Rinascita Capitale: così Roma ha ritrovato una prospettiva e punta al futuro
Dal buio dei cassonetti alle luci dei droni. Dalle inchieste sulla criminalità ai fondi del Giubileo. Tra memoria, rassegnazione e ripresa. Anche economica. Così l’Urbe guarda avanti. Sospesa tra promesse, ritardi e fiducia
Le bacheche social degli utenti di tutto il mondo sono state riempite nei giorni scorsi dalle suggestive immagini dello spettacolo di droni che ha costellato il cielo sopra la Basilica di San Pietro. Uno spettacolo che di per sé non rende più frequenti le corse della metro, non toglie i rifiuti dalle strade, non contribuisce a frenare il caro degli affitti e non allevia tanti dei problemi che colpiscono i romani ogni giorno, ma quelle stesse immagini sui media di tutto il mondo ci fanno sembrare anni luce distante il tempo in cui le notizie da Roma sulla stampa internazionale erano quelle relative all’inchiesta Mafia Capitale, erano le foto dei cassonetti strapieni, dei cinghiali e dei gabbiani che imperversavano per le strade della nostra città. Quella che veniva ritratta era una Roma che sembrava colta da una spirale di decadenza, che poteva ambire a galleggiare, che aveva paura di muoversi e di tracciare una prospettiva, destinata a restare all’ombra di una Milano che intanto sembrava crescere inarrestabile e scintillante.
Passare dai cinghiali ai droni è solo un’immagine, è vero, ma è un simbolo di una Roma che continua ad avere una marea di problemi, ma ha riacquisito una fiducia in sé stessa che sembrava ormai persa, aver messo in soffitta ogni ambizione, lasciando i cittadini disillusi e rassegnati a una grigia mediocrità.
La grande disillusione
Attenzione, è importante chiarire però da subito un aspetto. Qui non si tratta di puntare il dito contro alcun sindaco né di incensarne un altro: tutti fanno del loro meglio per amministrare la città, secondo le proprie idee, le condizioni e gli strumenti a disposizione, tutti commettono errori in una città estremamente complessa da amministrare, e per dare una valutazione completa su un operato, a volte, serve che passino anni. E quindi, ciò che è interessante vedere, è cosa è successo a Roma in questi anni, come questa città si è piegata, si è abbrutita, si è a tratti rassegnata e oggi, con mille problemi e tanti punti interrogativi sembra aver riacquisito, pur col classico carattere disilluso, a tratti cinico, dei romani, la consapevolezza del suo ruolo e della sua importanza.
Sono passati oltre dieci anni da quel dicembre 2014 in cui Roma si svegliava sconvolta da una serie di arresti che coinvolse anche la classe politica e la pubblica amministrazione della Capitale. Quella che a livello mediatico divenne nota come “Mafia Capitale” – per quanto poi l’aggravante mafiosa sarebbe caduta per tutti gli imputati – compromise senz’altro la fiducia dei romani nei confronti delle istituzioni, in una crescente sfiducia che l’anno successivo si sarebbe rafforzata con la grottesca conclusione della giunta guidata dal sindaco Ignazio Marino, messo prima all’angolo dal suo stesso partito, il Partito Democratico, e poi fatto cadere con le dimissioni di massa dell’Assemblea capitolina, seguite dal commissariamento del Comune. E mentre quell’anno il mondo guardava a Milano e al suo Expo 2015, Roma appariva come una città in decadenza, priva di organi politici, al centro di un’inchiesta che metteva la lente d’ingrandimento su collusioni e intrallazzi, contribuendo al clima di totale sfiducia non solo verso le istituzioni e la cosa pubblica, ma verso qualsiasi progettualità potesse guardare al futuro, comprese le Olimpiadi del 2024 che la città ambiva a organizzare.
