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“Renzi rappresenta il popolo italiano o un think tank saudita?”: Nadia Urbinati a TPI

Immagine di copertina
Nadia Urbinati e Matteo Renzi

Parla a TPI la professoressa, docente di scienze politiche alla Columbia University di New York: "Renzi il Saudita voleva eliminare Conte perché ha una popolarità spendibile alle elezioni, mentre Draghi non è un concorrente. Ma quest'idea che sia stato merito suo l'arrivo dell'ex presidente della BCE è un altro dei suoi deliri. Gli interessi di Renzi in Arabia Saudita non sono entrati nel dibattito pubblico perché ha troppi amici nei circoli mediatici, ma se fossimo in un altro Paese si sarebbe già dimesso"

Professoressa, perché per Renzi Conte era un avversario politico e Draghi non lo è?
“Conte non è mai stato un tecnico. Perché anche se è un non-politico (professore universitario e un avvocato) è stato portato in Parlamento dal Movimento Cinque Stelle. Non è stato proposto o chiamato dal Presidente della Repubblica come Draghi, che è a tutti gli effetti transitorio (a meno che non voglia seguire le orme di Monti) e quindi non un potenziale competitore. Conte è diventato ormai un punto di riferimento politico, che andrà al di là della sua esperienza politica. E siccome ha un appeal molto superiore a quello che ha Renzi, evidentemente fa ombra a Renzi e lui non lo digerisce. Nel paragone competitivo per i numeri dei sondaggi sottolinea che a tutt’oggi non c’è partita tra i due”.

S&D

Conte era fastidioso per Renzi perché occupava, o occupa, quel centro che il senatore fiorentino aveva in mente per Italia Viva?
“Perché non è un tecnico! E dalla dichiarazione di ieri nella conferenza stampa questo è venuto fuori con maggiore forza: non solo Conte non si ritrarrà ma potrà diventare sempre di più il riferimento per una coalizione di centrosinistra programmatica-pragmatica Pd-Cinque Stelle e Leu, in vista di un dopo Draghi. L’ha cacciato, ma il problema di Renzi non è risolto. Lui spera che con due anni di governo Draghi, Conti venga seppellito nella memoria, che è corta. Renzi ha già addirittura detto quanto deve durare il governo Draghi! Due anni. E in due anni possono cambiare molte cose: si sa che le alleanze sono efficaci se subito spendibili — non possono rimanere a bagnomaria”.

Una cosa che molti italiani non riescono a capire è l’enorme distacco tra il consenso fuori dai palazzi, fermo al 2 per cento, e la forte influenza che Renzi riesce ancora ad avere dentro il Parlamento. Ce la può spiegare?
“Perché Renzi ha legami con una parte di società e di mondo che ha un’esposizione mediatica molto più grande di noi ordinari cittadini. Lui ha amici e sostenitori nel mondo dei media, dei giornali e questo significa poter influenzare l’opinione pubblica, poter fare agenda setting. Ha molto più presa nell’opionine professionista che nelle schede dei cittadini. Lui questo lo sa e cerca di sfruttare al meglio questa entratura che ha nella sfera oligarco-mediatica. E vuole usarla per mantenere l’immagine di leader centrista-ma-attrattiva. Cosa che può fare solo se una personalità come Conte viene scalzata”.

E, secondo lei, questo suo legame con il mondo mediatico è lo stesso motivo per cui il suo legame con l’Arabia Saudita non è entrato a far parte come avrebbe dovuto nel dibattito politico?
“Ma certo, Renzi che frequenta i Sauditi ha tutti gli interessi a non pubblicizzare i suoi legami con il principe bin Salman. Pensiamoci un attimo: se fosse successa a Conte o a un altro parlamentare poveraccio una cosa del genere? Avrebbero tutti gridato alla scandalo e chiesto le dimissioni come minimo. Diciamo così: ci sono cavalieri con l’armatura e cavalieri senza armatura. Renzi ha un’armatura ben corazzata e nessuno lo contesta. E in uno stato di diritto come il nostro, anche se come ho detto mille volte al Senato non ci sono regole specifiche, quello che ha fatto Renzi è quantomeno molto problematico, almeno dal punto di vista etico”.

Secondo lei Renzi dovrebbe dimettersi dalla carica di Senatore?
“In Inghilterra sarebbe già successo. Ci sono Paesi che sono più laschi di altri. Circa la normativa vigente, in Senato lui può tranquillamente rimanere. Ma sto parlando di etica (che non è moralismo). Se ci fosse stato un movimento d’opinione per chiedere le sue dimissioni, sarebbe – forse – stato messo alle strette. Quantomeno davanti alla scelta tra fare l’affarista o fare il Senatore della Repubblica. Invece sembra che quest’uomo sia al di sopra di ogni questione di limitazione, che tutto gli sia permesso come un untouchable, un intoccabile. E questo non va bene”.

