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“Dopo i casi di oggi è davvero possibile un nuovo lockdown delle città italiane”: parla Pregliasco

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"I numeri di oggi non sono paragonabili a quelli di marzo, quando misuravamo solo un decimo dei casi reali. Questa impennata era prevedibile, e anche i negazionisti hanno un avuto un impatto sulla situazione. Ora bisogna introiettare il nuovo galateo per non arrivare al lockdown generalizzato a Natale. Prima di allora potrebbero esserci chiusure territoriali, delle zone più a rischio": intervista al virologo Fabrizio Pregliasco

Pregliasco: “Se la situazione Covid peggiora possibili lockdown sartoriali”

Record di contagi in Italia: sono 7.332 i casi emersi nelle ultime 24 ore secondo il bollettino diffuso dalla Protezione Civile e dal ministero della Salute. Secondo il virologo e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano Fabrizio Pregliasco il dato di oggi era prevedibile. “Con la distanza dal lockdown e con tutte le attività che si stanno avviando è qualcosa che ci si aspettava. A mio avviso se lasciamo le cose come sono c’è il rischio che si arrivi a un lockdown a Natale, lo ha detto Crisanti, non lo ribadisco ma lo dico”, afferma Pregliasco a TPI. “Un po’ come si dice ai giovani, se non studi ti ritroverai in questo casino. Per questo dobbiamo riuscire a mantenere la crescita sotto controllo, far si che non diventi esponenziale, perché si potrebbe raggiungere un punto di rottura. È così con le epidemie”.

A questo punto non sarebbe meglio anticipare una chiusura per non arrivare a dover imporre un lockdown generalizzato proprio a Natale?
Si tratta di capire come funzionano le cose e come una stretta possa servire per mantenere un continuum di convivenza. Dipende da noi, un po’ con la nostra aumentata capacità di fare tamponi, oggi sono tanti e questo è positivo, e un po’ con l’adozione di questo nuovo galateo in modo sistematico. È qui la scommessa.
Secondo lei le misure imposte dal nuovo Dpcm saranno sufficienti, le reputa efficaci?
Dobbiamo valutarle via via e vedere come evolve la situazione.

Ma i numeri di oggi quanto devono preoccupare? Una quantità così alta di positivi non si era mai registrata prima. Quanto influisce il maggior numero di tamponi?
Ma non sono numeri significativi per fare un paragone, non sono gli stessi del passato e non sono peggiori del passato. Durante la prima ondata misuravamo solo un decimo dei casi reali, ora probabilmente misuriamo la metà dei casi reali. E questo lo possiamo dire a partire dall’evidenza che facendo molti tamponi individuiamo quelli che prima non vedevamo. Non è che prima non c’erano asintomatici, ma non li misuravamo. Ed erano coloro i quali mandavano avanti la diffusione della malattia, che è la forza di questa patologia, perché gli asintomatici senza rendersene conto aumentano la catena del contagio.

Quindi se dovessimo pensare adesso di tracciare positivi con il  metodo di marzo, quanti sarebbero?
Nemmeno la metà, anche di meno. Tutti gli asintomatici oggi sono l’80per cento.
Ed è sbagliato dire che siamo tornati ai “tempi più bui” anche perché il numero di decessi è nettamente inferiore.
Proprio perché i casi gravi sono complessivamente pochi. Allora erano dieci volte tanto, dieci volte tanto c’erano delle complicanze.

Il trend dei decessi e dei ricoveri potrebbe aumentare? A cosa dobbiamo il fatto che ce ne siano meno rispetto ad allora?
Un po’ riusciamo a gestirli meglio e c’è meno gente che arriva in terapia intensiva, anche perché sono pochi e ognuno ha un’attenzione maggiore. E dal punto di vista terapeutico c’è un approccio e un protocollo più realistico.
Possiamo attribuire l’aumento esponenziale di casi nell’ultima settimana anche alla propaganda dei cosiddetti negazionisti del virus?
Sì, certo, è stato un elemento che ha rovinato la situazione.

I messaggi discordanti possono aver influito sull’allentamento delle misure da parte dei singoli? 
Certo, le persone possono aver allentano la presa.
O si sono ribellate. Cosa fare ora? Meglio restare a casa il più possibile?
Adottare questo nuovo galateo, che è qualcosa che dobbiamo introiettare tutti, è la responsabilità di ognuno che fa la differenza.
E se dovesse andare male?
Potrebbero esserci lockdown sartoriali, territoriali, limitati a situazioni più a rischio.

Leggi anche: 1. “La gente non ci vuole mai credere fino a quando deve per forza toccare con mano che il virus non è mai stato meno letale”. Parla Cartabellotta del Gimbe 2. Nonostante il Covid abbiamo realizzato solo metà delle terapie intensive e usato un terzo dei fondi per posti letto e tamponi 3. Coronavirus, Pregliasco: “Tra due-tre settimane si rischia di chiudere i confini regionali” 4. Tutti i numeri su Immuni tra le omissioni delle Asl e la paura dei contagiati
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