È caduto Baghouz, l’ultimo villaggio ancora in mano allo Stato islamico
La portavoce della Casa Bianca il 22 marzo 2019 hanno annunciato la caduta di Baghouz, l’ultimo villaggio ancora in mano allo Stato islamico. “La Siria è stata liberata dallo Stato islamico”, ha annunciato Sarah Sanders.
La battaglia per la riconquista di quei pochi chilometri in cui i jihadisti erano asserragliati andava avanti da settimane, dopo che le milizie curdo-arabe erano riuscite a riprendere il controllo della roccaforte di Hajin, nella regione est di Deir el Zor.
I jihadisti dello Stato islamico hanno opposto una strenua resistenza e negli ultimi giorni si erano asserragliati lungo la sponda del fiume Eufrate. Per affrontare l’attacco delle SDF (Forze democratiche siriane), avevano minato il territorio di Baghouz e costruito tunnel e cuniculi per attaccare i combattenti di YPG e YPJ, le Unità di protezione popolare).
Proprio in un’imboscata dell’Isis ha perso la vita il combattente italiano Lorenzo Orsetti, il 33enne originario di Firenze unitosi un anno e mezzo fa alla rivoluzione della Siria del Nord.
La conquista di Baghouz corrisponde alla fine dello Stato islamico come entità politico-territoriale, ma come aveva spiegato proprio Lorenzo Orsetti in un’intervista rilasciata a TPI il 4 marzo “la guerra non è finita”.
Nonostante la sconfitta sul terreno infatti, la minaccia dell’Isis continua ad esistere. Nei campi della Siria del Nord ci sono ancora molti miliziani in attesa di essere processati e resta il problema della deradicalizzazione delle loro famiglie.
Come ha spiegato a TPI Jacopo Bindi, attivista di Torino che ha fatto parte delle strutture civili della rivoluzione nella Siria del Nord, nei territori già liberati dall’Isis “esistono ancora delle cellule dormienti pronte a compiere nuovi attentanti, soprattutto in Iraq”.
Resta quindi da capire se i governi occidentali ascolteranno o meno le richieste delle Forze democratiche siriane, che hanno proposto la creazione di tribunali di guerra in Siria per processare i miliziani dell’Isis in loco.
Nelle settimane passate il presidente americano Trump aveva invitato i governi a rimpatriare i propri foreign fighters, ma il timore è che una volta nei paesi d’origine i giudici non riescano a dimostrare i crimini da loro commessi.