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Fratoianni invita Zingaretti e il M5S a costruire l’alleanza per le amministrative: “Lavoriamo da domani”

Immagine di copertina
Il segretario di Sinistra Italiana e deputato Nicola Fratoianni

Intervista al segretario di Sinistra Italiana all'indomani dell'Assemblea in cui il suo partito ha deciso di non votare la fiducia all'esecutivo guidato da Mario Draghi

“Propongo a Zingaretti e ai leader del M5S che si stanno riorganizzando di creare sin da domani un luogo di discussione per lavorare alla costruzione dell’alleanza Pd-M5S-Leu a partire dalle prossime amministrative”. Il segretario e deputato di Sinistra Italiana (Si) Nicola Fratoianni lancia su TPI il suo appello a Pd e M5S a trovare una convergenza per arrivare insieme alle prossime elezioni amministrative – in programma in primavera – all’indomani dell’Assemblea in cui Si ha deciso di non votare la fiducia al governo Draghi.

In Parlamento Fratoianni sarà l’unico esponente del partito a far parte dell’opposizione, perché il capogruppo al Senato Loredana De Petris e il deputato Erasmo Palazzotto hanno già assicurato il loro appoggio al futuro esecutivo. Ma per il segretario di Si stare all’opposizione significa offrire un’interlocuzione alla parte di Paese che guarda con sfavore all’attuale maggioranza e che ha apprezzato le misure adottate dal Conte-bis durante la pandemia. “La cassa integrazione o il blocco dei licenziamenti andrebbero allargate”, afferma Fratoianni, per cui il No a Draghi è anche la scelta più coerente per dare continuità all’asse strategico costituito da Pd-M5S e Leu.

Onorevole Fratoianni, ieri l’Assemblea di Si ha accolto la sua proposta di non votare la fiducia al governo Draghi, come siete arrivati a questa scelta?

Quella di ieri era la seconda Assemblea nel giro di pochi giorni dopo la precipitazione della crisi che ha portato alla caduta del Conte-bis, anzi all’omicidio premeditato del governo da parte di Matteo Renzi. Abbiamo discusso del nostro atteggiamento rispetto all’esecutivo di Draghi nella sua versione definitiva, e la scelta di votare no è dovuta a due elementi fondamentali: il primo è una valutazione politica complessiva sul modo in cui siamo arrivati a questa situazione. Il governo Conte non è caduto per caso, ma è stato abbattuto da una manovra politica precisa, con l’obiettivo di impedire che le risorse del Recovery Fund fossero gestite da quella maggioranza, accusata di rappresentare il governo dell’assistenzialismo e dunque non adeguato a spendere bene quelle risorse. La seconda è una valutazione di merito, sulla composizione del governo, sul suo perimetro politico e sul ruolo della Lega e di Forza Italia al suo interno, sulle scelte di ministri e sulle postazioni in cui ciascuno è inserito.

Chi erano i mandanti di quello che lei chiama omicidio al Conte-bis?

In questo caso non credo ci sia una distinzione netta tra sicario e mandanti, non penso a una congiura misteriosa, ma al fatto che ci sono interessi economici. Penso a Confindustria, che li esprime in modo chiaro e trasparente. Penso a interessi che hanno a che fare con gli assetti del potere di questo Paese, di una parte di nord che rivendica il primato politico nel governo oltre che quello economico. Basta vedere la composizione geografica dell’esecutivo, che rovescia il precedente. I ministri del nord sono una enorme maggioranza e a loro sarà affidata una voce di spesa molto rilevante; il Ministro degli Affari Regionali dovrà gestire la partita dell’autonomia differenziata, che invece io considero da cancellare e anzi dovrebbe lasciare il posto a un’inversione di tendenza nei rapporti delle Regioni con lo stato centrale, come ha dimostrato la pandemia. Insomma ci sono interessi economici, politici, finanziari definiti che hanno contribuito all’omicidio di Conte e all’arrivo di Draghi.

L’annuncio della composizione dell’esecutivo ha influito nella scelta di proporre il No alla fiducia? Con nomi ed equilibri diversi sarebbe giunto a un’altra decisione?

Ho sempre escluso per quel che mi riguarda la possibilità di governare insieme alla Lega di Salvini. Non succede in nessuna parte d’Europa che una forza di sinistra governi con la destra nazionalista, in Germana nessuno può permettersi di governare con Afd o in Francia con Marine Le Pen, solo in Italia si assiste a uno sdoganamento di fronte a una destra nazionalista anti europea e aggressiva, che strizza l’occhio ai movimenti neofascisti. Avevamo sempre detto che non avremmo governato con loro. Se posso dire la scelta dei Ministeri appesantisce il nostro giudizio perché segnala un quadro peggiore di quello che si andava delineando.

