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Marcia dei sindaci per la Segre, Decaro a TPI: “Su antifascismo e antisemitismo non si baratta”

Immagine di copertina

Antonio De Caro, presidente di Anci e sindaco di Bari racconta a TPI l'emozione vissuta ieri a Milano, quando seicento sindaci sono arrivati da tutta Italia per testimoniare la loro solidarietà a Liliana Segre

Marcia dei sindaci per la Segre, Decaro: “Su antisemitismo non si baratta”

“Normalmente siamo abituati a lavorare per le nostre città, e per farlo, teniamo insieme le nostre comunità, ma il percorso fatto ieri sotto la galleria a Milano sembrava proprio un percorso a favore del nostro Paese. Non c’erano simboli di partito, ma solo le fasce tricolore indossate da sindaci con sensibilità politiche completamente diverse”.

S&D

Antonio De Caro, presidente di Anci e sindaco di Bari racconta a TPI l’emozione vissuta ieri a Milano, quando seicento sindaci sono arrivati da tutta Italia per dire no all’odio, al razzismo, all’intolleranza ma soprattutto per testimoniare la loro solidarietà a Liliana Segre, la senatrice a vita, sopravvissuta ai campi di sterminio nazista, che è sotto scorta dopo aver ricevuto ripetute minacce antisemite.

Insieme, sindaci del nord e del sud, di Comuni grandi e piccoli, di centrodestra e centrosinistra, in fascia tricolore hanno marciato nella manifestazione “L’odio non ha futuro”, promossa da Anci, Ali e Upi, nel centro di Milano, da piazza Mercanti a piazza della Scala.

“Questa iniziativa era stata annunciata quando sono stato eletto presidente dell’Anci ad Arezzo, parlando proprio di scorta civica dei sindaci nei confronti della senatrice Segre. Già quel giorno fu molto bello. Devo dire la verità, ieri, io e tutti i sindaci presenti abbiamo condiviso un’emozione particolare: forse per la prima volta nella storia ci sentivamo partecipi di un percorso positivo per il nostro Paese”.

Che cosa è accaduto ieri?

Ieri abbiamo sancito un principio: su alcuni valori il Paese non si può dividere. Su antifascismo, antisemitismo non si può barattare. Quei valori su cui si basa la nostra carta costituzionale. Lo abbiamo ricordato noi sindaci, che solitamente siamo coloro che tengono insieme, o cercano di farlo, le comunità cittadine.

Siamo quelli che quando crolla un edificio per un terremoto si preoccupano di ricostruirlo, ma pensano a ricostruire anche la comunità, lacerata dal dolore. Ieri abbiamo dimostrato che quella attività che facciamo quotidianamente ci aiuta a tenere insieme la comunità del Paese Italia.

Il clima d’odio registrato in questi anni è stato fomentato da una parte politica in particolare?

I partiti hanno seguito quello che accade nella pancia del Paese, nella rete. Noi ieri abbiamo voluto contrastare tutte le parole ostili. Un manifesto che ricorda a tutti che quando scriviamo, dall’altra parte non c’è un alieno ma persone con sentimenti.

La politica dei palazzi sembra lontana, la buona politica nasce ancora dalle realtà locali.

Noi siamo inchiodati alle nostre responsabilità, siamo inchiodati dai cittadini. Non possiamo sottrarci, non si può dire “non è una mia responsabilità”, anche quando non lo è effettivamente. Non possiamo rispondere con gli slogan, se un cittadino manifesta un’esigenza non si può rimandare. Usare gli slogan dei diversi partiti non funziona. Siamo persone che devono risolvere i problemi. Ieri abbiamo voluto dimostrare che i sindaci guardano alle future generazioni.

Cosa pensa della politica nazionale?

Sembra che non guardi alle prossime elezioni, ma al sondaggio della prossima settimana. Si vive in una perenne campagna elettorale. Il sistema elettorale non favorisce le aggregazioni, addirittura ora si pensa al proporzionale puro, significa che non ci saranno nemmeno più le coalizioni. Questo peggiora ancora di più la situazione.

Il sistema elettorale che funziona è quello dei sindaci, il giorno che vai a votare sai chi viene eletto. Bisogna trovare un meccanismo che tenga insieme le diverse sensibilità politiche e posizioni imprenditoriali, attraverso rappresentanze, ma che dia la possibilità di creare coalizioni e di far governare per 5 anni chi quel giorno ha vinto le elezioni. I governi che nascono così guardano al sondaggio della prossima settimana o alle prossime elezioni comunali o regionali, posizionano tutta la loro azione politica su elementi divisi, per cercare di caratterizzarsi.

Questo forse è il motivo e il motore per cui gli italiani, anche giovani, decidono di riappropriarsi della piazza. Pensiamo alle sardine.

Quelle persone riempiono delle piazze che i partiti hanno contribuito a svuotare. Quel vuoto lasciato dalla politica viene occupato direttamente dai cittadini, ma non possiamo chiedere ai cittadini di occupare lo spazio politico, quello tocca a chi deve fare la proposta politica. I partiti, anche attraverso il rapporto con i cittadini, devono proporre i temi. C’è qualcuno che chiede a quei cittadini di fare la proposta politica, non mi sembra nemmeno giusto.

Se i partiti pensano che possono andare da quelle piazze a dire chi devono votare non hanno capito niente. Quei cittadini aspettano dai partiti una soluzione ai problemi che pongono. Soprattutto i partiti del centro-sinistra sono contenti di questa mobilitazione, pensando che poi prenderanno indicazioni sul voto dai partiti, ma non è così.

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