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    Il fatto è che mia figlia, a 16 anni, non può girare da sola per Roma all’una di notte

    Siamo nell'era del figliarcato: i genitori non sanno più imporre regole. Il commento di Giulio Gambino

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 28 Dic. 2019 alle 16:01 Aggiornato il 3 Mar. 2023 alle 17:02

    Mi rendo perfettamente conto che quello che sto per scrivere sarà impopolare. Ma voglio dirlo lo stesso. Il punto è che a 16 anni, da sola in giro per Roma, all’una di notte, mia figlia non ci dovrebbe girare. E meno che mai attraversare una strada sotto il diluvio, iper-trafficata, ormai più simile a un’autostrada per le velocità di percorrenza che a una via del centro città. Non è bigottismo o ritorno alle vecchie maniere, è buon senso.

    Siamo nell’era del figliarcato e il dramma è che i genitori sono sempre più stanchi e arrendevoli di fronte a coloro ai quali, come i propri figli, viene concesso ogni genere di permesso. Non è modernità, è menefreghismo. Del resto se a mio figlio dico sempre sì, penserà di poter fare quel che vuole, cosa per altro irrealistica e mai vera nel mondo reale. Ma, soprattutto, penserà di poter essere così forte da avere i super-poteri e attraversare una strada in piena notte (non sulle strisce) sotto il diluvio, scavalcando un guard rail.

    Non sto colpevolizzando Gaia e Camilla, e meno che mai assolvendo Genovese: per quello che mi riguarda sono tutti e tre innocenti, responsabili solo di essere nati in una società in cui regna una parziale degenerazione delle regole, e anche dei comportamenti genitori-figli così come delle lezioni che i primi devono impartire ai secondi.

    Temo che questo laissez-fairismo sia il frutto di un fortissimo senso di colpa che caratterizza i genitori di oggi, privi di forza contrattuale nel rapporto padre-madre/figli poiché consapevoli del fatto che i valori a cui loro stessi hanno col tempo ceduto oggi non abbiano più senso per la propria prole: una crisi di identità e valoriale senza precedenti nella storia della società italiana, forse.

    Mi hanno colpito le parole del padre di una delle due ragazze, anche lui vittima di un incidente in passato e per questo finito su una sedia a rotelle: “Adesso non ho ragioni per andare avanti”. O della sorella di Camilla: “Oggi ho scoperto il senso vero della mia vita, quel senso sei tu”.

    Ciascun padre/madre si comporta come meglio crede, ma i primi a dover ripensare il loro modo di agire sono i genitori. Usare il pugno duro non significa tenere a casa in castigo i figli. Dire anche di No non equivale a essere troppo apprensivi. E non dare ai figli alcune regole, peraltro sane nella vita di ogni giovane, significa soprassedere al proprio ruolo di genitore.

    È evidente che non siamo di fronte a un fenomeno universale, né possono esistere cifre e numeri a sostegno di quanto scriviamo. Questo non è un inno al non prendere più l’auto o al trincerarsi in casa: gli incidenti a volte non dipendono da noi, li subiamo e basta, ma quello che dobbiamo assolutamente recuperare è il ruolo centrale dei genitori e, da parte loro, una presa di posizione più consapevole a costo di essere impopolari o severi; a costo di risultare i genitori che non fanno fare questa o quella cosa ai proprio figli.

    L’incidente avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 dicembre a Roma, in cui Gaia e Camilla sono morte dopo essere state investite da un loro quasi coetaneo a bordo di un auto, non è il primo né l’ultimo di questa serie. Quella stessa notte, poche ore più tardi, un altro tragico incidente è avvenuto nel quartiere Ostiense, vicino alla Piramide, su viale Marco Polo, quando un ragazzo è morto dopo essere stato investito. Se ne è parlato molto meno anche perché in quel caso ad investire e uccidere accidentalmente il ragazzo è stato un anziano, che diversamente da Genovese non aveva bevuto e, soprattutto, non è il figlio di un noto regista.

    Non solo: pochi giorni fa una persona a bordo di un motorino è stata investita su viale Gregorio VII (quartiere Boccea). I vigili stanno ancora cercando testimoni di quello che credono essere un pirata della strada, colpevole di aver investito la persona a bordo del motorino e di essere poi fuggito.

    Voi stessi lettori ce lo avete segnalato lamentando da parte dei media due pesi e due misure nel trattare questi incidenti, specie poi quando i riflettori delle nostre telecamere si sono accesi, venerdì 27 dicembre, sui funerali di Gaia e Camilla, per un vizio mediatico a volte inspiegabile che rende una notizia più ‘importante‘ di altre. Ma non è così: ogni 14 ore in media viene investito un pedone a Roma. Solo nella capitale, nel corso del 2019, ci sono stati almeno 43 morti investiti. E queste notizie vengono spesso coperte dai giornali, anche se non tutte assumono la stessa mediaticità (e non sempre per volontà dei media).

    È dunque possibile rallentare la spirale di incidenti mortali che da sempre avvengono ovunque nel mondo? Quasi impossibile. Ma quello a cui possiamo porre rimedio, partendo proprio dal tragico e brutale incidente avvenuto a ridosso della vigilia di questo Natale, è il comportamento di alcuni genitori che oggi sembrano aver perso il proprio ruolo.

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