Uno dei motivi per cui Renzi dice di aver aperto questa crisi di governo è la gestione del Recovery Fund. Perché era così importante per Renzi che non fosse Conte a gestire quei soldi?
“Perché si parlava di progetti sociali, ad esempio sul mezzogiorno, che Italia Viva non sembra amare. Non a caso le teste che tenevano a far saltare sono quelle dei ministri Provenzano e Gualtieri. E’ incredibile quanto il progetto per il Recovery Fund nel sito del partito renziano sia simile al manifesto di Future Initiative Investiment, la fondazione a cui Renzi appartiene e per la quale ha da poco intervistato il principe dell’Arabia Saudita, bin Salman. Troverete similitudini impressionanti. La sensazione è che ci siano due direttrici in campo. Una è privatistica, centrata sul favorire gli investimenti di grandi multinazionali, per esempio nella sanità e nell’istruzione. L’altra è più votata alle distribuzione di opportunità nei diversi settori pubblici. La seconda per ora sembra essere stata sconfitta, aspettiamo di vedere cosa succederà col nuovo governo”.

Renzi vuole anche intestarsi il “merito” del governo Draghi, è così?
“Renzi sta spesso sopra le righe. Come se Mattarella non contasse niente e seguisse il piano di Renzi. Lui ama dipingersi come il grande regista che ha messo tutti nel ruolo giusto. In questo modo delegittima sia Draghi sia il presidente della Repubblica”.

Questo governo Draghi sta portando alla riscossa anche Berlusconi, perché Forza Italia si sta mostrando come “responsabile”. Come ha fatto a riprendersi la scena?
“Su questo governo i vari partiti aspirano forse a soddisfare interessi di bottega. Con questa occasione Forza Italia si è smarcata dai partiti sovranisti. E questo non è male, è un buon segno. Le chiavi di Berlusconi sono due: la bravura nella comunicazione e essere avvertito come padre della patria, se non altro per ragioni anagrafiche. Per il resto Berlusconi è sempre lo stesso, che scappa a Monaco quando cerca di non presentarsi in tribunale. In questo momento però “grazie” a Berlusconi si spezza l’unione di destra che sembrava granitica. Sarebbe importante che a questa disgregazione a destra corrispondesse una stabile aggregazione a sinistra”.

Sta parlando dell’alleanza giallo-rossa?
“Sto parlando di un’unità di intenti di Pd-M5S e Leu, mettendo un solco di divisone con Italia Viva. Anche se in un governo di emergenza come questo le larghe intese sono legittime”.

Legittime anche con la Lega per esempio, che per entrare nel governo Draghi si riscopre improvvisamente anche europeista?
“Per forza! Perché alla retorica roboante e vuota di Salvini corrisponde un elettorato della Lega che vuole sostegno e cose reali. In questa fase in cui i soldi servono, devi scendere a compromessi. E Salvini finirà per fare la cosa più democristiana del mondo: cioè l’appoggio esterno se non ingresso nella maggioranza, che non è escluso”.
Quella che ne guadagna a destra è la Meloni allora?
“Certamente recupererà quei voti a destra e nell’estrema destra, anche al Sud. Come era per l’MSI negli anni ’70 il sud può essere riconquistato da una figura forte come la Meloni”.

Ma, in tutto questo, il Pd non si sta un po’ piegando e non sta perdendo identità?
“Io invece ho sensazioni positive. Credo che Zingaretti stia, con visione e decenza stilistica, preparando la strada già per il dopo Draghi. Il progetto di Zingaretti è di mantenere questa coalizione e di farne il campo di centrosinistra contro il campo del centrodestra. Pensando al dopo Draghi, che comunque traghetterà il paese fuori dall’emergenza Coronavirus. Pd-M5S e Leu possono fare un discorso comune per preservare gli intenti di centrosinistra nell’era Draghi, usando anche Conte come collante. E, visto che il governo Draghi nascerà comunque, potrebbero contribuire a fare una cosa importante: mettere un loro ‘marchio’ su questo governo e mitigarne la parte tecnica, rappresentando le forze sociali più popolari con al centro la sanità pubblica, la scuola e il mezzogiorno. E la giustizia fiscale”.

Un centrosinistra del genere può essere determinante anche sulla gestione del Recovery?
“Certo, perché stempererebbe le pulsioni più affaristiche di quell’ala Italia Viva e Forza Italia. Pensiamo che sono 209 miliardi di euro e io non mi sono stupita che non abbiano permesso a quelli che definiscono gli ‘sprovveduti’, quelli cha passato dalla ‘bottega al parlamento’, a questi ‘cittadini comuni’, di gestire tutti quei soldi. La lotta tra oligarchi e democratici nella storia delle democrazie è sempre stata fortissima. E oggi sembra lo stesso: finanziare alcune aree invece di altre, alcuni affari invece di altri. Il Recovery Fund è uno sliding doors ed avere un’area di centrosinistra forte può condizionare positivamente, e forse cambiare questo trend orientato agli affari”.

Leggi anche: 1. Conflitto d’interenzi (di Giulio Gambino) / 2. Quel rapporto con il principe d’Arabia Saudita: la crociata di Renzi sui servizi ora diventa sospetta (di Luca Telese) / 3. Se Renzi vivesse in Arabia Saudita (di Selvaggia Lucarelli)

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