Icona app
Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Banner abbonamento
Cerca
Ultimo aggiornamento ore 18:32
Immagine autore
Gambino
Immagine autore
Telese
Immagine autore
Mentana
Immagine autore
Revelli
Immagine autore
Stille
Immagine autore
Urbinati
Immagine autore
Dimassi
Immagine autore
Cavalli
Immagine autore
Antonellis
Immagine autore
Serafini
Immagine autore
Bocca
Immagine autore
Sabelli Fioretti
Immagine autore
Guida Bardi
Home » Esteri

Cile, montagne di vestiti invenduti nel deserto di Atacama: le conseguenze della moda “usa e getta”

Immagine di copertina

Colline di vestiti colorati si contrappongono alle dune di sabbia scura del deserto di Acatama, al Nord del Cile. Il reportage dell’Agence France Presse mostra e racconta la discarica – abusiva – di vestiti invenduti e scartati.

Appartengono prevalentemente alla “fast fashion”: quel tipo di abbigliamento economico e alla moda con gravi ripercussioni sull’ambiente, per i materiali usati e per l’eccessiva quantità prodotta.

Nel Paese sudamericano da circa quarant’anni arrivano gli abiti usati, scartati o invenduti prodotti in Cina e in Bangladesh e provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti o da alcuni Paesi dell’Asia, spiega l’Afp.

Ogni anno 59mila tonnellate di vestiti arrivano nel porto di Iquique, nel Cile settentrionale, ma non tutti quei vestiti vengono venduti. Sono 39mila le tonnellate di rifiuti tessili destinate alle discariche abusive. Si tratta di materiale non biodegradabile perché contenente sostanze chimiche, per questo non vengono accettati negli impianti municipali.

Nelle foto dell’Afp si intravedono vestiti di qualsiasi tipo e colore, borse, jeans, anche molto buste di plastica. Ci sono donne che rovistano tra le montagne di tessuto e riempiono carrelli, perché sperano di rivenderli nei loro quartieri. Immagini che richiamano quelle dei fiumi e delle isole di plastica nel Sud – est asiatico: dall’alto, in entrambi i casi, appaiono come tanti tasselli colorati, simili ai rombi del vestito di Arlecchino.

La realtà però è un’altra ed è spaventosa. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2019, la produzione globale di vestiti è raddoppiata tra il 2000 e il 2014 e l’industria è responsabile del 20% dello spreco totale d’acqua a livello mondiale. Per fare un paio di jeans occorrono 7500 litri d’acqua, si legge nel report. Perché un capo d’abbigliamento inquina durante tutto il suo processo, non solo nel finale.

Ti potrebbe interessare
Esteri / Reportage TPI – Il prezzo del sangue: così i tagli di Trump mettono a rischio la lotta all’HIV in Uganda
Esteri / Make Antitrust Great Again? Tutte le crepe nel movimento trumpiano tra lobbisti e falchi dei monopoli
Esteri / L’età della grande paralisi globale: ecco perché nessuno può sfidare il duopolio di Usa e Cina
Ti potrebbe interessare
Esteri / Reportage TPI – Il prezzo del sangue: così i tagli di Trump mettono a rischio la lotta all’HIV in Uganda
Esteri / Make Antitrust Great Again? Tutte le crepe nel movimento trumpiano tra lobbisti e falchi dei monopoli
Esteri / L’età della grande paralisi globale: ecco perché nessuno può sfidare il duopolio di Usa e Cina
Esteri / Oms: “Oltre 1.000 persone sono morte a Gaza in attesa di un’evacuazione medica dal luglio 2024”
Esteri / L’indiscrezione: “Grecia, Israele e Cipro valutano una forza militare congiunta nel Mediterraneo”
Ambiente / È uscito il nuovo numero di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Esteri / Piogge torrenziali, raid aerei e aiuti in ritardo: la tregua con Israele regge ma a Gaza si continua a morire
Esteri / Il discorso di Trump agli Usa: “Ho ereditato un disastro ma ora l’America è tornata”
Esteri / Iran, condannato a morte per “corruzione sulla Terra”: ora il pugile Mohammad Javad Vafaei Sani rischia l’esecuzione
Esteri / Putin minaccia: “La Russia raggiungerà tutti gli obiettivi in Ucraina. Con la diplomazia o con la forza”