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Il caso Ilva di Taranto: un riassunto della vicenda

Immagine di copertina
L'Ilva di Taranto

Il caso, che non si è ancora concluso, risale al 2012, quando la procura di Taranto stabilì la chiusura del polo siderurgico e l'arresto dei suoi dirigenti, a causa delle gravissime violazioni ambientali che portarono alla morte di centinaia di persone

Che cos’è l’Ilva | Il caso Ilva | Le date fondamentali | Chi è Arcelor Mittal

Una storia lunga un secolo. È quella dell’acciaieria Ilva di Taranto, il maggior stabilimento per la lavorazione dell’acciaio in Europa. Il caso, che non si è ancora concluso, risale al 2012, quando la procura di Taranto stabilì la chiusura del polo siderurgico e l’arresto dei suoi dirigenti, a causa delle gravissime violazioni ambientali che portarono alla morte di centinaia di persone.

S&D

Da allora è iniziato un lungo e complicatissimo iter nel quale lo stato ha cercato di salvare l’azienda dalla chiusura, sia per evitare la perdita del lavoro di migliaia di persone, sia per l’importanza fondamentale dell’azienda per l’economia italiana.

TPI ha riassunto in breve l’intricata vicenda:

Che cos’è l’Ilva

L’Ilva è la più grande acciaieria d’Europa e i suoi problemi riguardano in particolare il suo stabilimento maggiore, quello di Taranto, dove le emissioni inquinanti del sito produttivo hanno causato negli ultimi decenni la morte di un imprecisato, ma molto elevato, numero di operai e abitanti della città pugliese.

L’Ilva di Taranto nasce nel 1961. Si tratta del maggior stabilimento per la lavorazione dell’acciaio d’Europa.

Il caso Ilva

Il caso Ilva prende avvio nel 2012 quando la magistratura dispone il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali. In realtà le prime indagini e le prime azioni legali iniziano molti anni prima, già dagli anni ’80. Le violazioni e i problemi gravi legati all’inquinamento iniziano a essere noti negli anni successivi.

“Le proporzioni del dramma sanitario e ambientale nel capoluogo ionico, a partire dai primi anni ‘90, erano evidenti sia alla popolazione che ai medici che constatavano un aumento di malattie da mesotelioma, leucemie, patologie tumorali e malattie della tiroide. Nonostante vi fossero segnali preoccupanti dal punto di vista sanitario, collegati alla grave situazione di inquinamento ambientale, le istituzioni si dimostravano immobili e latitanti”, scrive Angelo Bonelli nel suo libro “Goodmorning diossina“, che ricostruisce la vicenda di Taranto.

Il 26 luglio il gip di Taranto Patrizia Todisco firma il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’Ilva di Taranto e le misure cautelari per alcuni indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici aziendali.

Vengono arrestati Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio e suo successore Nicola Riva, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell’area del reparto cokerie Ivan Di Maggio e il responsabile dell’area agglomerato Angelo Cavallo.

L’accusa è di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.

Dal momento che l’Ilva ricopriva un ruolo fondamentale per l’economia italiana, lo stato italiano cercò di proseguire la produzione dell’azienda, fondamentale per l’industria italiana. Per fare questo furono varate delle leggi ad hoc per aggirare i livelli di inquinamento consentiti, rimandando i termini entro i quali l’azienda sarebbe dovuta essere messa a norma dal punto di vista degli standard ambientali.

Con il Decreto Ministeriale 21 gennaio 2015 è stata aperta una Procedura di Amministrazione Straordinaria ed è stato nominato il Collegio Commissariale di ILVA S.p.A. Gli attuali commissari Ilva sono Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi.

I commissari straordinari avevano il compito di risanare, sia a livello ambientale che economico l’azienda, per poi rivenderla.

Le gravi violazioni in termini di inquinamento erano note da anni, ma solo nel 2012 la magistratura intervenne per sequestrare le aree.

I periti nominati della Procura di Taranto hanno calcolato che in sette anni sono morte 11.550 persone a causa delle emissioni, in particolare per cause cardiovascolari e respiratorie.

