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Home » Cronaca

Profumi, regali, soldi ad Alessia Pifferi in carcere per aver lasciato morire la figlia Diana: “È spaurita”

Immagine di copertina
Alessia Pifferi e la figlia Diana

All'avvocata della donna arrestata lo scorso 21 luglio per aver lasciato sola in casa per sei giorni la figlia di 18 mesi stanno arrivando regali di ogni genere da portare al carcere San Vittore

Profumi, creme per il corpo, libri, soldi. Sono solo alcuni dei regali destinati ad Alessia Pifferi, la madre arrestata il 21 luglio scorso e accusata di omicidio volontario per avere lasciato la sua bambina di 18 mesi, Diana, a casa da sola per sei giorni con solo un biberon di latte. La piccola è morta di stenti nella loro casa di Ponte Lambro a Milano.

S&D

I doni per la donna 37enne, che ora si trova nel carcere San Vittore, sono stati recapitati allo studio legale di Solange Marchignoli, l’avvocata che la difende. Dai prodotti per la cura del corpo ai libri sul pensiero positivo fino a vestiti, biancheria e soldi da spendere in carcere (secondo le procedure), bonificati sul conto corrente apposito e con il nome del beneficiario indicato: Alessia Pifferi. Sono regali che arrivano dopo le apparizioni televisive degli avvocati che hanno parlato delle condizioni difficili in cui si trova la donna, sia da un punto di vista della cura personale (da qui i doni in prodotti cosmetici), sia psicologico. “Voglio dare una mano anche io – si legge in uno dei messaggi arrivati allo studio legale riportato da Repubblica – non inviando soldi (non mi sembra il caso) ma magari qualcosa che può aiutarla nel quotidiano: una piccola coccola a questa donna confusa e spaurita“.

Sarà l’avvocata Solange Marchignoli a consegnare in carcere i regali alla sua assistita. “Per quanto mi riguarda, non c’è una causa più urgente né più giusta del proteggere Alessia da questa medioevale caccia alle streghe – dice la legale di Pifferi -. Ha bisogno di aiuto, questo è indubbio. E non mi troverà sorda al suo appello, mai”.

A parlare con Alessia Pifferi in carcere era stata anche Sara Ben Salha, la 20enne finita per qualche giorno al San Vittore in seguito alla faida dei trapper, che aveva sottolineato le sue condizioni psicologiche: “Non nega assolutamente le sue colpe, soffre molto. L’ho sentita piangere tutto il giorno, sdraiata in silenzio a guardare il soffitto. Non è un mostro ed è sola al mondo, la famiglia le ha voltato le spalle, il compagno è sparito, le altre detenute la odiano”.

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