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Un trafficante di esseri umani è stato arrestato, ma l’uomo in carcere non è quello giusto

Immagine di copertina
La procura di Palermo afferma che l'uomo arrestato è Medhanie Yehdego Mered. Il Guardian smentisce. CREDIT: Getty images

La tv svedese SVT e i giornalisti del Guardian hanno scoperto che l'uomo in carcere in Italia con l'accusa di traffico di migranti non è il vero trafficante e un nuovo test del DNA ha confermato lo scambio di identità

Un documentario della tv pubblica svedese SVT, prodotto in collaborazione con alcuni giornalisti del britannico Guardian, ha rivelato che il trafficante di esseri umani Medhanie Yehdego Mered, che si ritiene sia detenuto in un carcere italiano, vive in realtà libero in Uganda.

S&D

La tesi sostenuta dal Guardian è stata confermata dal test del DNA richiesto da Michele Calantropo, l’avvocato di Medhanie Tesfamariam Behre, l’uomo in carcere al posto del vero trafficante di esseri umani.

Il test è stato effettuato grazie ai campioni di saliva del figlio di 3 anni di Mered, residente in Svezia.

I risultati hanno confermato che l’uomo detenuto in Italia non è il famoso trafficante, come invece continuano a sostenere i giudici di Palermo.

La vicenda

A luglio 2016 i giudici di Palermo avevano annunciato la cattura dell’uomo in Sudan e la seguente estradizione in Italia grazie alla collaborazione del Ministero degli esteri britannico e dell’Agenzia nazionale contro la criminalità.

Il trafficante, noto come “il Generale”, in realtà non è mai stato arrestato dalla polizia europea, secondo quanto scoperto dai giornalisti del Guardian.

Al suo posto è stato estradato in Italia un rifugiato 29enne, Medhanie Tesfamariam Behre. Il ragazzo è ancora in prigione in Italia con l’accusa di traffico di esseri umani.

La polizia europea sa che il vero trafficante è ancora in libertà, ma non è riuscita a convincere i giudici italiani a richiedere un nuovo mandato di arresto, secondo quanto riportato nei documenti raccolti della tv svedese SVT.

Il reporter Ali Fegan e il giornalista e attivista eritreo Meron Estefanos hanno raccolto le testimonianze di cittadini ugandesi ed eritrei che hanno visto e incontrato Medhanie Yehdego Mered nella capitale dell’Uganda, Kampala.

Prima di recarsi nella città ugandese, i reporter hanno individuato tutti i posto in cui il trafficante era stato visto. Data la delicatezza del loro lavoro, Fegan e Estefanos hanno usato una telecamera nascosta e sono riusciti a documentare “molte testimonianze di persone che affermano che[Mered] vive lì”.

L’inchiesta su Medhanie era iniziata dopo l’affondamento di un barcone il 3 ottobre 2013 nei pressi dell’isola di Lampedusa. Nel naufragio erano morti 368 migranti.

Nel corso dell’indagine sono state intercettate e ascoltate più di 20mila chiamate e a giugno del 2016 i giudici di Palermo hanno annunciato la cattura del trafficante, descrivendolo come “l’arresto dell’anno”.

Fin da subito però sono stati sollevati dei dubbi sull’identità dell’accusato. Molte delle vittime di Mered hanno dichiarato che l’uomo in carcere non era quello giusto.

In realtà si tratta di un rifugiato eritreo, secondo quanto dichiarato dalla famiglia dell’uomo.

Anche alcuni impiegati eritrei di una ONG con sede a Kampala confermano che il vero trafficante vive nella capitale ugandese, secondo delle indagini da loro stessi compiute. A riferirlo sono i giornalisti del Guardian.

I reporter del giornale britannico hanno chiesto ad alcune persone che avevano incontrato Mered perché non lo avessero denunciato.

“Per molti eritrei [Mered] è una necessità. È una situazione spiacevole, ma li aiuta a fuggire da condizioni peggiori che vivono a casa”, ha risposto uno degli intervistati.

Altri non hanno denunciato l’uomo per paura di ritorsioni e perché lo considerano troppo ricco e influente per poter essere arrestato.

La moglie di Mered vive in Svezia e ha più volte confermato alle autorità europee che l’uomo arrestato in Italia non è suo marito. Secondo quanto riporta la tv svedese SVT, la polizia della Svezia era a conoscenza dell’errore già da 18 mesi.

La madre di Behre, tutt’ora in carcere in Italia con l’accusa di traffico di esseri umani, si è recata a Palermo ad ottobre 2017 per un test del Dna.

L’esame ha confermato che l’uomo detenuto in Italia non è “il Generale”, secondo quanto riportato dal Guardian.

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