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Usa, assalto al Congresso: spunta il piano per un colpo di Stato anti-Biden

Immagine di copertina
Credit: EPA/MICHAEL REYNOLDS

Usa, assalto al Congresso: spunta il piano per un colpo di Stato anti-Biden

Il giorno prima dell’assalto al Congresso degli Stati Uniti, all’interno dell’amministrazione circolava un piano dettagliato per far rimanere Donald Trump alla presidenza, nonostante la sconfitta alle elezioni di novembre 2020. Il documento è tra i materiali consegnati dall’ex capo di gabinetto di Trump, Mark Meadows, alla commissione del Congresso che indaga sui disordini del 6 gennaio scorso, quando migliaia di sostenitori di Trump fecero irruzione nella sede del parlamento statunitense.

S&D

Il piano è delineato in una presentazione lunga 38 slide dal titolo “Frode elettorale, interferenze straniere e opzioni per il 6 gennaio”. Il Power Point, che secondo il Guardian era stato presentato ad alcuni parlamentari repubblicani il 4 gennaio, era in possesso di Meadows almeno il giorno precedente all’assalto al Campidoglio, in cui persero la vita cinque persone e rimasero feriti più di 100 agenti. Il piano conteneva diverse indicazioni per fare in modo che Trump continuasse a occupare la presidenza per un secondo mandato nonostante la sconfitta contro il candidato democratico Joe Biden.

Secondo il quotidiano britannico, il piano prevedeva che in primo luogo senatori e membri del Congresso fossero informati di interferenze straniere nelle operazioni elettorali, per consentire a Trump di dichiarare un’emergenza nazionale. A quel punto, il presidente uscente avrebbe ordinato di invalidare i voti elettronici, chiedendo al Congresso di trovare una soluzione. Nella presentazione, si ipotizzava un ruolo per Mike Pence, il vice presidente, che secondo la costituzione statunitense presiede alla certificazione del risultato delle elezioni presidenziali. In base al piano, Pence avrebbe potuto influire sulla nomina dei grandi elettori o ritardare la certificazione per consentire il conteggio dei soli voti ritenuti “legali”. A inizio gennaio, le accuse di frode elettorale rivolte da Trump erano già state giudicate pretestuose dal procuratore generale Bill Barr e dal suo successore Jeff Rosen, incaricati dal presidente di indagare sulla teoria di una manipolazione del voto dopo la sconfitta alle elezioni.

In particolare secondo il New York Times Rosen non accolse le richieste dello stesso Meadows di indagare su una teoria cospirazionista diffusa online che avrebbe coinvolto anche l’Italia.

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