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Quirinale, l’ultima trovata del Partito democratico: nominare Draghi senatore a vita

Immagine di copertina
Credit: ANSA/GIUSEPPE LAMI

Dopo lo “schiaffo di Mattarella” il Pd non smette ancora di brigare per tentare di rientrare al centro del gioco politico in vista della grande corsa per il Quirinale.

Stavolta, l’ultima brillante idea partorita dalle fervide menti del Nazareno è quella di dare il “laticlavio” a Mario Draghi, ovvero di metterlo in sicurezza (o se preferite in salvezza) in nome dell’Italia e dell’Europa nominandolo senatore a vita, qualora non riuscisse a farsi eleggere presidente della Repubblica e non volesse più fare il presidente del Consiglio.

Un modo come un altro per proporgli il più tradizionale dei “paracadute” e tenerselo buono, magari a scopi futuri. “Abbiamo un governo che per la sua ampiezza ha anche una sua fragilità, non vorrei che scoprissimo tutti e due gli ‘altari’: Draghi non viene eletto presidente e rischia di stare su un governo che dura poco, con Draghi tolto da tutti i ruoli della politica italiana”, ha spiegato oggi Goffredo Bettini, l’eterno stratega Pd.

Anche nel caso del laticlavio però, come per la “genialata” del ddl Zanda, non mancano problemi. Anche qui i dem rischiano di prendere il due di picche, non da Sergio Mattarella stavolta bensì da Mario Draghi. Già, perché l’ex presidente della Banca centrale europea di fare il senatore a vita “modello Mario Monti” (uno che predicava precarietà per gli italiani salvo poi blindarsi con seggio e stipendio fino alla fine dei giorni) non ne ha nessuna voglia.

Chi ha potuto sondare in questi ultimi giorni l’umore dell’inquilino di palazzo Chigi (già molto irritato di suo per lo sciopero proclamato dai sindacati) ha capito che la cosa non fa per lui. Anzi, che non gli interessa proprio.

Due sono i motivi: il primo, a quanto spiegano fonti vicinissime al premier, è che non ha nessuna intenzione di diventare un “poltronista”. Il secondo è che il diretto interessato punta molto più in alto, al Quirinale, e non avrebbe alcun interesse né bisogno di “consolarsi con l’aglietto”. Oltretutto proposte del genere in questo momento non fanno altro che indebolire la sua corsa per il Colle. Insomma, i dem dopo lo “schiaffo di Mattarella” rischiano di beccarsi anche lo “schiaffo di Mario Draghi”.

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