Il risultato delle elezioni comunali del 2016 altro non fu che la conseguenza naturale di questa sfiducia verso i partiti tradizionali, con una vittoria larghissima del Movimento Cinque Stelle e l’elezione di Virginia Raggi a sindaca, con un programma freddo verso la realizzazione di grandi opere e l’organizzazione di grandi eventi in un momento storico di massima prudenza in seguito agli scandali ancora freschi, con la necessità di affrontare la delicata gestione dei trasporti, con l’ATAC – l’azienda del trasporto pubblico – a rischio fallimento, e una difficile situazione dei rifiuti resa sempre più complessa in seguito alla chiusura della discarica di Malagrotta voluta dalla giunta Marino.
In questo contesto, mentre Milano chiamava archistar a riprogettare interi quartieri ed era reduce dall’Expo, Roma rinunciava a candidarsi a ospitare le Olimpiadi, bloccava il progetto per un nuovo stadio della Roma a Tor di Valle e per tre vicini grattacieli a firma dell’architetto Libeskind. La prudenza dovuta allo strascico di Mafia Capitale, le difficoltà economiche, sembravano aver portato le istituzioni, la classe politica e i romani a uno stato di totale rassegnazione, che aveva causato una totale immobilità. In quel clima, anche il rifacimento di una strada o di un parco sembrava una grande opera, in una città che avrebbe invece bisogno di una rivoluzione a livello di infrastrutture e dovrebbe saper pensare in grande per recuperare il proprio posto nel mondo. E in tutto questo, i media di tutto il mondo amplificavano l’immagine di una Roma con i cassonetti che strabordavano di immondizia, i cinghiali che compivano indisturbati le loro scorribande, le buche onnipresenti sul manto stradale e gli autobus che prendevano fuoco. Non l’immagine che ci si aspetta dalla Caput Mundi, quella Roma dei Cesari e dei Papi, mentre il resto del mondo guardava avanti senza le nostre stesse remore.
Nuovi progetti
Ma poi, proprio il mondo intero ha affrontato la grande cesura del nostro tempo recente, quella che rappresenta sotto molti aspetti lo spartiacque tra un prima e un dopo: la pandemia di Covid-19. Mentre in tutto il mondo le persone sperimentavano il confinamento, si iniziava a ragionare della nuova normalità, delle prospettive verso un futuro più sostenibile per le persone che stavano sperimentando qualcosa che mai avrebbero pensato: e mentre si ragionava di distanziamento, sanificazione e si aspettavano notizie sullo sviluppo dei vaccini, la giunta Raggi iniziò a progettare in tutta la città piste ciclabili volte a promuovere un mezzo alternativo che garantisse più facilmente il distanziamento sociale. Sia chiaro, non parliamo di una rivoluzione infrastrutturale, ma parliamo di una scelta importante, di un piccolo gesto che in quel momento, dopo anni di rassegnazione, rappresentava una novità che ridava – non senza critiche – finalmente un senso di iniziativa alla città.
A dare benzina al “ritorno di Roma” è stata poi la risposta europea al Covid, ovvero i fondi del PNRR. Dopo anni di immobilismo, di difficoltà economiche, di timori, la Capitale finalmente ha avuto la possibilità di realizzare progetti, di provare a pensare finalmente in grande, negli stessi anni in cui lo scintillante modello Milano che sembrava inarrivabile iniziava invece a scricchiolare e mostrare i suoi limiti. A poter usufruire di questi fondi è stato in primis Roberto Gualtieri, eletto sindaco di Roma nelle elezioni del 2021, lo stesso che era stato ministro dell’Economia proprio quando questo fondo iniziò a essere pensato nel pieno della pandemia. Ma se la Capitale finalmente poteva gestire il suo futuro, se finalmente sentiva la necessità di riprendere in qualche modo l’iniziativa, i problemi erano ancora tanti e molto grandi e la strada si è comunque mostrata tutt’altro che semplice da percorrere.
Mentre il neosindaco cercava di risolvere i problemi più imminenti, rifiuti in primis, il suo tentativo – avvenuto con il sostegno trasversale del governo – di portare a Roma l’Expo 2030 si è concluso con un deludente terzo posto non solo alle spalle della gran favorita Riad, ma anche della sudcoreana Busan, meno quotata della Capitale. E già sembrava dunque che un tentativo di tornare protagonisti fosse stato in realtà la mossa goffa di una città non più attrezzata a fare le cose in grande.
