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Ringiovanire è possibile: lo dice uno studio rivoluzionario sui topi di laboratorio

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Una recente ricerca di un team californiano ha mostrato che i roditori affetti da progeria possono migliorare la propria condizione attraverso un trattamento innovativo

Nel film “Il curioso caso di Benjamin Button”, con protagonista Brad Pitt, si ipotizzava la vita di un uomo diverso da tutti gli altri, destinato a nascere già anziano e a ringiovanire sempre di più col passare del tempo. 

Naturalmente si trattava di una storia di fantasia, perché tutti siamo abituati a considerare l’invecchiamento come un processo normale e irreversibile, dal quale è arduo sfuggire nonostante lifting, creme e trattamenti chirurgici.

Un nuovo studio del Salk Institute di La Jolla, in California, guidato dal professor Juan Carlos Izpisua Belmonte, potrebbe scardinare queste certezze assolute, attraverso risultati che sembrano indicare la capacità di un organismo di ringiovanire.

Il team ha mostrato che una nuova forma di terapia genica è in grado di produrre un notevole effetto rigenerante nei topi di laboratorio a cui è stata sottoposta la cura. Gli scienziati hanno testato alcuni roditori con una malattia genetica, chiamata progeria, che produce invecchiamento accelerato, danni al DNA, disfunzioni negli organi e un accorciamento notevole della vita. Dopo sei settimane di trattamento, gli animali avevano un aspetto migliore, spine dorsali più dritte, una migliore salute a livello cardiovascolare, sono guariti più rapidamente una volta feriti, e hanno vissuto il 30 per cento più a lungo.

“Il nostro studio dimostra che l’invecchiamento non deve necessariamente procedere in una sola direzione”, spiega Belmonte. “Con un’attenta modulazione, l’invecchiamento potrebbe essere invertito”.

Come hanno precisato gli scienziati, le tecniche genetiche utilizzate non si prestano a un uso immediato sugli esseri umani, e il team prevede che le applicazioni cliniche dello studio debbano aspettare almeno un decennio.

Lo studio, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista scientifica Cell, sono nati dall’interesse di Belmonte per la rigenerazione, ossia il fenomeno per cui alcuni animali, come lucertole e pesci, sono in grado di rigenerare la coda persa o i propri arti. Questa riprogrammazione parziale delle cellule gli suggerì che la riprogrammazione è un processo graduale, e nel corso di cinque anni è riuscito a modificare geneticamente il genoma dei topi per far sì che i tessuti deteriorati migliorassero la loro condizione.

L’attivazione di quattro geni specifici, la cui scoperta si deve allo scienziato giapponese premio Nobel Shinya Yamanaka, che li rese noti nel 2006, ha la capacità di agire su cellule mature e “riportarle indietro”, a una fase meno sviluppata. Un attento dosaggio di queste modifiche genetiche ha fatto sì che i topi non avessero effetti collaterali gravi già visti in azione in precedenza, come la formazione di tumori, ma potessero beneficiare di miglioramenti nelle cellule danneggiate dall’età.

Di seguito, un video del Guardian che mostra gli scienziati spiegare la scoperta:

(Credit: The Guardian/YouTube)

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