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Home » Esteri

Migranti, i video delle torture subite in Libia che Papa Francesco ha chiesto di vedere

Immagine di copertina

"Ho visto la sorte di chi viene rimandato indietro con i barconi", ha detto papa Francesco

Papa Francesco al ritorno dal suo viaggio in Irlanda, in volo ha parlato con i giornalisti a cui ha confessato di aver visto terribili video che mostrano le torture che subiscono i migranti in Libia. torture migranti libia papa

“Ho visto la sorte di chi viene rimandato indietro con i barconi”, ha detto il pontefice durante la conferenza stampa.

Il quotidiano Avvenire ha pubblicato delle forti immagini che testimonierebbero l’orrore che si compie nei “lager” libici dove vengono maltrattati i migranti. torture 

Le immagini mostrano uomini impiccati, frustati, appesi a testa in giù con segni di torture sul corpo. Il sito Snopes e il blogger e debunker David Puente, tuttavia, sul suo blog avanzano dubbi sull’autenticità delle immagini (vedi paragrafo in fondo).

Secondo quanto dichiara Avvenire è stato proprio Papa Francesco a chiedere di vedere quei video di cui aveva sentito parlare. Prima di mostrali al pontefice, aggiunge il quotidiano, i video sono stati verificati.

“Prima di rimandarli indietro ci si deve pensare bene” ha detto il Papa riferendosi alla dura politica di gestione dei migranti adottata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Le immagini riprese dai video mostrati a Papa Francesco testimonierebbero le torture che subiscono i migranti in Libia.

Secondo la ong Amnesty International l’Unione europea sosterrebbe in maniera attiva “un sistema di abusi e sfruttamenti” sulle coste libiche, con un sistema di ricerca e salvataggio al largo delle coste della Libia “inaffidabile, imprevedibile e punitivo”.

Dall’inizio di giugno, il ritiro dell’Italia dal coordinamento dei salvataggi in mare nel Mediterraneo centrale e la nuova politica di rifiuto dello sbarco alle navi che trasportano rifugiati e migranti soccorsi, hanno reso il sistema di ricerca e salvataggio al largo delle coste della Libia “inaffidabile, imprevedibile e punitivo”, mentre gli abusi perpetrati contro queste persone nel paese nord africano costituiscono spesso “la vera ragione” degli sbarchi.

I dubbi sull’autenticità delle immagini

Due delle immagini pubblicate da Avvenire sono state analizzate dal sito di fact-checking Snopes in questo articolo, che analizza sette foto postate su Facebbok alla fine del 2017 in relazione al traffico di schiavi in Libia.

Secondo il sito web, cinque delle sette foto sicuramente non riguardano il traffico di schiavi in Libia nel 2017 e di due – le due che si vedono anche su Avvenire – non si riesce a risalire alla fonte e quindi a dare un’indicazione certa su dove siano state scattate e quando.

Snopes parte dalle foto pubblicate su Facebook il 24 novembre 2017 da un utente chiamato Rayon Pyne, che denunciava l’indifferenza di fronte al “commercio di schiavi attualmente in corso in Libia”.

Nei mesi precedenti, l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) aveva rivelato l’esistenza di mercati per la vendita di schiavi in Libia e Niger; una notizia successivamente confermata dalla Cnn, che aveva mostrato un filmato con le aste in cui i migranti venivano acquistati e venduti tra indicibili sofferenze e torture.

Per la foto dell’uomo di colore a petto nudo e legato, il sito di fact-checking non è riuscito a individuare la fonte originale: l’immagine è apparsa nel blog italiano Social Popular News tra febbraio e marzo 2017, mentre ad agosto è stata postata nel blog Milano in Movimento che l’accreditava al fotografo italiano Alessio Romenzi, ma non sono state trovate prove a conferma.

Il blogger David Puente ha contattato Romenzi, che gli ha riferito che lo scatto non è suo.

Neanche per la foto di tre uomini seminudi, legati ai piedi e appesi a testa in giù, il sito è riuscito a individuare con precisione l’origine.

La prima comparsa degli scatti risalirebbe al 25 ottobre 2017 su un sito nigeriano che cita un utente Facebook. Questo sostiene che gli uomini siano stati attaccati da alcuni giovani dopo aver commesso un crimine.

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