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    Ospedale di Alzano, ci sono i primi due indagati per la gestione del pronto soccorso

    L’identità degli indagati non è nota ma l’ipotesi di reato è quella di epidemia e omicidio colposo

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 16 Giu. 2020 alle 06:57 Aggiornato il 16 Giu. 2020 alle 07:05

    Ospedale di Alzano, primi due indagati per gestione del pronto soccorso

    L’inchiesta della magistratura sulla mancata zona rossa nella Val Seriana e a Nembro e sulla gestione dell’ospedale di Alzano va avanti. Riguardo il primo aspetto, lo scorso 10 giugno, il premier Giuseppe Conte è stato ascoltato, come persona informata sui fatti, per oltre tre ore dalla procuratrice Maria Cristina Rota. “Le audizioni si sono svolte in un clima di massima distensione e di massima collaborazione istituzionale”, ha detto la pm al termine dell’incontro durante il quale oltre ad aver sentito il premier, ha ascoltato anche i ministri Roberto Speranza e Luciana Lamorgese, sempre come persone informate sui fatti.

    Sull’inchiesta arrivano però novità importanti: in Procura ci sono i primi due indagati sulla gestione del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano, che fu chiuso e riaperto nel giro di tre ore, il 23 febbraio, dopo la scoperta dei primi due contagiati, poi deceduti. L’ipotesi è di epidemia e omicidio, colposi. Lo riporta il Corriere, secondo cui l’identità delle persone sotto inchiesta non è nota.

    Nessun dirigente e nessun medico dell’Azienda socio sanitaria territoriale di Seriate, competente su Alzano, avrebbe ricevuto al momento informazioni di garanzia, secondo Armando Di Leandro e Desirée Spreafico che firmano il pezzo. Come persone informate sui fatti erano stati sentiti, già prima di metà maggio, l’ex direttore della Sanità regionale Luigi Cajazzo, il direttore generale dell’Asst di Seriate Francesco Locati e il direttore sanitario Roberto Cosentina.

    L’inchiesta della Procura di Bergamo per epidemia colposa è partita l’8 aprile 2020 grazie alle numerose denunce di operatori sanitari e cittadini raccolte anche da Francesca Nava su TPI, che ha portato avanti un’inchiesta giornalistica in più parti e sul caos presso il pronto soccorso di Alzano (e sulla mancata zona rossa di Alzano e Nembro), che ora si è trasformata anche in un e-Book. Lì dove tutto iniziò: quel 23 febbraio, come abbiamo denunciato lo scorso marzo, al Pesente Fenaroli succede un po’ di tutto: nonostante fossero stati accertati due casi Covid-19, il pronto soccorso chiude e riapre inspiegabilmente dopo 3 ore, senza essere sanificato.

    Il lavoro dei magistrati si sta concentrando proprio su quello che accadde immediatamente prima di quel 23 febbraio: se due pazienti presentavano sintomi sospetti, allora ci si chiede se la loro presenza non dovesse essere gestita diversamente e se, a quel punto, non fosse necessaria una sanificazione più specifica sia del pronto soccorso sia dei reparti.

    Un’altra novità rilevante è quella emersa durante il consiglio comunale di Bergamo andato in streaming ieri sera: il sindaco Giorgio Gori, rispondendo agli attacchi della Lega sulla mancata zona rossa, ha specificato: “Il 7 marzo, l’ultimo giorno prima che venisse chiusa tutta la Lombardia, il presidente Attilio Fontana disse a me e ad altri sindaci che aveva consultato i suoi esperti costituzionalisti, i quali sostenevano che la Regione non avesse potere di istituire la zona rossa. Alla luce di quanto avvenuto in altre regioni ritengo che quella indicazione, ammesso l’abbia ricevuta, non era corretta, come poi ha ammesso l’assessore Giulio Gallera”.

    L’inchiesta di TPI sulla mancata chiusura della Val Seriana per punti:

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