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Home » Cronaca

Firenze, arrestato il capo di una setta satanica: accuse di riduzione in schiavitù, violenza sessuale e pornografia minorile

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Uno studente di 23 anni fingeva di essere il diavolo e costringeva gli adepti a subire atti sessuali

Firenze, arrestato capo di una setta satanica

Arrestato il capo di una setta satanica. La Squadra Mobile di Firenze e il Servizio Centrale Operativo della Direzione anticrimine della polizia di Roma oggi, mercoledì 3 giugno 2020, hanno eseguito un’ordinanza per arresti domiciliari nei confronti di un ragazzo di 23 anni ritenuto a capo di una setta e gravemente indiziata di riduzione o mantenimento in schiavitù, violenza sessuale e pornografia minorile nei confronti di più persone. L’ordinanza è stata emessa dal gip di Firenze, su richiesta della procura del capoluogo toscano.

13 episodi di violenza sessuale: lo stupro per liberare i demoni

Il 23enne, uno studente residente in provincia di Prato, si sarebbe messo a capo della setta fingendo di essere il diavolo. A quanto emerso, il giovane era stato già perquisito lo scorso febbraio e dovrà rispondere ora di ben 13 episodi di violenza sessuale. Per l’accusa, avrebbe costretto gli adepti, anche minorenni, a subire atti sessuali dopo un ‘patto col diavolo’.

Il giovane avrebbe convinto gli appartenenti alla setta di avere poteri soprannaturali e di averli scelti per salvare il mondo. Per convincere gli adepti della sua superiorità e metterli in uno stato di soggezione psicologica così da abusarne, il capo della setta avrebbe anche elaborato un rituale di resurrezione: inscenava uno strangolamento da parte di un complice e dopo si rialzava, fingendo di rimettersi a posto il collo. Secondo la sua dottrina, gli atti sessuali erano necessari a liberare i demoni.

Il provvedimento eseguito oggi dalla Polizia di Stato, raccoglie l’esito delle articolate indagini iniziate nell’aprile del 2019 a seguito della segnalazione da parte della madre di due ragazzi. L’inchiesta è stata coordinata dal Sostituto Procuratore Angela Pietroiusti. Gli inquirenti hanno assunto informazioni dalle vittime ed eseguito complessi accertamenti tecnici sul traffico telefonico e sui profili social dell’indagato.

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