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Home » Esteri

Cosa sappiamo finora sull’offensiva per riconquistare Mosul e liberarla dall’Isis

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Un riassunto di quello che è successo oggi in Iraq, con l'avanzata delle forze governative verso la città sotto il controllo del sedicente Stato islamico dal 2014

È iniziata lunedì 17 ottobre l’offensiva delle forze governative irachene con il supporto della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti contro i miliziani dell’Isis nella città settentrionale di Mosul.

La posta in gioco è piuttosto alta per le parti in causa, poiché si tratta di riconquistare l’ultima grande roccaforte del sedicente Stato islamico in Iraq. 

Dal giugno 2014, la città irachena è nelle mani dei miliziani dell’Isis e qui vivono sotto assedio 1,5 milioni di persone. La caduta di Mosul ha segnato di fatto l’inizio dell’avanzata del sedicente Stato islamico nel nord del paese. In seguito alla conquista della città – la seconda per grandezza in Iraq – centinaia di migliaia di civili sono stati costretti a fuggire. 

Sono circa 30mila le forze irachene, le milizie curde dei Peshmerga e combattenti delle tribù sunnite che lunedì hanno cominciato ad avanzare nel territorio iracheno.

Elicotteri hanno sorvolato i cieli della città attaccando obiettivi strategici. Numerose esplosioni sono state avvertite nelle aree orientali, dove gruppi di combattenti curdi sono avanzati verso alcuni villaggi periferici, secondo quanto riportato da Reuters

(Qui sotto gruppi di combattenti curdi dei Peshmerga avanzano verso la città di Mosul. Credit: Reuters)

L’anno scorso, una campagna aerea della coalizione guidata dagli Stati Uniti aveva contribuito a respingere i miliziani del sedicente Stato islamico da gran parte del territorio iracheno, ma un numero compreso tra i 4mila e gli 8mila combattenti sono rimasti a presidio della città. Nel novembre del 2015, raid aerei statunitensi avevano ucciso tra i 60 e 70 combattenti dell’Isis permettendo così l’apertura di un varco per circa 7.500 unità delle forze speciali curde, peshmerga e yazidi scesi dalle montagne del Sinjar e vicini alla prima linea del conflitto.

L’offensiva lanciata lunedì dalle forze irachene è la più grande operazione messa a punto in Iraq dall’invasione del 2003 che rovesciò Saddam Hussein. Inoltre, essa ha assunto una notevole importanza per il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ormai giunto a fine mandato, ma non è esente da rischi. 

E’ piuttosto vivo il timore che questa offensiva possa contribuire ad alimentare un conflitto settario tra la popolazione di Mosul a maggioranza sunnita e le milizie sciite alleate con le forze governative irachene che avanzano. Si teme inoltre che un’ondata di rifugiati possa investire la regione e tutta l’Europa. 

Un coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq ha riferito che tra cinque o sei giorni sono previste le prime evacuazioni dei residenti, in concomitanza con l’avanzata dell’esercito verso la città. Intanto, le forze governative irachene s’impegneranno a rafforzare i controlli di sicurezza per evitare che nel piano di evacuazione dei civili possano infiltrarsi o nascondersi miliziani pronti a scappare dalla città sotto assedio. 

Alcuni video trasmessi dalla televisione araba al-Jazeera mostrano il lancio di razzi e raffiche di proiettili sparati nella notte nella città di Mosul e avvenuti subito dopo l’annuncio del primo ministro Haider Abadi, che ha definito “le operazioni eroiche, messe a punto per liberare la popolazione dal terrore e dall’oppressione di Daesh”, riferendosi all’Isis con l’acronimo. 

“Ci incontreremo presto sul terreno di Mosul per celebrare la sua liberazione e la sua salvezza”, ha commentato Abadi alla televisione di stato, circondato dai comandanti delle forze armate. 

(Qui sotto l’annuncio ufficiale dell’inizio dell’offensiva lanciata su Mosul da parte del primo ministro Abadi)

Il comandante della coalizione, il tenente generale statunitense Stephen Townsend, ha replicato che l’operazione militare volta a riconquistare la seconda città dell’Iraq settentrionale “con ogni probabilità continuerà per settimane, o forse più a lungo”.

A sottolineare l’importanza di questa operazione anche il segretario alla Difesa americano, Ash Carter, che ha così commentato: “Questo è un momento decisivo nella campagna per infliggere una sconfitta duratura all’Isil”. 

Se Mosul cadrà, rimane Raqqa in Siria come ultima roccaforte del sedicente Stato islamico. Negli ultimi nove mesi del 2016, il territorio dell’Isis in Iraq e in Siria è diminuito da quasi 80mila chilometri quadrati a 65mila, un’area grande tanto quanto lo Sri Lanka. 

A infliggere un altro colpo alla città in bilico un complotto scoperto e soffocato dai leader locali la scorsa settimana. A riferire la notizia è stata, in esclusiva, l’agenzia di stampa Reuters.

Secondo quanto è stato reso noto, un comandante del sedicente Stato Islamico avrebbe cercato di mettere in atto un colpo di mano nella città di Mosul e collaborare con il governo di Baghdad per allontanare gli islamisti dalla città.

Secondo quanto riportato da Reuters, alcuni testimoni hanno riferito che le 58 persone condannate a morte per aver preso parte al complotto sono state uccise per annegamento e gettate in fosse comuni.

Il timore di una crisi umanitaria:

Il primo ministro iracheno Abadi ha tentato di placare il timore che una simile operazione possa generare una crisi umanitaria di grandi proporzioni, invitando i residenti a collaborare con le forze governative e la polizia irachena – le uniche che potranno avanzare all’interno della città, al fine di evitare l’innescarsi di un conflitto settario con le milizie sciite. 

All’alba di domenica 16 ottobre, esponenti dell’esercito iracheno sono scesi a decine per le strade di Mosul per distribuire migliaia di volantini e avvertire la popolazione dell’imminente offensiva, suggerendo ai residenti di evitare di esporsi a rischi e invitandoli a restare nelle proprie abitazioni. 

“Abbiamo sentito in lontananza una serie di esplosioni, così sono salito sul tetto per vedere cosa stesse accadendo. Sono molto felice che l’operazione per liberare Mosul sia iniziata”, ha raccontato un testimone all’agenzia Reuters. 

Le Nazioni Unite hanno espresso il timore che la battaglia potrebbe richiedere sforzi umanitari grandi e complessi e che si rischierebbe di lasciare fino a un milione di persone senza casa, o peggio, vedere i civili usati come scudi umani. 

Sono già tre milioni gli sfollati in Iraq a causa dei conflitti che hanno coinvolto il sedicente Stato islamico, e si stima che almeno 100mila iracheni possano fuggire da Mosul verso i territori della Siria e della Turchia. 

Inoltre, in città, le medicine scarseggiano e i prezzi dei beni alimentarsi sono aumentati vertiginosamente. “Le famiglie di Mosul hanno iniziato a mettere da parte le riserve alimentari e non possono uscire dalle proprie abitazioni”, ha raccontato un residente. “I miliziani dell’Isis sono ancora in città, non è vero che sono andati via. Questi continuano a erigere muri anti-esplosioni nelle strade per ostacolare qualsiasi avanzata”. 

(Qui sotto alcuni residenti si riforniscono di beni di prima necessità. Credit: Reuters)

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