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Home » Cronaca

Il greenwashing di Regione Fvg e A2A sulla centrale elettrica di Monfalcone

Immagine di copertina
Credit: AGF

Regione Friuli Venezia Giulia e A2A annunciano la riconversione della centrale a carbone di Monfalcone. Ma sbandierano una svolta verde che non c’è

In tempo di transizione ecologica le amministrazioni pubbliche e le grandi imprese private riescono a vedere il colore verde ovunque, anche dove a prevalere è il grigio. Lo sanno bene a Monfalcone, in provincia di Gorizia, dove la Regione Friuli Venezia Giulia e il colosso multiservizi A2A stanno sbandierando la riconversione della locale centrale termoelettrica a carbone come una rivoluzione green.

Certo, l’abbandono del combustibile nero – peraltro obbligatorio per rispettare gli impegni sul Clima – è un’ottima notizia in termini di impatto ambientale. Peccato però che in questo caso il carbone sarà sostituito da un altro carburante fossile: il gas naturale. E che la potenza dell’impianto sarà quasi triplicata, con il risultato che rimarrà invariato il livello di emissioni annue di anidride carbonica e aumenteranno quelle di ammoniaca. 

Di verde, in questo progetto, c’è solo l’intenzione di affiancare un giorno l’idrogeno al metano, e comunque per una quota non superiore al 30%. Eppure, a leggere il comunicato diffuso lo scorso 28 febbraio dalla Regione, la futura centrale di A2A viene già presentata come una sorta di avveniristica cattedrale dell’ecologia.

Nella nota si parla di «impianto di transizione energetica a ciclo combinato con idrogeno verde» e di «risanamento ambientale», mentre le parole «gas» o «metano» non vengono mai nemmeno menzionate. Meglio non sporcare con odiosi riferimenti agli idrocarburi la campagna elettorale per le regionali del 2 e 3 aprile, dove il governatore uscente, il leghista Massimiliano Fedriga, è il grande favorito.

Parole al vento
Attiva dall’inizio degli anni Sessanta, la centrale a carbone di Monfalcone sorge su un’area di 30 ettari lungo la sponda orientale del canale Valentinis, a poche centinaia di metri dall’importante Polo di cantieristica navale. All’inizio del 2020 l’impianto era stato spento, ma un anno fa il Governo Draghi lo ha riacceso per far fronte alla crisi energetica in cui versa il Paese.

Il carbone ha comunque i mesi contati: il Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima, redatto dal Governo Conte Bis nel 2019, impone che le centrali alimentate con questo tipo di fossile debbano essere chiuse entro il 2025. A2A, in altre parole, non aveva scelta.

Dopo oltre tre anni di procedure burocratiche, lo scorso 28 febbraio la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato l’accordo per la riconversione dell’impianto presentato dalla multiutility lombarda (partecipata con il 25% ciascuno dai Comuni di Milano e Brescia). «Monfalcone si inserisce nella sfida dell’innovazione legata alla de-carbonizzazione e all’idrogeno green», ha annunciato la Regione rimarcando l’impronta eco-friendly del progetto.

Tuttavia basta prendere le delibere approvate dalla Giunta (le numero 363 e 364 della giunta) per scoprire che, in realtà, l’idrogeno giocherà un ruolo sostanzialmente secondario in questo piano da 500 milioni di euro complessivi: quello che entrerà in funzione – si legge nei documenti – sarà un «impianto a ciclo combinato alimentato a gas», tanto che andranno realizzate anche le «opere necessarie alla connessione (…) alla rete elettrica nazionale e alla rete nazionale dei gasdotti».

A prendere il posto del carbone sarà quindi il grigio metano, mentre l’alimentazione a idrogeno è una mera opzione eventuale per il futuro: nelle delibere è scritto infatti solo che l’impianto a gas sarà «predisposto» per utilizzare «idrogeno in miscela con gas naturale fino al 30% in volume».

Significa che la centrale sarà attrezzata per funzionare anche – per meno di un terzo della propria produzione – con idrogeno, ma oggi l’unica certezza è il metano, che comunque non scenderà mai sotto il 70% del mix energetico.