Dopo l’inchiesta avviata nel 2012 e dopo aver avviato la procedura di commissariamento dell’azienda, lo stato ha avviato una gara internazionale, vinta da Arcelor Mittal. Ancora oggi l’azienda si trova in amministrazione straordinaria.

La questione ambientale

Quello provocato dall’Ilva di Taranto è uno dei più gravi disastri sanitari e ambientali della storia italiana ed europea.

Nel 2010, secondo le perizie del tribunale e le dichiarazioni dell’Ilva, sono state immesse nell’ambiente circostante 4.159 tonnellate di polveri, 11 mila di diossido d’azoto e anidride solforosa

A Taranto, secondo i dati del registro Ines, negli ultimi anni, è stata immessa in atmosfera il 93 per cento di tutta la diossina prodotta in Italia insieme al 67 per cento del piombo.

La questione occupazionale

Sono circa 14mila i dipendenti di Ilva, che rischierebbero il lavoro se l’Ilva venisse chiusa, come paventato svariate volte negli anni scorsi. E migliaia quelli che lavorano nell’indotto dell’Ilva, che conta decine di aziende.

La non chiusura dell’Ilva risulta inoltre fondamentale per le aziende italiane, poiché l’acciaio prodotto da Ilva fa sì che non ci si debba rivolgere alle acciaierie straniere, con acciaio a prezzi maggiorati.

Le tappe fondamentali

Luglio 2012: Il gip Patrizia Todisco firma il provvedimento di sequestro (senza facoltà d’uso) degli impianti dell’Ilva di Taranto e le misure cautelari per alcuni indagati nell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici aziendali

Gennaio 2015: vengono nominati i commissari straordinari Gnudi, Carrubba e Laghi

Gennaio 2016: viene pubblicato il bando per la messa in vendita di Ilva

Giugno 2017: la multinazionale indiana Arcelor Mittal vince la gara pubblica per assumere il controllo parziale dell’acciaieria

Luglio 2018: il governo Conte chiede all’Anac di indagare sulle regolarità della procedura di gara

Ottobre 2019: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo apre un ulteriore procedimento nei confronti dello stato italiano per continue emissioni incontrollate

Novembre 2019: ArcelorMittal notifica ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo che riguarda proprio Ilva Spa e alcune sue controllate

Marzo 2020: viene firmato un accordo tra i Commissari Ilva e ArcelorMittal che prevede una trattativa per verificare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo accordo sulla governance Ilva.

Gennaio 2021: con il versamento della relativa quota avvenuto è stato sancito l’ingresso di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, nel capitale sociale di AM InvestCo Italy S.p.A

Maggio 2021: arriva la sentenza di primo grado sul processo “Ambiente svenduto” sull’ex Ilva con condanne a tre anni e mezzo per Nichi Vendola, a 22 anni per Fabio Riva e a 20 anni per Nicola Riva.

Chi è Arcelor Mittal

Si tratta di una multinazionale indiana che nel giugno 2017 aveva vinto una gara pubblica che gli consentì di sottoscrivere un accordo con l’allora ministro Calenda per assumere il controllo parziale dell’acciaieria.

In base a quell’intesa, Arcelor Mittal, attraverso la controllata Am Investco,  ha messo le mani sull’acciaieria con la formula dell’affitto, obbligandosi a procedere in seguito alla sua acquisizione, e ha avviato una fase negoziale con i commissari straordinari che dal 2015 guidano l’azienda.

Martedì 24 luglio 2018 la multinazionale Arcelor Mittal ha reso noto di aver accettato tutte le richieste fatte dai commissari straordinari dell’Ilva per dare il via libera all’acquisizione dell’acciaieria.

I nodi principali riguardavano la tenuta occupazionale e l’impatto ambientale dello stabilimento di Taranto.

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha spiegato che la proposta sarebbe stata esaminata, tenendo però anche conto del fatto che l’Autorità Anticorruzione (Anac) ha rilevato delle criticità sulla procedura che ha portato Arcelor Mittal a firmare un contratto di acquisto con il precedente governo.