Cantieri su cantieri
L’avvicinarsi del Giubileo del 2025, però, ha costretto il Comune a darsi da fare per accogliere nel modo migliore i milioni di pellegrini attesi a Roma. Come ogni anno giubilare ordinario, anche quello in corso è un evento che non arriva all’improvviso: si tratta di un evento ciclico che si ripete ogni 25 anni e cui la città è in grado di prepararsi per tempo. Molti speravano potesse essere il momento della rivalsa, così come il Giubileo del 2000 era stato il coronamento di anni in cui Roma era tornata protagonista, con nuove infrastrutture, strade e piazze riqualificate e restituite ai cittadini, e di cui è ancora vivo il ricordo di Papa Giovanni Paolo II che riempiva la spianata di Tor Vergata in occasione del Giubileo dei Giovani. Tanti temevano però, dopo questi anni difficili, in un’altra occasione sprecata, o addirittura in una figuraccia, con ritardi e opere cancellate o lasciate incompiute.
Dopo un 2024 caratterizzato da cantieri su cantieri, al punto da essere diventati un tormentone social anche tra i turisti, Roma si è fatta trovare abbastanza pronta (non esagerare è d’obbligo, visto che l’anno deve ancora concludersi) per il Giubileo, ma soprattutto ha mostrato ai romani di essere ancora in grado di ripensarsi in grande. Nuove piazze, nuove infrastrutture, nuovi sottopassi, l’immagine di una città in grado di rinnovarsi e di guardare avanti, e di collaborare col governo, con cui su molti punti è nata una sinergia. La risposta della città è stata ancora più importante nella gestione dei funerali di Papa Francesco, del successivo Conclave e dell’insediamento di Papa Leone XIV: un evento che Comune, Governo e tutte le istituzioni impegnate hanno saputo gestire in maniera impeccabile. Già, perché il Governo e il Comune, pur se di colore politico diverso, hanno mostrato in questa fase di saper collaborare nel rilancio della Capitale e nella gestione del Giubileo, come mostra ad esempio l’apertura al pubblico della Vela di Calatrava a Tor Vergata, una delle opere incompiute per antonomasia (doveva essere aperta per i mondiali di nuoto del 2009) al punto che qualche candidato sindaco aveva proposto addirittura di smontarne lo scheletro.
Questioni aperte
Oggi, però, queste novità non devono far dormire nessuno sugli allori, amministrazione comunale in primis. Roma, infatti, aveva prima di tutto un grande problema di fiducia in sé stessa, arrivata a ritenere irrisolvibili i suoi problemi storici, dal traffico ai rifiuti, a vedere l’apertura di un cantiere come un disagio dalle tempistiche aleatorie e non una opportunità, a vivere un grande evento come un problema e non un’occasione di rilancio e visibilità. Oggi, prima di tutto, la gestione del Giubileo e le novità devono mandare questo messaggio di ottimismo e fiducia, ma la strada è ancora lunga, per Gualtieri e per chi a tempo debito verrà dopo di lui. Si aspetta ancora oggi l’apertura regolarmente slittata di due stazioni della metro C fondamentali per il futuro di Roma, Colosseo e Porta Metronia, ci si chiede quanto ci vorrà a realizzare la stazione di piazza Venezia, per non parlare del prolungamento ulteriore della stessa linea. Si attende di conoscere se il termovalorizzatore sarà davvero costruito e in che tempi. Ci si chiede come Roma affronterà i problemi di overtourism, di turistificazione di intere aree, del caro-affitti che ne consegue, e se questo non porterà sempre più romani a lasciare la città e stabilirsi in comuni vicini. Ci si interroga se sia possibile per i romani fare a meno dell’automobile privata e in una delle città urbanisticamente più dispersive d’Europa sia possibile realizzare un sistema di trasporto pubblico capillare, efficiente, e su cui i cittadini possano fare pienamente affidamento. Le domande sono molteplici, e i romani attendono le risposte. Starà alle istituzioni farci capire se questo momento per Roma sia solo un fuoco di paglia o la Capitale sta davvero tornando protagonista.