Mentre in Turchia sta schiacciando l’opposizione, Erdogan viene accolto a braccia aperte da Meloni per aumentare gli investimenti in armi e respingere insieme i “migranti illegali”

La premier ha ricevuto il presidente turco a Villa Doria Pamphilj per il quarto vertice intergovernativo tra Italia e Turchia
“La dichiarazione congiunta che adottiamo conferma la solidità dei nostri rapporti e oggi getta le basi per rafforzare ancora di più il nostro partenariato”. Per Meloni Erdogan è un “partner strategico”. Per Erdogan Meloni è un’”amica stimata”. Non una parola da parte del nostro Presidente del Consiglio o di uno dei dei molti Ministri presenti sull’arresto del sindaco di Istanbul e candidato alle elezioni presidenziali Ekrem İmamoğlu, che oggi Ozgür Özel in un’intervista sul Corriere della Sera definisce un “colpo di Stato”, e sulle centinaia di arresti di manifestanti, giornalisti e altre figure dell’opposizione che vi sono seguite. Il summit intergovernativo ancora in corso è l’occasione per firmare dieci intese commerciali nei settori delle infrastrutture, telecomunicazioni, manifattura, energia e “difesa” a cui parteciperanno anche 620 imprese tra italiane e turche, molte delle quali stanno venendo boicottate da un enorme numero di persone in Turchia, soprattutto giovani, perché filogovernative.
Il dossier più significativo, presentato sotto lo sguardo di Erdogan e Meloni appena prima che intervenissero in conferenza stampa, certifica la joint venture tra i colossi delle armi Baykar, guidata dal genero di Erdogan Seleuk Bayraktar, e Leonardo, che ha come amministratore delegato Roberto Cingolani, Ministro della Transizione (o Finzione) Ecologica durante il governo Draghi. Draghi che, durante il suo mandato, definì Erdogan “un dittatore”. Secondo Cingolani, la joint venture per lo sviluppo di droni da guerra vale fino “a 100 miliardi in dieci anni”. L’anno scorso, il volume di scambio tra Italia e Turchia è cresciuto arrivando 32 miliardi di euro. Nel 2024 l’Italia ha venduto armamenti per 67 milioni di euro alla Turchia, che a sua volta è stato l’ottavo fornitore di armi all’Italia per un valore di 19 milioni di euro.