Arcelor Mittal “ha informato i commissari straordinari di Ilva che accetta tutte le richieste sostanziali di ulteriori impegni riguardo al contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno 2017”, si legge nella nota diffusa dal gruppo indiano.

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, però il 30 luglio 2018 ha bocciato il piano migliorativo sull’Ilva presentato da Arcelor Mittal.

“Le proposte migliorative del piano ambientale non sono ancora soddisfacenti”, aveva dichiarato il ministro al termine dell’incontro tenuto al Ministero dello Sviluppo economico (Mise), al quale hanno partecipato una sessantina di sigle, tra enti locali, associazioni e soggetti vari.

Il ruolo del governo Conte e del ministro dello Sviluppo Economico Di Maio

Il nuovo governo Conte, insediato a giugno 2018, ha chiesto all’Anac di indagare sulle regolarità della procedura di gara e l’autorità guidata da Raffaele Cantone ha rilevato alcuni punti sospetti.

I dubbi espressi dall’Anac hanno reso ancor più complessa una vicenda in cui si scontrano due principi: quello della tutela dell’ambiente e quello della tutela del lavoro.

Il 18 giugno 2018 il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha avviato una serie di incontri sull’Ilva, in merito alla crisi dell’acciaieria di Taranto.

Di Maio ha inoltre stoppato come “idea personale” la proposta che Beppe Grillo ha lanciato dal suo blog, ovvero Ilva chiusa e trasformazione dell’area in un’attrazione turistica.

Il 23 agosto 2018 si è tenuta la conferenza stampa dell’Avvocatura dello Stato sulla procedura di gara dell’Ilva. “Su Ilva è stato commesso il delitto perfetto”, ha detto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio.

“Se oggi, dopo 2 anni e 8 mesi, esistessero aziende che volessero partecipare alla gara, noi potremmo revocare questa procedura per motivi di opportunità. Oggi non abbiamo aziende che vogliono partecipare, ma se esistesse anche solo una azienda ci sarebbe motivo per revocare la gara”.

“Caro Luigi Di Maio il ‘delitto (im)perfetto’ è il tuo verso la nostra intelligenza. Se la gara è viziata annullala. ‘Potremmo se ci fosse qualcuno interessato’ e le altre fesserie del genere che ci stai propinando da mesi, dimostrano solo confusione e dilettantismo”. Lo scrive, su Twitter, l’ex ministro dello Sviluppo economico e esponente Pd, Carlo Calenda, a proposito di quanto dichiarato dal ministro in carica, Luigi Di Maio, sul caso Ilva.

Dal 2018 a oggi

È la fine 2018 quando arriva ArcelorMittal a gestire Ilva, per decisione dell’allora ministro Calenda presa agli inizi dell’anno. ArcelorMittal dopo la firma dell’accordo nel settembre del 2018, in appena due anni, a Taranto cambia tre volte il piano industriale per poi arrivare nei mesi scorsi ad un accordo con Invitalia per una sorta di nazionalizzazione dell’Ilva, facendo così un grande affare.

ArcelorMittal, anziché pagare 180 milioni di euro l’anno per il contratto di affitto e 1,8 miliardi di euro per l’acquisto definitivo, come previsto dal contratto iniziale, investirà 70 milioni di euro mentre lo Stato oltre 1 miliardo di euro che si andranno ad aggiungere ai 2,6 miliardi di soldi pubblici provenienti dalla confisca per evasione fiscale di 1,3 miliardi dei Riva e i vari prestiti concessi nei diversi decreti legge salva Ilva. Nell’accordo con Invitalia sono previste, incredibilmente, delle condizioni sospensive che sono: la revoca dei sequestri penali sull’acciaieria e l’assenza di misure restrittive nei confronti di Acciaierie d’Italia o sue consociate.

