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Home » News

“Ho scelto l’eroina per amore”: la storia di Luca, 14 anni di tossicodipendenza

Immagine di copertina

“Ho cominciato a farmi di eroina a 17 anni, per ‘colpa’ di una ragazza più grande di me. Ero innamorato di lei, mi sono lasciato trasportare, ma fui proprio io a chiederle di iniziarmi alla droga. Mi piacque quasi subito, sì, subito. Lei era solita mettere insieme la cocaina insieme all’eroina, il cosiddetto speedball”. 

S&D

Questa è la storia di Luca, romano. A TPI ha raccontato dei percorsi e dei tanti drammatici eventi vissuti dopo essere entrato nel mondo della droga, dell’eroina sparata in vena o fumata. Dei giorni consumati a cercarne sempre di più, “con un unico chiodo fisso: farsi, bucarsi”.

La modalità del consumo di eroina è cambiata negli anni, passando da una somministrazione prevalentemente per via endovenosa negli anni Ottanta e Novanta, a un consumo inalatorio. Ma l’eroina non è mai scomparsa.

“Nel 2003 mezzo grammo costava 50 euro. Oggi è facile trovarla a meno, ad esempio nelle estreme periferie di Roma, come Tor Bella Monaca. Lì si trova anche 20 euro”. 

Com’è oggi Tor Bella Monaca?

Lì è proprio un’organizzazione criminale: ci sono i pali, c’è chi la vende, lavorano 24 ore su 24, è come un negozio.

Parlavi di un chiodo fisso, come si arriva a questo punto?

Inizialmente avevo paura anche solo di fare un prelievo, cominciando a usare cocaina ed eroina in vena ho provato piacere nel farmi delle iniezioni da solo, quindi quando non avevo a disposizione la droga, è successo anche che mi sono iniettato degli psicofarmaci, è come se ci fosse una voglia irrefrenabile di farsi dei buchi.

Quando la mattina mi svegliavo avevo bisogno di farmi immediatamente, per alzarmi dal letto. Infatti la sera prima di andare a dormire dovevo lasciarmi qualcosa per la mattina seguente, per affrontare la giornata. È capitato che ho rubato anche a casa, oro, soldi, pur di procurarmela: non mi bastava più.

La tua famiglia?

A un certo punto i miei genitori si erano davvero stufati: ero diventato intrattabile, ingestibile. Provando ad aiutarmi, facendomi vivere il peggio, mi hanno lasciato in mezzo alla strada. Ma non è servito. 

C’è stato un momento in cui hai pensato davvero fosse finita?

Sono finito in ospedale molte volte, soprattutto quando all’eroina associavo degli psicofarmaci, chiamati Rivotril, che amplificavano l’effetto dell’eroina, quasi sempre andavo in overdose.

Ma la paura vera l’ho provata con la cocaina, quando le dosi erano eccessive, lì stavo per andarmene perché il cuore pompava a duemila, lì mi sono detto “ecco, sto per morire”.

Quando è arrivata la svolta?

Due anni e mezzo fa: mi sono guardato allo specchio e mi sono detto “non posso andare avanti così”. Ero molto magro, avevo perso l’interesse per la musica, per la vita, non lavoravo, dovevo dare una svolta alla mia vita. Al che pensai di farmi aiutare.

Un grande aiuto l’ho avuto dai ragazzi di villa Maraini che mi hanno agganciato al camper, una struttura mobile dove lavorano persone che forniscono siringhe pulite, che danno sostegno. Lì mi hanno convinto a entrare qui dentro.

Secondo me bisogna toccare il fondo, lo dico un po’ in generale, anche in base alla mia esperienza, per avere una svolta nella vita.

Finché ci sono i genitori che ti aiutano, finché c’è il modo di procurarsela, non c’è motivo di smettere, perché la droga è bella, la droga ti fa stare bene.

Poi però la droga tu presenta il conto dopo, è lì che cominci a pensare di smettere.

L’eroina in Italia

I consumatori di eroina in Italia nel 2016 risultano essere 280mila, contro i 595mila utilizzatori di altre sostanze come ecstasy, LSD, anfetamine. Cifre ben distanti dai 6,2 milioni di consumatori di cannabis e il milione di consumatori di cocaina. I consumatori di eroina nel 2015 erano stati stimati in 205mila.

“Dopo gli anni Settanta, sembrava che il fenomeno dell’eroina fosse in via di esaurimento, perché 1/3 delle persone erano morte, 1/3 se la faceva ancora, 1/3 invecchiava. In questo quadro si è inserita la cocaina come fatto nuovo, molti hanno detto che l’eroina era scomparsa, ma l’eroina non è mai scomparsa”. 

