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Lorenzo è morto a 20 anni di anoressia. I genitori: “Noi lasciati soli, parcheggiati negli ospedali”

Immagine di copertina
Lorenzo Seminatore e la mamma Francesca

"Stiamo studiando un progetto che coinvolga privati e istituzioni e che sia di sostegno a questi ragazzi. Lorenzo aveva un grande cuore, voleva sempre aiutare gli altri. Adesso lo faremo noi per lui". Così la mamma e il papà di Lorenzo Seminatore lanciano una denuncia sociale dopo la morte del figlio 20enne. "La tragedia di nostro figlio dimostra che di anoressia si può morire. Ci sono altre famiglie che si sentono sole in questa battaglia"

Lorenzo, morto di anoressia a 20 anni. I genitori: “Noi, lasciati soli contro la malattia”

Ho visto morire mio figlio Lorenzo lentamente. Non voglio che succeda ad altre madri. Stiamo studiando un progetto che coinvolga privati e istituzioni e che sia di sostegno a questi ragazzi. Lorenzo aveva un grande cuore, voleva sempre aiutare gli altri. Adesso lo faremo noi per lui”. Così Francesca, la mamma di Lorenzo Seminatore, morto a 20 anni a causa dell’anoressia.

I genitori di Lorenzo, Francesca e Fabio, lanciano una denuncia sociale dopo la morte del figlio. “La tragedia di nostro figlio dimostra che di anoressia si può morire – spiegano i genitori – Le madri e i padri che stanno passando il nostro calvario lo devono sapere. Ci sono altre famiglie che si sentono sole in questa battaglia. È inaccettabile che in un paese come l’Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio. Bisogna affrontare il fenomeno, a iniziare dal punto di vista legislativo. Le strutture pubbliche non sono abbastanza e non c’è un sistema che sappia dirti a chi rivolgerti. È necessario mettere mano alla normativa, perché c’è un vuoto”.

Lo scorso 3 febbraio Lorenzo è in casa con i genitori, sale in camera sua, si addormenta sul letto e non si risveglia più. A ucciderlo è quella malattia che si insidia nella mente e che si mangia lentamente il corpo: l’anoressia.

“Abbiamo fatto di tutto per aiutarlo, ma non è stato abbastanza”, raccontano i genitori di Lorenzo. Il figlio ripeteva alla madre: “Mamma stai tranquilla, sono magro ma sono in forze”, racconta Francesca. Lorenzo aveva solo 20 anni ed era il loro primo figlio. A trovarlo morto nel letto è stato uno dei due fratelli.

“Le istituzioni devono fare qualcosa. Pensare a progetti di prevenzione nelle scuole, percorsi di sostegno alle famiglie e investimenti. Non tutti possono permettersi centri privati. Nessuno, in queste situazioni, dev’essere lasciato solo”, continua l’appello dei genitori di Lorenzo.

Lorenzo si è ammalato a 14 anni. Frequentava il liceo scientifico ai tempi. “Ha cominciato a mangiare sempre meno. È stato il campanello d’allarme”, raccontano i genitori.

“Dimagriva, non stava bene”. “Non mangio perché so che così prima o poi muoio. Non ho il coraggio di salire le scale fino al terzo piano per buttarmi”, aveva confessato Lorenzo al neuropsichiatra. “Eravamo spaventati — racconta la madre al Corriere della Sera —. A 16 anni abbiamo deciso di ricoverarlo privatamente in un centro terapeutico a Brusson, in Val d’Aosta. Lì sembrava essere rinato. Il preside dell’istituto Majorana di Moncalieri (Torino), Gianni Oliva, e gli insegnanti ci sono stati di grande aiuto. Quando è uscito dalla clinica, era di nuovo il nostro Lorenzo: ingrassato di venti chili, felice. Ha ripreso a uscire con gli amici”.

Lorenzo torna al liceo, conclude il percorso con gli esami di maturità, si iscrive all’università. Prima a Filosofia ma dopo qualche mese decide di abbandonare per seguire Scienze della Comunicazione. Poi lascia anche quella facoltà per imboccare la strada della musica: la trap. Lorenzo inizia a scrivere canzoni, le pubblica su Spotify e YouTube. Sceglie un soprannome: “Once the Killer”. “Sono cresciuto con la “para” di morire giovane”, racconta nei testi dei suoi brani.

“Un mese fa, – raccontano i genitori – su un foglio bianco, ha elencato i suoi desideri. “Essere più fiero di me stesso”, “Viaggiare”. “Avevamo interpretato quel gesto come un segno di speranza. Pensavamo che dimostrasse la sua voglia di lottare ancora”, dicono i genitori. Dopo un mese Lorenzo è morto.

“Dopo quel periodo nel centro della Val D’Aosta, Lorenzo sembrava rinato. – spiega la madre – Eppure, dopo poche settimane, è ricaduto nel baratro. Una storia che si è ripetuta diverse volte. Negli ospedali si limitano a parcheggiarti in un reparto e a somministrare flebo per integrare il potassio. Poi ti rimandano a casa, sino al prossimo ricovero”.

“Il crollo è avvenuto dopo la maggiore età — spiegano i genitori —. A quel punto Lorenzo poteva decidere per sé e noi siamo diventati impotenti. Non sapevamo più cosa fare. Si mostrava collaborativo con i medici, ma continuava a non curarsi. Quando veniva ricoverato, firmava per essere dimesso: era maggiorenne e libero di decidere”.

La depressione giovanile è in aumento, come l’anoressia tra i ragazzi — denuncia il padre —. E in Italia non ci sono strutture pubbliche adeguate. Quando è stato ricoverato in ospedale, lo scorso maggio, Lorenzo passava le sue giornate a fissare il muro. Questi ragazzi devono essere curati e non tutti possono permettersi centri privati. Le istituzioni devono muoversi: prima con la prevenzione nelle scuole e poi investendo nella sanità. Mancano anche i percorsi di sostegno alle famiglie”.

“Ci sono altre famiglie che stanno vivendo il nostro calvario. E sappiamo quanto ci si senta soli. Vogliamo scuotere la coscienza delle istituzioni, perché è inaccettabile che in un Paese come l’Italia non ci siano strutture pubbliche in grado di accogliere e curare ragazzi come nostro figlio”.

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