Il 7 agosto del 2019, il Consiglio dei Ministri del Governo Conte con proprio decreto reintroduce l’immunità penale che qualche mese prima lo stesso governo aveva abrogato, rinviando la conclusione al 2023 seppur con novità rispetto alla legge da poco abrogata, il suddetto decreto non viene convertito dal parlamento annullando in maniera definitiva l’esimente penale. In seguito a tale accadimento, Arcelor Mittal deposita l’atto di citazione per recedere dal Contratto di affitto e successivo acquisto dell’Ilva, che ritorna entro 30 giorni sotto la guida della gestione Commissariale Statale. L’atto di citazione applica il diritto di recessione previsto dall’art.27.5 del contratto, ossia nel caso in cui un provvedimento legislativo o amministrativo comportasse “l’annullamento in parte qua” tale da rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto.

L’11 ottobre 2019, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo apre un ulteriore procedimento nei confronti dello stato Italiano per continue emissioni incontrollate anche in seguito a non rispetto della sentenza del 24 Gennaio 2019.

A novembre 2019, ArcelorMittal notifica ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo che riguarda proprio Ilva Spa e alcune sue controllate. L’annuncio della multinazionale arriva con un comunicato, nel quale si legge che “secondo i contenuti dell’accordo” del 31 ottobre 2018 ArcelorMittal “ha chiesto ai Commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione”. Tale annuncio, vista anche la perdita di migliaia di posti di lavoro che comporterebbe tale chiusura, dà inizio a una lunga battaglia tra azienda, sindacati e governo, con il lancio di vicendevoli accuse e richieste di indennizzi.

Nell’ambito della controversia giudiziaria, il 4 marzo 2020 viene firmato un accordo tra i Commissari Ilva e ArcelorMittal che prevede una trattativa per verificare le condizioni per la sottoscrizione di un nuovo accordo sulla governance Ilva, con l’ingresso di Invitalia (Ministero) nel capitale sociale, con investimento di oltre un miliardo di euro, che scongiuri un disimpegno di AM InvestCo (Arcelor Mittal) a fronte del pagamento di una penale di 500 milioni di euro entro il 30 novembre 2020.

Il 15 aprile 2021, con il versamento della relativa quota avvenuto è stato sancito l’ingresso di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, nel capitale sociale di AM InvestCo Italy S.p.A., con una partecipazione del 38% del capitale sociale. La restante partecipazione del 62% resta in capo al Gruppo ArcelorMittal, che non esercita più attività di direzione e coordinamento su AM InvestCo Italy S.p.A. Il gruppo è stato di conseguenza rinominato Acciaierie d’Italia S.p.A. e tutte le società controllate hanno assunto una nuova denominazione.

L’inchiesta e il verdetto dopo 9 anni

L’inchiesta Ambiente svenduto sull’ex Ilva di Taranto esplode nel lontano 2012 quando il gip Patrizia Todisco accogliendo la richiesta della procura ionica dispone il sequestro senza facoltà d’uso dei sei impianti dell’area a caldo che, secondo quanto accertato in due maxi-perizie, una ambientale e una epidemiologica, attraverso le emissioni generavano nella popolazione “eventi di malattie e morte”.

A ottobre 2013 la procura chiude le indagini: tra le oltre 50 persone coinvolte figura anche Vendola, imputato per concussione (5 anni la richiesta di condanna) sull’ex dg di Arpa Puglia Giorgio Assennato accusato di essere troppo duro con l’Ilva. A luglio 2015 gli imputati vengono rinviati a giudizio: comincia il processo dinanzi alla Corte d’assise che tuttavia viene annullato qualche mese più tardi. Tutto da rifare. Si torna in udienza preliminare per un nuovo rinvio a giudizio. Il secondo processo comincia nel 2016. Dopo quasi 4 anni, è arrivato il momento del verdetto: secondo la Corte d’Assise di Taranto, la gestione dell’Ilva da parte dei Riva ha davvero causato un disastro ambientale. Dopo 11 giorni di camera di consiglio al termine del dibattimento che ha coinvolto 47 imputati (44 persone fisiche e 3 società) con la procura che aveva chiesto 35 condanne per un totale di 400 anni di carcere, i giudici hanno condannato in primo grado i principali imputati del processo Ambiente Svenduto, riconoscendo in buona sostanza l’impianto accusatorio: tre anni e mezzo per Nichi Vendola, 22 anni per Fabio Riva e 20 anni per Nicola Riva.

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