Il Pd e gli altri due esponenti di Sinistra Italiana in Parlamento, che pure condividono questo malessere, voteranno sì a Draghi per rispondere all’appello di Mattarella ma anche di Conte, il quale ha chiesto di sostenere l’esecutivo in nome dell’alleanza giallo-rossa. Palazzotto e De Petris hanno detto che la fiducia serve anche a “rinsaldare l’asse strategico costituito dall’alleanza tra Pd, M5S e LeU”. Che valore ha questo No nel momento in cui i suoi colleghi voteranno diversamente sulla base delle stesse considerazioni?

Ognuno fa le sue scelte, come ho detto in questi giorni non è il tempo degli anatemi e delle accuse di tradimento. Penso che l’alleanza vada costruita e che il no sia la scelta più coerente anche per dare continuità vera a questa alleanza. L’alleanza tra Pd-M5S e Leu – nelle sue articolazioni – rimasta fedele a Conte dopo la rottura di Renzi deve avere continuità e intendo lavorare in questa direzione a cominciare dalle prossime amministrative. Anzi propongo a Zingaretti e ai leader del M5S che si stanno riorganizzando, e a tutte le forze disponibili che si sentono alternative alla destra, di costruire sin da domani un luogo di discussione tra le forze politiche e con le forze che nel Paese operano e sviluppano iniziative per lavorare alla costruzione di questa alleanza a partire dalle prossime amministrative.

Ma a che punto siamo con questa alleanza?

Allo stato attuale è un evocazione, l’alleanza non ha guadagnato maturità. Del resto le forze che l’hanno costruita in Parlamento non hanno trovato la forza di arrivare unite dal presidente Draghi, mentre sarebbe stato utile andarci con un documento comune, un programma condiviso: d’altronde si è fatto riferimento al fatto che insieme costituiscono una maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato. Questa alleanza é una necessità ma non è ancora un risultato acquisito, va costruita, per fare questo si lavori subito, si lavori in Parlamento ma anche al di fuori per trovare una convergenza verso le prossime amministrative, e in ogni occasione in cui sarà possibile sperimentarla

La presenza di Pd e M5S all’interno del governo Draghi, in cui non sono più le uniche forze di maggioranza ma siedono in Consiglio dei ministri con altre forze politiche, rischia di ostacolare il percorso di costruzione di quest’asse di centro-sinistra? Ognuno andrà per conto suo?

Mi auguro di no, finora tutte le forze hanno rivendicato il terreno di unità. Vedremo sulle scelte decisive cosa succederà. Come si vede appena dopo il giuramento Salvini è tornato in campagna elettorale, la sua conversione si è rivelata improvvisata e superficiale. Vedremo dove si costruiranno le convergenze, io lavoro perché si costruisca un’alleanza di sinistra democratica progressista, ambientalista, cinica, e penso che si possa fare anche quando esistono collocazioni parlamentari diverse. Infondo la destra italiana da anni dà lezioni su questo perché è in grado di dividersi in Parlamento ma di trovare il modo di presentarsi insieme alle amministrative e di vincerne molte, per fortuna non tutte. Bisogna evitare, ogni volta che ci si divide su un passaggio, di valutare quella divisione come insuperabile fino a scomuniche e ad anatemi. Poi magari ci dividiamo su qual è il modo di battere la destra, ma credo che il modo migliore non sia quello di governarci insieme. Ci trovo poco di efficace, ma è una mia idea, rispetto l’idea altrui e chiedo che anche la mia sia rispettata.

Infatti l’unico partito che ha dichiarato il suo convinto No al governo Draghi sin dall’inizio è quello di Giorgia Meloni. Tanto che in questi giorni si parla del fatto che l’unica opposizione a un governo con una significativa componente di destra sarà costituita da un partito di estrema destra. La sua decisione deriva anche da questa considerazione? 

La mia decisione è una riflessione sulla qualità della democrazia italiana: penso che non faccia bene avere governi senza opposizione e ancora meno bene avere governi in cui la destra è assai presente con l’unica opposizione rappresentata dall’estrema destra. Non fa bene alla qualità della democrazia, né nella dialettica parlamentare né nel Paese. La nostra scelta non dipende da quella di Meloni ma guarda anche a questo tema. Penso che nel Paese ci sia un’area larga di opinione non certo di destra che guarda con sfavore a questo governo e a questa operazione, alla composizione dell’esecutivo e a quello che annuncia. Penso sia un delitto non offrire a questo sentimento – assolutamente non marginale – alcuna interlocuzione.

