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“Castel Volturno è ancora la zona franca per lo sfruttamento dei migranti”

Immagine di copertina
Credit: Pagina Fb "Collettivo Mamadou"

Mamadou, ivoriano arrivato in Italia nel 2007, racconta a TPI di come nel casertano si viva ancora nella totale illegalità. Ma i migranti si danno da fare per cambiare le cose

Mamadou è arrivato in Italia nel 2007 dalla Costa d’Avorio. Nel 2004 studiava Lingue all’università ed era un militante nel movimento studentesco. A causa della guerra civile che imperversava dal 2005, non è mai riuscito a completare gli studi dovendo abbandonare il paese alla volta della Libia, dove ha vissuto per due anni, prima di proseguire il viaggio verso l’Italia.

S&D

Quando ha lasciato la propria casa Mamadou aveva solo 23 anni.

“Dopo la traversata in mare, sono arrivato a Lampedusa e sono poi stato trasferito a Roma. Qui la commissione territoriale che ha giudicato la mia storia mi ha negato il diritto d’asilo. Per questo motivo sono stato costretto a lasciare il centro di accoglienza e sono partito per Napoli. Obiettivo: Castel Volturno”, spiega Mamadou a TPI.

Perché proprio Castel Volturno?

“Mi avevano detto che quello era un posto tranquillo, una zona franca in cui poter stare anche senza permesso di soggiorno. Da lì sarei ripartito per la Francia”.

Castel Volturno, vicino Caserta, col tempo è diventato un luogo in cui i migranti fanno base per spostarsi altrove in cerca di lavoro: anni di abusivismo edilizio e di abbandono fanno di questo comune un posto in cui è facile trovare un alloggio a basso prezzo. Chi non trova di meglio si sposta seguendo le stagioni del raccolto, a Saluzzo in Piemonte o a Rosarno, in Calabria.

Come è andata quando sei arrivato lì?

“A Castel Volturno vivevo in casa con altre persone e per pagare l’affitto cercavo una qualunque occupazione: mi sono adeguato anche allo sfruttamento. Per un periodo andavo alla famosa rotonda per offrire le mie braccia per la raccolta nei campi di tabacco o pomodori. Lavoravo anche come muratore”.

“All’inizio era così dura che pensavo di voler scappare subito in Francia, ma sono tornano indietro, per tre anni ho lavorato nei campi a Foggia e a Rosarno”.

Il sistema delle rotonde di cui parla Mamadou è quello dei kalifoo ground, le piazze degli schiavi.

“Kalifoo”, in Libia, dove sono passati quasi tutti gli immigrati dell’Africa sub-sahariana presenti in questo territorio, significa “schiavo a giornata”.

Come si legge nel rapporto “Presidio” della Caritas (2016) l’edilizia e l’agricoltura sono i due ambiti “dove la manodopera straniera diviene quasi sempre vittima di sfruttamento lavorativo. Entrambi questi settori hanno, non a caso, due cose in comune: un alto bisogno di manodopera a basso costo e il controllo diretto o indiretto da parte della criminalità organizzata, ovvero la camorra”.

All’ennesimo mancato pagamento hai deciso di ribellarti. Cosa è successo?

“Ho deciso di denunciare il datore di lavoro. E intanto ha studiato l’italiano. È così che ho iniziato a contrattare il salario e l’orario di lavoro per me e per gli altri lavoratori. Alla fine abbiamo ottenuto 35 euro al giorno anziché 25 e di iniziare a lavorare alle 6 anziché alle 5.

Dalla denuncia non ho ottenuto nessun risultato concreto: non ho avuto il permesso né i miei soldi indietro. Però è anche la denuncia che mi ha reso consapevole dei miei diritti”.

Poi cosa è successo?

“Ho finalmente scoperto che esisteva un movimento che si batteva per i diritti dei migranti e dei rifugiati, affinché questi potessero ottenere un permesso di soggiorno ed uscire dall’illegalità.

Nel 2009 abbiamo fatto una manifestazione di tre giorni a Roma per chiedere che i migranti e i rifugiati di  Castel Volturno senza permesso di soggiorno da 15 anni potessero finalmente ottenerlo. Chiedevamo di far riesaminare la nostra posizione”.

Oggi com’è la situazione?

“La situazione a Caserta non è risolta, la maggior parte dei migranti continua ad avere come meta Castel Volturno. Non ci sono molti controlli e questo ci lascia nella disponibilità di chi vuole sfruttarci”.

Qual è il paragone rispetto al nord Italia?

“La Campania e la Puglia restano le zone con maggiori irregolarità. Chi va al nord ha già un documento, ha la speranza di poter cambiare le cose”.

A cosa punta il vostro “Movimento dei migranti e dei rifugiati” ?

“Il nostro movimento vuole evitare l’assistenzialismo, e dare gli strumenti per superare lo stato attuale delle cose. Oggi già molto è cambiato: esiste la possibilità di fare un percorso di integrazione”.

 

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