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Home » Esteri

In Belgio è stata autorizzata l’eutanasia per una donna vittima di stupro

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Una donna di 50 anni ha appena ottenuto il diritto all’eutanasia, in Belgio, a causa dell’estrema sofferenza psicologica subita a seguito di uno stupro nel 2016. Un medico e due psichiatri sono stati consultati per concederle questo diritto autorizzato nel Paese dal 2002.

La decisione naturalmente sta facendo discutere e ha riaperto il dibattito sul fine vita e sui criteri per permetterlo. In questo caso è l’estrema pena e il continuo patimento che la vittima ha continuato a provare negli anni, trascinandosi dietro un vissuto talmente devastante da non consentirle di uscire dallo stato di prostrazione profonda nonostante le terapie, le cure della famiglia, la presenza dei figli.

Un medico e due psichiatri hanno concesso all’unanimità il diritto all’eutanasia a Nathalie Huygens. Gli operatori sanitari giudicano le sue condizioni in linea con i criteri per accedere all’eutanasia, pratica altamente regolamentata nel Paese.

“Pensavo davvero che avrei superato tutto questo”, spiega Nathalie Huygens al media belga 7sur7. “Alla fine ho capito che una parte di me era morta”, ha detto.

Dopo settimane segnate da attacchi di panico e ansia, in cui Nathalie Huygens non sopportava di mangiare con la sua famiglia o dormire con il marito, ha tentato il suicidio. “Quattro mesi dopo gli eventi, sono stato ricoverato in psichiatria. L’inizio di una lunga serie di ricoveri negli anni, forzati o meno su consiglio del mio psichiatra”, racconta.

“In questi più di sei anni, a parte dormire, non c’è mezz’ora in cui non penso a quello che mi è successo”, racconta la cinquantenne al quotidiano belga. “Già, vivo continuamente con le sequele fisiche. Non posso più mangiare cibi duri, mi fa sempre male l’occhio sinistro”.

Di fronte a tutti questi postumi, e di fronte alla sua incapacità di condurre una vita “normale”, ha chiesto l’autorizzazione all’eutanasia. Domanda autorizzata in Belgio quando il paziente è, al momento della richiesta, in grado di esprimere la propria volontà con cognizione di causa.

La madre deve “dimostrare” di essere in una sofferenza fisica o psichica costante, insopportabile e insanabile, e se tale sofferenza è conseguenza di una condizione accidentale o patologica, grave o inguaribile. Condizioni che, secondo gli operatori sanitari, sono tutte soddisfatte.

Un passo difficile, ma sostenuto dal figlio. In una lettera aperta, pubblicata nel marzo 2022, ha scritto: “Da anni ci troviamo in una situazione in cui la mamma è ancora fisicamente viva, ma mentalmente lontana. Al posto di mia madre, neanche io vorrei vivere”.

Nathalie Huygens ha spiegato a 7sur7 che voleva essere soppressa il prima possibile. Ma spiega di voler provare a resistere fino al processo civile contro il suo aggressore, che attende “da tanto tempo”.

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