Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 08:00
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Di Battista
Immagine autore
Guida Bardi
Home » News

Manovra: Parlamento vilipeso dal Governo? Una pratica che viene da lontano, da Berlusconi a Renzi

Immagine di copertina

Anche sulla legge di Bilancio l'esecutivo M5S-Lega procede a colpi di questioni fiducia. Ma chi oggi grida dagli scranni delle opposizioni dovrebbe fare un esercizio di memoria per ricordare a se stesso come, dove, quando e chi ha iniziato e continuato su questo percorso in discesa

Diciamoci la verità: il Parlamento sta stretto a tutti i governi. O almeno a tutti i governi dall’era Berlusconi in poi. Il punto è che ogni esecutivo spinge l’asticella un po’ più in là togliendo alle aule parlamentari un altro pezzetto di autonomia, di dignità, di ruolo stabilito dalla Costituzione e dal principio di separazione dei poteri che è il cardine di una democrazia.

I decreti di Berlusconi

Chi ha passato i 30 anni ricorderà gli attacchi ai governi Berlusconi per l’uso eccessivo dei decreti. Nati per essere usati in casi gravi e di emergenza, i decreti trasferiscono una parte del potere legislativo dal Parlamento al Governo per eventi, appunto, eccezionali. Berlusconi ne fece strumento frequente del suo governo.

Fare le leggi spetterebbe al Parlamento (sempre secondo la Costituzione), ma nei 42 mesi del suo ultimo governo il Cavaliere ha emanato 80 decreti: 1,9 al mese, pari al 25,45 per cento del totale delle leggi approvate durante lo stesso periodo. Peggio di lui solo Letta, che in appena 10 mesi di premierato ha firmato 25 decreti: 2,5 al mese, ovvero il 61,11 per cento di tutti i testi diventati leggi sotto il suo governo.

Un po’ meglio Renzi, che in 32 mesi da premier ha varato, sì, 54 decreti (1,69 al mese) ma per un totale del 19,3 per cento di tutte le leggi approvate dalla sua maggioranza parlamentare.

La fiducia di Renzi

A Renzi, però, piaceva di più un altro strumento che di fatto limita il dibattito parlamentare e la possibilità di deputati e senatori di presentare emendamenti, modificare un testo e, quindi, di svolgere il loro ruolo costituzionale: il voto di fiducia. L’ex sindaco di Firenze ha posto la fiducia sul 26,72 per cento delle leggi approvate dal Parlamento durante il suo governo.

Anche in quel caso le critiche e le accuse di “antidemocrazia” non mancarono. Il suo successore, Gentiloni (sempre PD), l’ha usato il 32,99 per cento delle volte. Berlusconi, nell’ultimo mandato, vi fece ricorso solo per 16,42 per cento.

Il record Conte

Ogni governo, si diceva, spinge il limite un po’ più in là. Ed è ciò che sta facendo anche quello in carica, formato proprio da due delle forze politiche che più di tutti accusavano Renzi di eccessivo ricorso alla fiducia, M5S in primis. In appena 7 mesi di vita, infatti, l’esecutivo guidato da Conte, ha usato la fiducia per ben il 31,58 per cento delle volte. Fate voi le dovute proporzioni.

Vale la pena ricordare che impedendo al Parlamento di discutere e dibattere non si fa un torto solo alle opposizioni, ma anche a deputati e senatori della maggioranza, il cui ruolo si riduce a dire “sì”.

Ha ragione, dunque, chi urla al vilipendio del Parlamento per come si è evoluta la questione della legge di Bilancio? Chi parla di dignità parlamentare umiliata? Di dittatura della maggioranza? Probabilmente sì, ma bisognerebbe che chi oggi grida dagli scranni delle opposizioni (tutte) facesse un esercizio di memoria per ricordare a se stesso come, dove, quando e chi ha iniziato e continuato su questo percorso in discesa.

Il popolo sovrano?

Discesa che va di pari passo con la malsana abitudine di prendersela con gli elettori ogni qual volta votano in maniera difforme da ciò che i leader si aspettano. Anche questa, abitudine consolidata nella Seconda Repubblica, quella che ha puntato tutto sul personalismo dei leader, appunto, e poco, molto poco, su programmi e idee di Paese.

Se è vero che “la sovranità appartiene al popolo” (lo dice sempre lei, la Costituzione, e non ha niente a che fare con i concetti di “populismo” e “sovranismo”, checché ne dica l’avvocato Conte), e che tutti si ergono a interpreti e tutori del “popolo” stesso, è altrettanto vero che questa tutela può facilmente venir meno. Il popolo va bene e serve a giustificare tutto quello che si fa, fino a quando quello stesso popolo non vota l’avversario.

Gli insulti agli elettori

Dagli elettori “coglioni” della sinistra (Berlusconi dixit, aprile 2006) a quelli che avrebbero dovuto essere “ricoverati per infermità mentale” perché non votavano il suo candidato a Palermo (sempre Berlusconi, maggio 2007), passando per i “serial killer” perché favorevoli al referendum costituzionale (Beppe Grillo, novembre 2016), e quelli che si meritavano un #ciaone per aver perso il referendum sulle trivelle (Ernesto Carbone, aprile 2016), ai mille volte citati “gufi” di Renzi colpevoli di criticare l’azione del suo governo perfino dalla sua base, per finire (solo per questioni di spazio) ai “rincoglioniti” rivolto da Di Battista a chi non avrebbe votato il M5S.

Oggi il mantra è “pidioti”, che sarebbero tutti coloro che criticano il governo giallo-verde, a prescindere che siano o no iscritti al Pd. Che poi, se tutti quelli che si beccano del “pidiota” fossero tesserati o elettori del Partito democratico, le sue percentuali sarebbero decisamente più alte del triste 18 per cento racimolato alle ultime politiche. Ma sono dettagli. Insomma, la sovranità appartiene al popolo tranne se vota gli avversari. Un po’ come il Parlamento: va bene, finché non pretende di fare quello che deve, cioè controllare il governo e legiferare.

Ti potrebbe interessare
News / Un servizio per chi è solo a Natale: dal 24 al 26 dicembre chiama Telefono Amico
Esteri / Bernie Madoff e lo schema Ponzi: muore a 82 anni il più grande truffatore della storia americana
News / L’italiana Alessandra Galloni sarà la prima donna a dirigere l’agenzia Reuters in 170 anni di storia
Ti potrebbe interessare
News / Un servizio per chi è solo a Natale: dal 24 al 26 dicembre chiama Telefono Amico
Esteri / Bernie Madoff e lo schema Ponzi: muore a 82 anni il più grande truffatore della storia americana
News / L’italiana Alessandra Galloni sarà la prima donna a dirigere l’agenzia Reuters in 170 anni di storia
Economia / I giovani lanciano gli Stati Generazionali: “Diamo voce a chi voce non ha”
News / In difesa dello “stupratore razzista Montanelli” (di Luca Telese)
News / Dillo con una poesia: oggi è la Giornata Mondiale della Poesia e questi versi vi faranno bene all’anima
News / Notizie di oggi: l'agenda quotidiana di TPI
News / Notizie di oggi: l'agenda quotidiana di TPI
News / Notizie di oggi: l'agenda quotidiana di TPI
News / Notizie di oggi: l'agenda quotidiana di TPI