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Gli ultimi soldati giapponesi ad arrendersi dopo la Seconda Guerra Mondiale

Immagine di copertina
Hiroo Onoda, uno degli "ultimi giapponesi", arresosi a Lubang nel 1974

Nell'agosto 1945 la Seconda Guerra Mondiale finì anche nel fronte del Pacifico. Ma alcuni soldati giapponesi, nascosti nella giungla, non ne vennero a conoscenza, e si arresero solamente negli anni Settanta

La Seconda Guerra Mondiale sul fronte del Pacifico finì dopo che gli Stati Uniti sganciarono, nell’agosto 1945, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Tuttavia, molti militari giapponesi, nascosti nella giungla, non vennero mai al corrente di questo fatto, o non lo vollero riconoscere per via della mancanza di un ordine formale da parte di un diretto superiore, e continuarono a combattere una guerra personale.

Sono i cosiddetti “soldati fantasma giapponesi”, o “ultimi giapponesi”, e non furono casi isolati, dal momento che in tutto se ne contano almeno 127.

La società giapponese è basata fortemente sulla disciplina e sul rispetto dell’autorità, e negli anni della guerra vigeva una rigida cultura militarista, fatto che spiega il perché di questo fenomeno. A questo, va aggiunto che il fronte del Pacifico era caratterizzato da giungle e piccole isole, aree che rendevano facile rimanere nascosti per molti anni.

Negli anni Quaranta e Cinquanta decine di soldati fantasma giapponesi vennero ritrovati nelle giungle di Guam, delle Filippine e dell’Indonesia, alcuni ancora convinti che il conflitto fosse in corso, altri unitisi ai diversi gruppi ribelli che negli anni erano nati nell’area.

Ma ci fu qualcuno che riuscì a portare, in solitudine, la guerra avanti di quasi 30 anni, quando nel mondo gli equilibri erano cambiati, l’Impero giapponese era stato confinato al solo arcipelago, l’asse era da tempo sconfitta e Stati Uniti e URSS erano protagonisti della guerra fredda.

Teruo Nakamura era un soldato dell’esercito giapponese, nato a Taiwan (che all’epoca era parte dell’Impero del Sol Levante). Nel 1943 venne mandato a combattere sull’isola di Morotai, nell’arcipelago delle Molucche, in Indonesia.

Nel 1944 l’isola fu teatro di una furiosa battaglia tra giapponesi e alleati, conclusasi con la vittoria di questi ultimi. Nakamura, insieme ad altri soldati si rifugiò allora nella giungla per continuare a combattere, mentre la maggior parte dei soldati giapponesi presenti a Morotai era morta o si era ritirata.

La piccola guarnigione continuò a nascondersi fino agli anni Cinquanta, quando Nakamura decise di allontanarsi dagli altri, forse per timore che un gruppo di più persone potesse essere scoperto più facilmente. L’Indonesia nel frattempo aveva cessato di essere una colonia olandese ed era divenuta uno stato, e a pochi chilometri di distanza alla Seconda Guerra Mondiale ne era iniziata un’altra, in Indocina, contro i coloni francesi. Ma Nakamura non era al corrente di nulla di tutto ciò.

Nel 1956 costruì una capanna recintata e proseguì a vivere lì. Per ben 18 anni nessuno si accorse della sua presenza, finché nel 1974 – quando in patria Nakamura era stato da anni dichiarato morto, come gli altri dispersi di guerra – un pilota notò l’esistenza della struttura.

Negli anni immediatamente precedenti alcuni soldati giapponesi erano stati ritrovati nelle giungle del sudest asiatico: nel 1972 Shoichi Yokoi, rimasto nascosto in un rifugio da lui costruito a Guam, tornò in patria, e lo stesso anno Kinshichi Yokuda morì in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine filippine. Nel marzo 1974 anche Hiroo Onoda fu ritrovato nell’isola filippina di Lubang. Nessuno di loro sapeva che la guerra era finita da tempo.

Questi fatti avevano fatto capire che la capanna di Morotai era probabilmente occupata da un soldato giapponese. Nakamura venne arrestato dalla polizia indonesiana il 18 dicembre 1974, divenendo ufficialmente l’ultimo dei soldati fantasma giapponese a essere arrestato. Dopo di lui vennero ritrovati anche altri soldati, ma si trattava di persone unitesi ad altri gruppi combattenti, e non persone convinte di combattere ancora durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nakamura tornò dunque nella sua patria, l’isola di Taiwan. La sua vicenda non era ancora terminata, perché iniziò un lungo contenzioso sulla sua nazionalità e su chi gli avrebbe dovuto pagare la pensione militare. Per quanto giapponese, il militare veniva infatti da Taiwan, che era nel frattempo divenuto un Paese distinto e con cui Tokyo, in quel momento, era in pessimi rapporti. Oltretutto, facendo parte del gruppo etnico taiwanese degli Amis, nel 1974 Nakamura non parlava né cinese né giapponese.

Alla fine gli venne attribuita la cittadinanza taiwanese e percepì una pensione minima. Nakamura morì nel 1979 per un cancro ai polmoni.

Ma la vicenda di Nakamura, come abbiamo detto, non fu l’unica. Se il suo rimpatrio avvenne senza particolari resistenze, Hiroo Onoda, ritrovato pochi mesi prima, non sembrava voler accettare per alcuna ragione che la guerra fosse finita.

Dopo che per anni erano stati lanciati nell’area dove lui e altri soldati si trovavano lettere e foto di familiari che li invitavano a cessare le ostilità dal momento che la guerra era finita, Onoda e i compagni decisero di continuare, dal momento che ritenevano quei documenti un falso usato dai nemici come forma di guerra psicologica per portarli alla resa.

I compagni di Onoda con il tempo morirono, e lui rimase solo. Rintracciato nel 1972 da un militare, che convinse il maggiore Taniguchi, diretto superiore di Onoda che nel frattempo aveva lasciato l’esercito e faceva il libraio, a recarsi sull’isola di Lubang per ordinargli di arrendersi, cosa che solo a quel punto fece. Era il 1974, e la guerra per tutti era finita da quasi 30 anni, ma non per gli ultimi giapponesi.

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