A parlare è Massimo Barra, uno dei massimi esperti mondiali sulle tossicodipendenze, fa parte della Standing Commission IFRC, è stato uno dei primi medici a prendersi cura dei tossicomani in Italia. Nel 1976 ha fondato Villa Maraini a Roma, Fondazione per l’assistenza dei tossicomani che ha diretto per più di 30 anni.

Massimo Barra spiega a TPI: “Se si esagera con l’eccitante, c’è bisogno di un sedativo, l’eroina è il miglior sedativo. Siamo oggi a un punto per cui i ragazzi stanno ricominciando a farsi l’eroina. Partono con tutte le sostanze di più facile uso e consumo (anfetamine, ecstasy, chetamina, funghi, gli eccitanti), poi i più patologici per rientrare in sé hanno bisogno di un antipsicotico. L’effetto dipende dal cervello e dal contesto”, spiega Barra.

“Oggi assistiamo ad una ripresa dell’eroina, e cominciamo a vedere ragazzi che cominciano a fuma perché è più facile farsela. L’eroina è di facile reperibilità. Il costo varia. Tu compri qualcosa che ritieni sia eroina, poi non si sa cosa ci sia dentro. Una volta abbiamo fatto analizzare tutti i campioni di eroina che avevamo avuto e dal 2% di eroina pura, fino all’eroina pura, abbiamo verificato tutte le concentrazioni possibili. Quindi è l’eccipiente che fa la differenza”.

I rischi associati al consumo

I rischio sono legati alla via di somministrazione: farsi con un ago sporco aumenta il rischio di contrarre malattie infettive.

“In passato l’80% degli eroinomani erano positivi all’epatite C, poi ci sono stati quelli positivi all’Hiv. Oggi grazie anche alla nostra azione c’è stato un crollo delle infezioni”, specifica Barra.

“In altri posti come l’Afghanistan”, spiega Barra, “squagliano la droga nel sangue e poi si dividono il sangue, per re-iniettarlo. Questo è modo migliore per trasmettere le malattie. Da qui la necessità di curare”.

“L’interesse nazionale in tutto il mondo è che un tossicomane sia conosciuto e curato, perché un tossicomane non conosciuto e non curato è una mina vagante due volte”.

Rischio overdose

“Il rischio è legato alla variazione del principio attivo. Se io sono abituato a farmi un’eroina pura al 20%, quando trovo l’eroina pura al 40% la stessa dose per me diventa doppia, e quindi può essere over per le mie capacità di tolleranza.

Poi ci sono rischi infettivi non specifici, poiché mi faccio di una sostanza di cui non conosco né la composizione, né la concentrazione: posso buttarmi in vena batteri, che possono determinare malattie infettive, ascessi, endocarditi. La nostra esperienza ci dice che le persone che le persone che si drogano sono più fragili dei loro coetanei.

Alla lunga questi vecchi che sopravvivono anche alla droga e smettono poi però un pedaggio lo pagano in termini di salute e di vulnerabilità”.

Il percorso di un tossicomane

“Esiste una certa standardizzazione del percorso, come fosse una storia d’amore, una storia che inizia con la luna di miele, in cui il soggetto vede solo le cose positive della droga, ama la droga di un amore folle, poi con il tempo gli aspetti negativi sono tanti quanti quelli positivi e poi sono sempre maggiori, si passa a una fase di ambivalenza, e poi si arriva alla terza fase in cui qualcuno maledice il momento in cui si è cominciato, la routine è la tomba dell’amore e quindi anche di questo folle amore. Arriva la fase di stanca in cui il soggetto vuole smettere”.

La malattia va rispettata. La terapia significa procedere per fasi: 1. Prendere in carico, ridurre il danno, evitare che il soggetto si uccida.

2 .Sviluppare alternative. Un processo che dura mediatamente 12 anni. È un lungo cammino, in cui in ogni fase c’è qualcosa da fare, l’importante è porsi obiettivi raggiungibili, se non fai così, poni le basi di un insuccesso, che aggrava le condizioni.

La droga è democratica

“Il censo è traversale, c’è una concentrazione verso i luoghi di spaccio, ma se esistono è perché c’è una richiesta. Si passa dall’alta società dei Parioli, villa Clara, Balduina, fino ai borgatari, Tor Bella Monaca”.

“La droga è democratica, non fa discriminazione di censo, di stato sociale. Tutti pensano di gestirla, poi c’è la pressione del gruppo. Ma se io nel gruppo ci sono andato, evidentemente quel gruppo era confacente con le mie necessità”. 

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