Significa che vuole raccogliere il dissenso di chi è scontento per la caduta del Conte-bis e vede l’esecutivo guidato da Draghi come calato dall’alto? Molti cittadini erano affezionati all’ex premier – come si è visto – e al governo che ha guidato il Paese durante la pandemia, e non hanno capito le motivazioni della crisi. 

Il governo Draghi è stato formato sempre dentro la correttezza dell’arco costituzionale, quindi non lo contesto da questo punto di vista. Ma non mi stupisce che ci sia questo affetto e questa empatia nei confronti dell’ex presidente del Consiglio e dell’esperienza di governo. Non perché sia stata priva di errori, alcune scelte potevano essere più efficaci, ma ho l’impressione che gran parte del Paese abbia avvertito che la maggioranza ha fatto i conti con i propri limiti e compreso che bisogna scegliere dove concentrare i propri sforzi. E quel governo ha scelto come prevalente la difesa, senza ambiguità, di chi nella pandemia si è trovato in una condizione di fragilità sul piano sanitario ed economico. Ha scelto di proteggere il più debole.

E questo è stato anche il terreno più contestato da chi voleva la soluzione che abbiamo oggi di fronte. Si è accusato il governo di aver buttato i soldi in misure di assistenzialismo come la cassa integrazione, il blocco dei licenziamenti o il blocco degli sfratti. Invece andavano fatte, e vanno non solo confermate ma dal mio punto di vista persino allargate perché quando sulla vita delle persone si abbatte uno tsunami un governo, che è il luogo dell’interesse collettivo, ha il compito di proteggere i più fragili.

Allora dire No vuol dire cercare di dare rappresentanza a questa voce?

Significa offrire una sponda, un’interlocuzione. Io non intendo lucrare sulle difficoltà del Paese, ma rivendico il diritto di dire che non sono d’accordo e motivarlo nel modo in cui sto facendo qui, fare politica per continuare a dare corpo alle cose in cui credo. Penso all’emendamento alla legge finanziaria che avevamo proposto con altri parlamentari, non solo del mio partito. Deve essere un terreno di dibattito e a breve presenteremo una proposta di legge. Bisogna tenere in piedi la capacità  di presentare proposte politiche e porsi un problema che oggi in pochi si pongono, e cioè come fare a ricostruire una discussione e una empatia nel Paese in un momento in cui lo smarrimento è grande e le scelte devono essere chiare e di parte. Non esistono scelte che vanno bene per tutti, motivo per cui ho sempre pensato che la pretesa di neutralità politica non esista. Il governo deve scegliere a quali problemi dare una priorità.

In termini numerici però, se si guarda al pallottoliere di Leu, i No saranno pochissimi. 

Ad oggi al Senato saranno due e alla Camera uno, il mio. Vedremo cosa succederà quando si concluderà il passaggio parlamentare sulla fiducia e cosa accadrà anche negli altri gruppi della ex maggioranza, a cominciare dal M5S attraversato da un tumulto profondo. Quando vedremo cosa sarà accaduto capiremo anche come andare avanti.

Troverete compattezza nell’opposizione unendovi ai parlamentari M5S che non voteranno la fiducia al governo Draghi?

Ma più che compattezza il punto è cercare di capire quali saranno le direttrici culturali e politiche su cui il dissenso si esprimerà, perché com’è ovvio può esprimersi in molti modi. Fratelli d’Italia voterà no, ma è ovvio che l’opposizione di Meloni e Fratelli d’Italia ha obiettivi opposti al nostro. Il punto è costruire un’opposizione sul merito con chi ha votato no. Naturalmente per quel che mi riguarda anche con chi ha votato sì: l’ho fatto sempre in quanto parlamentare in questa legislatura e in quella precedente, sia nell’opposizione che nel governo. Bisogna avere il coraggio di mettere al centro il merito, le proprie idee e proposte e su questo costruire dov’è possibile una convergenza.

Non si sente solo nella sua scelta? 

Intanto ci sono due senatrici della componente Leu che hanno annunciato che voteranno no sulla base della nostra scelta. Quindi saremo in tre, vedremo cosa accadrà. Ma la mia impressione è quella di non essere solo perché nel Paese sento un largo dissenso e credo che con quel dissenso qualcuno debba parlare e interloquire, fa bene alla democrazia, al Paese e anche ai governi avere un’opposizione che non sia solo di estrema destra.

Leggi anche: 1. Nadia Urbinati a TPI: “La reputazione di Draghi è un passaporto, ma in Parlamento non basterà” 2. La maggioranza Draghi è solo emergenziale: il futuro del Pd è nell’alleanza con M5S e Leu (di E. Montino) 3.  Donne del PD, ora basta: sfondiamo le porte che altrimenti resteranno chiuse (di Monica Cirinnà)
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