Torino, muore in carcere dopo aver perso 25 chili: il caso finisce in tribunale
Torino, muore in carcere dopo aver perso 25 chili: il caso finisce in tribunale
Morto in carcere a 28 anni dopo aver perso 25 chili di peso. È finito in tribunale il caso di Antonio Raddi, morto due anni fa al carcere delle Vallette, dopo numerose segnalazioni della garante dei detenuti alla direzione del penitenziario.
I familiari hanno chiesto di non archiviare l’inchiesta sulla sua morte, dopo che la procura ha chiesto una seconda consulenza tecnica sul caso.
Il giovane, affetto da una patologia neurologica dall’infanzia, era arrivato alle Vallette il 28 aprile 2019 dopo una condanna per rapine, maltrattamenti ed evasione. Al suo ingresso in carcere aveva un peso di 80 chili, arrivato a circa 50 chili a novembre. Raddi diceva di non riuscire a mangiare ma gli operatori del carcere credevano che stesse fingendo.
Secondo il suo compagno di cella, il 13 dicembre ha iniziato a “vomitare sangue, defecare e svenire” ed è stato al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, dove è entrato in coma, prima di morire il 30 dicembre.
“Diceva sempre che non stava bene e ai miei genitori chiedeva aiuto, ma cosa potevano fare? Andavano da lui una volta a settimana”, ha riferito la sorella Natascia Raddi alla testata locale Cronaca Qui. “Durante l’ultima visita, era sulla sedia a rotelle. La dottoressa che l’ha visitato al Maria Vittoria, ha detto che lo stato in cui era non è qualcosa che succede dal giorno alla notte”, ha aggiunto.
Il caso era stato segnalato nove volte dalla garante delle persone detenute Monica Gallo alla direzione del carcere, che aveva risposto due settimane dopo la prima segnalazione, risalente al 7 agosto, negando ci fossero state “particolari criticità”.
Nelle settimane successive i genitori avevano visto il figlio sempre più “deperito” e il 23 settembre, la garante aveva parlato di un “drammatico peggioramento dello stato fisico e psichico”. Il 19 novembre la referente del Serd aveva nuovamente allertato la garante, affermando nelle settimane successive che Raddi non riusciva più “a ingerire né solidi né liquidi”. Dopo una visita del 4 dicembre la garante aveva scritto che il ragazzo “implora di intervenire, ha le stesse sembianze di Stefano Cucchi”.