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Israele toglie anche l’elettricità a Gaza. Hamas: “Ricatto inaccettabile”. Gli Usa mediano: “Non siamo agenti di Tel Aviv”

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Credit: Omar Ashtawy apaimages/SIPA / AGF

Continuano i negoziati diretti tra l'inviato speciale di Trump per gli ostaggi, Adam Boehler, e il gruppo terroristico palestinese

Israele ha deciso di interrompere anche la fornitura di elettricità alla Striscia di Gaza, dopo aver bloccato l’ingresso degli aiuti umanitari nel territorio costiero palestinese, per aumentare la pressione su Hamas affinché liberi i 59 ostaggi ancora trattenuti dal gruppo terroristico, che ha condannato la mossa parlando di “ricatto inaccettabile” mentre continua a trattare separatamente con gli Stati Uniti.

Il ministro dell’Energia israeliano Eli Cohen ha ordinato ieri alla Israel Electric Corporation (IEC) di interrompere immediatamente la fornitura di elettricità alla Striscia: “Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione affinché tutti gli ostaggi tornino a casa e faremo in modo che Hamas non sia a Gaza nel dopoguerra”, aveva annunciato in una nota il ministro. “Basta parlare, è ora di agire!”. In seguito, l’ufficio di Cohen aveva fatto circolare una lettera inviata dal ministro all’azienda israeliana in cui si ordinava l’interruzione immediata della fornitura elettrica alle centrali di Gaza.

“Condanniamo fermamente la decisione (di Israele, ndr) di tagliare l’elettricità a Gaza, dopo averla privata di cibo, medicine e acqua”, aveva poi affermato Izzat al-Rishq, membro dell’ufficio politico di Hamas, in una nota diramata ieri su Telegram, in cui il gruppo denunciava “una meschina e inaccettabile politica di ricatto”.

Per produrre elettricità, gli abitanti della Striscia fanno affidamento principalmente sui pannelli solari e su generatori alimentati a gasolio. L’unica linea elettrica che collega il territorio costiero all’esterno arriva fino in Israele e alimenta i due principali impianti di desalinizzazione idrica di Gaza, che servono oltre 600mila persone, e il sistema di trattamento delle acque reflue. Non sono chiare le possibili conseguenze della decisione israeliana per i 2,3 milioni di residenti del martoriato territorio costiero..

Israele e Hamas si accusano a vicenda di aver violato l’accordo di tregua entrato in vigore il 19 gennaio e la cui prima fase è scaduta sabato 1 marzo dopo che le parti non sono riuscite a raggiungere un’intesa per prorogarla. In seguito, Israele ha ripristinato il blocco del territorio costiero, impedendo l’arrivo di merci e aiuti umanitari a Gaza, ricevendo l’appoggio degli Stati Uniti, che però hanno cominciato a negoziare direttamente con la leadership politica in Qatar del gruppo terroristico palestinese.

Almeno 59 ostaggi risultano ancora trattenuti da Hamas a Gaza ma, secondo le forze armate israeliane (Idf), 35 di questi sarebbero già morti. L’intelligence israeliana però ritiene che 22 ostaggi siano ancora vivi mentre lo stato di altri due resta sconosciuto. Tra gli ostaggi rimasti in mano a Hamas figurano anche cinque cittadini statunitensi, tra cui solo il 21enne Edan Alexander sarebbe ancora vivo.

Tel Aviv vorrebbe costringere Hamas ad accettare un’estensione fino a metà aprile della prima fase del cessate il fuoco, che prevede la liberazione di tutti gli ostaggi e la consegna dei corpi di quelli uccisi. Finora il gruppo ha respinto ogni proposta di proroga ma intanto nella Striscia sono ricominciati i raid dell’Idf, mentre da giorni i miliziani palestinesi denunciano i preparativi per una nuova offensiva israeliana a Gaza.

I mediatori internazionali, Egitto e Qatar, continuano però i colloqui con Hamas per promuovere la tregua mentre l’inviato speciale di Donald Trump per gli ostaggi, Adam Boehler, ha definito “molto utili” i suoi incontri con i rappresentanti del gruppo palestinese, dicendosi fiducioso che un accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi potrebbe essere raggiunto “entro poche settimane”. In un’intervista alla Cnn, Boehler ha riconosciuto che è stato “strano” sedersi faccia a faccia con i leader di Hamas, considerato dagli Usa un’organizzazione terroristica sin dal 1997, ma non ha escluso ulteriori colloqui.

Pur comprendendo la “costernazione” di Tel Aviv per i negoziati diretti tra Washington e Hamas, il diplomatico statunitense ha giustificato la mossa dell’amministrazione Trump con il tentativo di dare una scossa ai “fragili” negoziati, ma ha aggiunto che gli Stati Uniti “non sono un agente di Israele”.

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