Miriam Leone: “La maternità è ancora un grande tabù, essere mamma e avere una carriera è roba da contorsionisti”
L'attrice, tra le protagoniste del nuovo film di Gabriele Muccino "Le cose non dette", si racconta tra pubblico e privato
Tra le protagonista del nuovo film di Gabriele Muccino Le cose non dette, nei cinema dal 29 gennaio, Miriam Leone si racconta in un’intervista a Vanity Fair. Nella pellicola, l’attrice interpreta “un personaggio capace di offrire alle donne uno sguardo diverso, una via d’uscita quando il mondo si sgretola, e a non sentirsi così sole quando non vedono chiaramente che cosa sta accadendo intorno”. Nella pellicola interpreta una donna che non riesce ad avere figli: “È un tema a me molto vicino: alcune delle mie più care amiche hanno attraversato questi calvari, ad alcune è andata come speravano ad altre purtroppo no”.
Poi, proprio sulla maternità, Miram Leona afferma: “È ancora un grande tabù, perché per tante è una colpa. Ma è un tabù anche la maternità voluta o non voluta. Fatichiamo a parlarne perché veniamo giudicate”. E alla domanda se lei si sia mai sentita giudicata, ha risposto: “Nel mio ambiente sono stata sostenuta da persone illuminate, però mi è pure stato detto: ‘Guarda che non sei l’unica che fa la mamma‘. Penso che essere genitori oggi non sia più solo un fatto privato, ma anche sociale… In un Paese dove le dichiarazioni pro-famiglia abbondano, sarebbe necessaria una politica realmente impegnata al sostegno, che, per chi non può permetterselo privatamente, non c’è”.
L’interprete, poi, rivela quanto sia difficile conciliare vita privata e carriera: “Livello di difficoltà: una contorsionista del Cirque du Soleil che cammina pure su un filo sospeso. Mentre giravo Amata di Elisa Amoruso, ho dormito tre ore a notte: tornavo all’alba e alle sette ero sveglia per la colazione di Orlando. Lo dico senza vittimismo e con gioia vera. Ho la fortuna di poter contare su genitori e suoceri, che dalla Sicilia ci raggiungono ovunque: mia mamma ha preso un’aspettativa dal lavoro per essere qui a Roma mentre sono sul set dell’Uomo giusto di Sergio Rubini, e la ringrazio. I suoceri sono stati a Tangeri per l’intero periodo delle riprese”.
E sulle difficoltà di educare un figlio maschio, afferma: “Non vorrei essere banale, però sono convinta che sia una responsabilità educare un essere umano. E in una società più complessa rispetto al passato, la responsabilità non può essere esclusivamente di noi genitori: va distribuita, un pezzo alla scuola, un pezzo alla politica…Conosce il detto: ‘Per crescere un figlio ci vuole un villaggio?’. Ecco. Poi, per esempio, nel Nord Europa i bambini frequentano le lezioni di empatia. Io l’ho imparata giocando in cortile, ma adesso che le relazioni interpersonali non sono più solo fisiche perché filtrate dai social, forse l’empatia deve diventare materia di studio. Basterebbe anche rendere obbligatori dei corsi di teatro, che è una scuola di empatia”.