Israele-Hamas, oggi l’incontro alla Casa Bianca fra Trump e Netanyahu: cosa prevede la proposta di tregua per Gaza
Il faccia a faccia è previsto per le 18.30 di Washinton (mezzanotte e mezza in Italia). Fallito il primo round di colloqui a Doha, ma il presidente Usa è ottimista: "Buone possibilità di accordo questa settimana"
Israele-Hamas: oggi l’incontro fra Trump e Netanyahu alla Casa Bianca
Oggi, lunedì 7 luglio, è in programma l’atteso faccia a faccia alla Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu: l’appuntamento alle 18.30 ora di Washington (in Italia sarà mezzanotte e mezza). Sul tavolo c’è la proposta formulata dagli Usa per cessare il fuoco nella Striscia di Gaza. Netanyahu ne parlerà anche con il segretario di Stato americano Marco Rubio e con l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff.
Nella serata di ieri, a Doha, capitale del Qatar, sono iniziati i negoziati indiretti tra lo Stato ebraico e il gruppo terroristico palestinese Hamas, trattative mediate dallo stesso Qatar e dall’Egitto. Ma il primo round di colloqui si è concluso con un nulla di fatto. Nelle ore precedenti Netanyahu aveva definito “inaccettabili” le modifiche chieste da Hamas alla proposta di tregua.
Trump, da parte sua, ha fatto sapere che ritiene ci siano “buone possibilità” di raggiungere un accordo “questa settimana”: “Abbiamo già rilasciato molti ostaggi, ma per quanto riguarda gli ostaggi rimanenti, un buon numero sarà rilasciato. Prevediamo di farlo questa settimana”, ha dichiarato il presidente ai giornalisti prima di salire sul suo aereo per Washington.
Ricordiamo che su Netanyahu pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il premier israeliano, tuttavia, può liberamente volare negli Stati Uniti, dato che Washington – così come, tra gli altri, lo Stato ebraico – non riconosce la giurisdizione della Corte.
Israele-Hamas: cosa prevede la proposta di tregua
La proposta di tregua sostenuta dagli Stati Uniti prevede uno stop temporaneo di 60 giorni del conflitto tra Israele Hamas, durante il quale le parti dovrebbero lavorare per porre definitivamente fine ai combattimenti. Dal 7 ottobre 2023 – giorno del raid terroristico palestinese sul territorio di Israele, da cui si è originata la devastante rappresaglia dello Stato ebraico – si stima siano morti circa 1.200 israeliani e 60mila palestinesi. Hamas detiene ancora 50 ostaggi israeliani, di cui almeno 20 si ritiene siano ancora vivi.
La piattaforma di accordo avanzata dagli Usa si articola in vari punti: i principali riguardano il graduale rilascio di ostaggi e prigionieri, le modalità di accesso degli aiuti umanitari nella Striscia e il graduale ritiro delle truppe israeliane.
In particolare, il primo giorno dell’entrata in vigore della tregua Hamas dovrebbe rilasciare 8 ostaggi vivi, il settimo giorno 5 corpi di ostaggi morti, il trentesimo giorno altri 5 corpi, il cinquantesimo giorno 2 ostaggi vivi e il sessantesimo giorno 8 corpi. In cambio, Israele dovrebbe liberare un numero da concordare di prigionieri palestinesi. Gli scambi dovrebbero avvenire senza cerimonie o sfilate e il decimo giorno Hamas dovrebbe fornire informazioni e prove che confermino quali ostaggi israeliani siano ancora vivi o morti, mentre Israele dovrebbe fornire informazioni complete sui prigionieri palestinesi detenuti a partire dal 7 ottobre 2023.
La proposta prevede inoltre che sufficienti quantità di aiuti entrino immediatamente a Gaza con il coinvolgimento delle Nazioni Unite e del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Hamas chiede che il controverso sistema di distribuzione degli aiuti gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Israele e Stati Uniti, venga immediatamente interrotto, ma su questo punto non c’è accordo con lo Stato ebraico.
Un altro nodo riguarda il perimetro del ritiro graduale dell’esercito israeliano dalla Striscia, perimetro che secondo la piattaforma di accordo statunitense dovrebbe essere definita nei negoziati di Doha. Hamas pretende che si arrivi a un ritiro totale e permanente, ma su questo punto Netanyahu non cede.
Il primo ministro israeliano ha escluso la possibilità di porre fine alla guerra finché tutti gli ostaggi non saranno rilasciati e le capacità militari e di governo di Hamas non saranno distrutte. I ministri israeliani di estrema destra hanno espresso la loro opposizione all’accordo proposto e chiedono, anzi, che le operazioni israeliane vengano intensificate e che le consegne di aiuti vengano sospese.
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