Alla faccia della Salute: l’Italia fanalino di coda nel G7 per spesa sanitaria
La spesa sanitaria pro-capite, pubblica e privata, è sotto la media europea. La Germania spende più del doppio dell’Italia. Anche Francia e Spagna fanno meglio. Tutta colpa dei tagli. E il Covid non ha aiutato. Ma ora bisogna invertire la rotta. Prima che sia tardi
L’Italia, fra i Paesi avanzati e con sistemi sanitari universalistici, è uno di quelli con i più bassi livelli di spesa sanitaria, pubblica e privata, pro-capite, sia in termini assoluti che in relazione al Pil.
In Europa, nel 2022, ben 15 Paesi hanno destinato alla sanità più risorse pro-capite rispetto a quanto fatto dall’Italia. Non solo. Siamo sotto la media, sia nei confronti dell’Europa che guardando ai Paesi Ocse, anche per la quota di prodotto interno lordo utilizzata per la salute dei cittadini.
A sottolinearlo è la statistica, elaborata partendo dal database Oecd Stat aggiornato al 3 luglio 2023, della Fondazione Gimbe. «Il nostro Paese – non usa mezzi termini il presidente, Nino Cartabellotta – ha urgente bisogno di invertire la rotta. Altrimenti sarà l’addio al diritto costituzionale alla tutela della salute».
Un confronto impietoso
Tanto la media dei Paesi Ocse che quella europea sulla percentuale di Pil destinata alla sanità, nel 2022, è del 7,1 per cento. L’Italia si attesta 0,3 punti percentuali più indietro, con il 6,8 per cento.
La Germania, seconda nell’Ocse alle spalle degli Stati Uniti, ha una quota del 10,9 per cento. Ma anche Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Austria, Belgio, Finlandia, Danimarca, Svizzera, Repubblica Ceca, Spagna e Islanda, solo per restare al nostro continente, impiegano a tal fine percentuali superiori del Pil, con la Norvegia sui nostri livelli.
Quanto alla spesa pro-capite, lo scorso anno lo Stato ha speso in sanità 3.255 dollari per cittadino.
La media Ocse, in questo caso, è di 3.899 dollari, 644 in più dell’Italia, e ancor maggiore (873 dollari) è il divario con la media dei Paesi europei, attestata a 4.128.
Così, se rispetto alla classifica sulla quota di Pil superiamo la Spagna, ci sopravanzano però in quest’altra graduatoria anche Norvegia e Lussemburgo. Sempre saldamente prima in Europa la Germania, a 6.930 dollari: più del doppio dell’Italia, che si lascia alle spalle solo Portogallo, Grecia e quasi tutti i Paesi dell’Est.
Il gap con gli altri Stati europei si è ampliato progressivamente dal 2010, «a seguito di tagli e definanziamento pubblico», sino a raggiungere 590 dollari nel 2019. Negli anni della pandemia, poi, si è ulteriormente allargata la forbice.
«Al cambio corrente dollaro/euro – quantifica Cartabellotta – il gap con la media dei Paesi europei dell’area Ocse oggi ammonta ad oltre 808 euro pro-capite. Che, tenendo conto di una popolazione residente al 1° gennaio 2023 di oltre 58,8 milioni di abitanti, si traduce nella cifra monstre di oltre 47,6 miliardi di euro».
Viene quindi definito “impietoso” il confronto con gli altri Stati del G7 sul trend della spesa sanitaria pubblica tra il 2008 e il 2022. La prima considerazione è che, escluso il Regno Unito, l’effetto della crisi finanziaria del 2008 ha appiattito le curve solo in Italia, mentre altrove la crescita della spesa pubblica pro-capite in sanità è continuata, se non addirittura si è impennata. Da noi, che già eravamo in coda, la curva si è invece appiattita. E le distanze, dopo 15 anni, per Cartabellotta «sono ormai divenute incolmabili».
Definanziati
L’imponente sotto-finanziamento, la progressiva carenza di personale sanitario, i modelli organizzativi obsoleti, l’incapacità di ridurre le diseguaglianze e l’inevitabile avanzata del privato hanno determinato la progressiva erosione del diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare nelle Regioni del Sud. «I princìpi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – dichiara poi Nino Cartabellotta – universalità, uguaglianza, equità, sono stati traditi e oggi sono ben altre le parole chiave del nostro SSN: infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure».
In questo contesto, il tema del finanziamento pubblico per la sanità infiamma da mesi il dibattito politico, vista l’enorme difficoltà delle Regioni a garantire un’adeguata qualità dei servizi, la mancata erogazione da parte del Governo dei “ristori Covid” e, più in generale l’assenza del tema “sanità” dall’agenda dell’Esecutivo. «Per tale ragione – spiega Cartabellotta – con l’imminente Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NaDEF) e, soprattutto, in vista della discussione sulla Legge di Bilancio 2024, la Fondazione GIMBE ha analizzato la spesa sanitaria pubblica nei Paesi dell’Ocse al fine di fornire dati oggettivi utili al confronto politico e al dibattito pubblico ed evitare ogni forma di strumentalizzazione».
Trend negativo
Ritornando sul confronto con gli altri Paesi del G7, sul trend della spesa pubblica 2008-2022, emergono alcuni dati di particolare rilievo. Innanzitutto, negli altri Paesi del G7 (eccetto il Regno Unito) la crisi finanziaria del 2008 non ha minimamente scalfito la spesa pubblica pro-capite per la sanità: infatti dopo il 2008 il trend di crescita si è mantenuto o ha addirittura subìto un’impennata. In Italia, invece, il trend si è sostanzialmente appiattito dal 2008, lasciando il nostro Paese sempre in ultima posizione. In secondo luogo, spiega Cartabellotta «l’Italia tra i Paesi del G7 è stata sempre ultima per spesa pubblica pro-capite: ma se nel 2008 le differenze con gli altri Paesi erano modeste, con il costante e progressivo definanziamento pubblico degli ultimi 15 anni sono ormai divenute incolmabili».
Infatti, nel 2008 tutti i Paesi del G7 destinavano alla spesa pubblica pro-capite una cifra compresa tra i 2.000 e i 3.500 dollari e il nostro Paese era fanalino di coda insieme al Giappone; nel 2022 mentre l’Italia rimane ultima con una spesa pro-capite di 3.255 dollari, la Germania l’ha più che raddoppiata sfiorando i 7mila. Infine, commenta il Presidente «se per fronteggiare la pandemia tutti i Paesi del G7 hanno aumentato la spesa pubblica pro-capite dal 2019 al 2022, l’Italia è penultima poco sopra il Giappone». Ma soprattutto, dopo l’emergenza Covid-19 il gap con gli altri Paesi europei del G7 continua a crescere: infatti, nel nostro Paese la spesa sanitaria pubblica nel 2022, rispetto al 2019, è aumentata di 625 dollari, quasi la metà di quella francese (1.197 dollari) e 2,5 volte in meno di quella tedesca (1.540 dollari).
L’analisi della Fondazione Gimbe punta dunque il dito su «l’imponente sotto-finanziamento, la progressiva carenza di personale sanitario, i modelli organizzativi obsoleti, l’incapacità di ridurre le diseguaglianze e l’inevitabile avanzata del privato».
Un insieme di fattori che «hanno determinato la progressiva erosione del diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare nelle regioni del Sud». Da qui l’urgenza di riscontrare un’inversione di tendenza con «segnali già visibili nella NaDEF 2023 e, soprattutto, nella prossima Legge di Bilancio», invita Cartabellotta.