Lettera a TPI: “Perché la direttiva Ue sugli stage dovrebbe interessarci”

Riceviamo e pubblichiamo di seguito questa lettera arrivata alla redazione.
Trovare un’occupazione per un giovane in Italia è ad oggi una delle sfide più ardue che quest’ultimo possa affrontare. A dircelo sono i numeri, più precisamente quelli del rapporto annuale 2025 di Istat, il quale sottolinea un aumento del tasso di disoccupazione giovanile (arrivato al 19% per i ragazzi nella fascia 15-24 anni e 9,5% per quelli tra i 25 e i 34 anni) e una sempre crescente emigrazione di giovani laureati verso l’estero.
Uno dei tanti problemi che si nasconde dietro questi dati è la precarietà degli stage proposti da varie aziende operative nel Paese, colpevoli secondo molti giovani tirocinanti di offrire un lavoro fin troppo lontano dal proprio percorso di studi e una remunerazione al ribasso.
L’evento organizzato dal TPI e dal Parlamento Europeo lo scorso 23 maggio – dal titolo “Un nuovo modello di lavoro: la direttiva Ue per stage di qualità” – si è rivelato estremamente attuale poiché si è discusso della proposta legislativa della Commissione Europea mirata a regolare l’offerta degli stage lavorativi concessi in tutta l’Unione. All’incontro hanno partecipato gli eurodeputati Nicola Zingaretti (Pd), ex presidente della Regione Lazio ed ex segretario del Partito Democratico, Pasquale Tridico (M5S), ex presidente dell’Inps, e Francesco Torselli (FdI).
Il messaggio principale emerso da questa discussione è che stage e lavoro a tempo pieno sono (e debbano essere) due concetti diversi, poiché equiparare questi ultimi consente al datore di prediligere gli stage ad un’assunzione a tempo pieno, essendo questi ultimi meno vincolanti e costosi. Ciò che ne consegue è dunque, citando Zingaretti, la “più oscena forma di sfruttamento del lavoro”, ovvero un rapporto in cui il giovane viene relegato a mansioni secondarie (es. fare le fotocopie) per mesi, nella speranza di poter arrivare a una promozione di fatto irraggiungibile.
La proposta del Parlamento promette di arginare il problema stabilendo 5 punti fondamentali: la definizione iniziale di un patto formativo, un tutor che possa verificarne il corretto svolgimento, una forma scritta dell’accordo, una compensazione di tipo economico (che sia uno stipendio o un rimborso spese) e una durata massima di 6 mesi continuativi. In aggiunta, Zingaretti ha riportato la volontà dei parlamentari francesi di introdurre un rapporto massimo tra dipendenti e tirocinanti, mentre Tridico ha insistito sul fatto che i tirocini debbano essere visionati anche dai sindacati e che ci debba essere un limite preciso negli stage concessi da un’azienda.
La proposta in sé e per sé sembra apprezzabile, ma prima di diventare realtà il testo legislativo dovrà passare dalla Commissione Lavoro ad inizio giugno ed essere approvato successivamente in plenaria a luglio. È lecito affermare che in un clima così incerto una maggiore partecipazione della nuova generazione può e deve portare entusiasmo ad un Paese che negli ultimi anni ne ha avuto a stento.
Alessandro Cataldi