Non solo: il nuovo impianto – che non produrrà in modo costante ma solo per coprire eventuali picchi di domanda – avrà una potenza di 850 megawatt, quasi il triplo rispetto agli attuali 330. Il che di fatto rischia di annullare i benefici ambientali connessi al passaggio dal carbone al gas: come emerge dalla documentazione disponibile sul sito del ministero dell’Ambiente, il progetto di riconversione – per quanto rispetti i limiti di legge – risulta «peggiorativo» rispetto alla centrale odierna in termini di emissioni di ammoniaca e cobalto ed «equivalente» per quanto riguarda le emissioni di anidride carbonica, mentre è «ampiamente vantaggioso in termini di emissioni massiche di ossidi di azoto, biossido di zolfo e Polveri».

Interpellata da TPI, A2A precisa che l’impianto «prevede l’impiego di un sistema di abbattimento degli ossidi di azoto che utilizza ammoniaca come reagente: l’emissione di ammoniaca risulterà estremamente contenuta rispetto ai limiti di riferimento adottati e comunque priva di criticità in relazione alle concentrazioni attese».

Secondo Michele Tonzar, del circolo Legambiente di Monfalcone, «è privo di senso definire questa operazione “transizione energetica”». «La costruzione di una nuova centrale termoelettrica a gas è un’operazione anacronistica, inutile, anzi dannosa. Il gas metano  – prosegue Tonzar – è un combustibile fossile: la sua estrazione, il trasporto e la combustione causano emissioni che contribuiscono enormemente al cambiamento climatico. L’Italia non ha bisogno di generare energia elettrica con il metano: esistono numerosi impianti sottoutilizzati e ci sono più di 100 gigawatt di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione». «Il progetto poi – fa notare l’attivista di Legambiente – è stato concepito alcuni anni fa, contando su forniture di gas dai metanodotti che arrivano dall’Est e su prezzi molto più bassi di quelli attuali o prevedibili per il futuro».

Politica e cittadini
Da parte sua, la Regione può fregiarsi del fatto di aver avviato insieme ai governi di Slovenia e Croazia un progetto transnazionale – che ha ricevuto il giudizio tecnico positivo della Commissione europea – per fare del Nord Adriatico una «valle dell’idrogeno».

Stando ai documenti allegati al progetto per la nuova centrale di Monfalcone, l’impianto è predisposto, in particolare, per utilizzare idrogeno “verde”, ossia prodotto per mezzo di fonti rinnovabili. Verosimilmente queste fonti saranno i pannelli fotovoltaici previsti nell’ambito delle opere di compensazione garantite da A2A alla Regione e al Comune di Monfalcone, tra cui spiccano la realizzazione di una nuova stazione marittima, di una passeggiata ciclo-pedonale turistica lungo la banchina del canale Valentinis e di un polo tecnologico per attività didattiche e formative. 

La riqualificazione dell’area, peraltro, non basta a far sorridere i residenti della zona circostante la centrale, ribattezzata «rione Enel», dal nome del precedente gestore. «Speravamo che con l’addio al carbone anche l’inquinamento sarebbe finito», confida la presidente del comitato di quartiere Antonella Paoletti. «Da quattro anni ci battiamo perché venga smantellato definitivamente il polo energetico e invece alla fine ci ritroviamo un’altra centrale elettrica: alimentata a gas, è vero, ma con potenza notevolmente maggiore. Siamo delusi».

Ilaria Dal Zovo, capogruppo del M5S in Consiglio regionale, è lapidaria: «La salvaguardia dell’ambiente e la tutela della salute non possono essere scambiate con nulla: quel progetto non andava fatto, senza se e senza ma».

Più sfumata la posizione del capogruppo Pd, Diego Moretti, che non ha  particolari obiezioni al passaggio dal carbone al gas («Bisogna tutelare l’occupazione») ma punta il dito contro la sindaca di Monfalcone, la leghista Anna Maria Cisint, che per due anni è stata contraria, salvo poi convincersi improvvisamente negli ultimi mesi: «Così abbiamo tempo prezioso, durante i quali i cittadini hanno continuato a respirare polveri di carbone», rimprovera Moretti.

Cisint, dal canto suo, si difende sostenendo che «il provvedimento della Regione apre un capitolo del tutto nuovo rispetto alle iniziali proposte, che vengono radicalmente superate». «Il nuovo impianto – prosegue la sindaca – sarà di transizione energetica, rientrando esplicitamente nel percorso virtuoso stabilito dalla strategia europea di de-carbonizzazione attraverso l’impiego di fonti alternative sostenibili». Peccato che – come abbiamo visto – quelle fonti avranno un ruolo del tutto marginale nella nuova centrale. A meno di non scorgere un po’ di verde anche nel gas.

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