io ho aperto il mio locale solo un anno fa e oggi mi trovo particolarmente in difficoltà: ma vanno trovate altre strade prima dell’estate, o non so quanti di noi ce la faranno”.

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