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Le sentenze più importanti del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia

Immagine di copertina
La guerra ha devastato dal 1991 la Jugoslavia

Il Tribunale è stato istituito dall'Onu nel 1993 per perseguire i crimini commessi nell'ex Jugoslavia a partire dal 1991 ed è stato sciolto a dicembre 2017

Il 25 marzo 1993 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha istituito il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi.

S&D

La Corte è stata costituita per perseguire i crimini commessi nell’ex Jugoslavia a partire dal 1991, durante la guerra che ha interessato i paesi ex sovietici dal 1191 fino al 1999, anno in cui il Kosovo passò sotto l’amministrazione delle Nazioni Unite.

Il Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia si è sciolto a dicembre del 2017 e le sue competenze sono passate al Meccanismo residuale per i Tribunali Penali Internazionali.

Non tutti i processi infatti sono terminati.

A novembre 2017, le sentenze di condanna definitiva sono state 83, 19 quelle di assoluzione e 37 imputati hanno visto ritirate le accuse contro di loro o sono morti.

Ma chi sono gli imputati di maggior rilievo e quali sono state le loro condanne?

Radovan Karadžić

Generale e politico di nazionalità serba, ha ricoperto la carica di presidente della Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina dal 1992 al 1996.

Dal 1991 al 1995 è stato il Comandante supremo delle forze armate serbo-bosniache.

Karadžić è stato latitante dal 1996 fino al luglio 2008, quando fu arrestato a Belgrado, in Serbia.

Il Tribunale lo ha accusato di genocidio, crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi e consuetudini di guerra. Ma l’accusa più pesante è quella di aver ordinato il genocidio di Srebrenica nel 1995, in cui 8mila bosniaci musulmani furono massacrati dalle forze serbo-bosniache guidate da Karadžić stesso.

Il 24 marzo 2016 è stato condannato a 40 anni di reclusione.

Il 23 aprile 2018 si è aperto il processo di appello di Radovan Karadžić davanti al Meccanismo residuale del Tribunale penale internazionale per i crimini nell’ex Jugoslavia, con sede all’Aia.

Ratko Mladić

Generale serbo, ha ricoperto il ruolo di capo di stato maggiore delle forze armate dell’esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, durante la guerra in Bosnia del 1992-1995.

Nel 1995 il Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia lo accusa di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

È stato anche accusato di essere il responsabile dell’assedio di Sarajevo, avvenuto tra il 5 aprile del 1992 e il 29 febbraio del 1996 e in cui persero la vita più di 12mila civili, e di aver preso parte al massacro di Srebrenica.

Noto come “il macellaio della Bosnia”, è scappato alla giustizia fino al 2011, quando fu arrestato in Serbia.

Dopo 16 anni di latitanza, Mladić fu estradato all’Aia e il suo processo si è concluso il 22 novembre 2017 con la condanna in primo grado all’ergastolo.

La condanna del generale è stata l’ultima sentenza emessa dalla Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia.

Vojislav Šešelj

Šešelj, fondatore del Partito radicale serbo, era stato accusato nel 2003 dal Tribunale di crimini contro l’umanità. Consegnatosi alla giustizia nel 2003, il suo processo è iniziato solo nel 2007.

Nel 2014 viene rilasciato temporaneamente dal carcere, in cui è detenuto nonostante non vi sia stata nemmeno una condanna in primo grado, per problemi di salute.

Nel 2016 Il Tribunale lo assolve in primo grado, dichiarandolo non colpevole di tutti i capi di accusa.

L’11 aprile 2017, però, la Corte d’appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia condanna Vojislav Šešelj a 10 anni di detenzione, riconoscendolo colpevole per capi d’accusa riguardanti crimini contro l’umanità.

Il politico, tuttavia, non sconterà la pena perché aveva già passato più di 10 anni in carcere tra il 2003 e il 2014.

Šešelj è stato dichiarato colpevole di incitamento alla persecuzione, deportazione e altri atti disumani come il trasferimento forzato di popolazione, nonché di persecuzioni e di crimini contro l’umanità commessi a Hrtkovci, nella regione serba della Vojvodina.

Nella città serba, Šešelj tenne un discorso in cui dichiarò che “a Hrtkovci non c’è spazio per i croati”, “Se non se ne vanno da soli, li porteremo al confine della terra serba. Da lì dovranno proseguire a piedi”.

Slobodan Milošević

Milošević è stato presidente della Serbia dal 1989 al 1997 e presidente della Repubblica federale di Jugoslavia, lo Stato formatosi nel 1992 dall’unione di Serbia e Montenegro e divenuto nel 2003 una confederazione e scioltasi definitivamente nel 2006.

Il Tribunale lo aveva accusato di crimini contro l’umanità per le operazioni di pulizia etnica condotte dall’esercito jugoslavo contro i musulmani in Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Kosovo.

Milošević non fu mai condannato definitivamente perché morì nel marzo 2006, mentre era in carcere, e il processo a suo carico si estinse.

Slobodan Praljak

Generale dell’esercito croato, è noto per essere stato a capo delle operazioni di bombardamento di Mostar nel 1993. La città della Bosnia ed Erzegovina era stata assediata per due anni, dal 1992 al 1993, e l’artiglieria croata comandata dal generale Slobodan Praljak aveva distrutto il 9 novembre 1993 il famoso ponte di pietra del diciannovesimo secolo, simbolo della città.

Fu condannato a 20 anni di carcere per crimini di guerra nel 2013 e la sentenza fu confermata il 29 novembre 2017.

Dopo la pronuncia della sentenza, Praljak bevve in aula una dose di cianuro, suicidandosi. 

 

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